Identità, ambiente e dipendenza tecnologica: la Castellanzese Calcio lancia “Castellanza sono io”
Il percorso, ancora tutto da costruire, coinvolgerà ragazzi, genitori, associazioni, Istituzioni per costruire una comunità consapevole e proattiva
Il progetto è di quelli ambiziosi: cambiare la società, a partire dalla propria comunità. A lanciarlo, chiedendo a associazioni, Istituzioni e privati cittadini di aderire, è la Castellanzese Calcio, realtà sportiva molto attiva sul territorio decisa ad alzare lo sguardo, andando «oltre al calcio». Sono duemila le famiglie che gravitano attorno alla società sportiva.
“Castellanza sono io”, questo il nome scelto per un percorso ancora tutto da costruire, è stato presentato nella sala stampa dello stadio Giovanni Provasi: «Non c’è più tempo da perdere – ha detto il presidente della Castellanzese Alberto Affetti – “Castellanza sono io” nasce da esigenze reali che la società odierna evidenza quotidianamente. L’USD Castellanzese 1921 non vuole essere solo calcio, ma anche sostegno nei confronti di un futuro per i giovani che non si prospetta roseo. Bisogna cambiare atteggiamento e per far questo ci dobbiamo impegnare un po’ tutti, mondo dello sport compreso».
Tre le tematiche su cui si concentra il progetto che la Castellanzese sta sviluppando insieme a Renato Radaelli, educatore professionale: l’identità territoriale, l’ambiente, e le dipendenze tecnologiche.
«Mantenere una identità territoriale non è il rifiuto di ciò che non appartiene a quel luogo, ma sostenere la cultura e la tradizione del luogo stesso rafforzandola nel dialogo, nel confronto e nel rispetto delle diversità – ha spiegato Radaelli – ed è soprattutto l’aspetto culturale che dobbiamo valorizzare nella nostra città, nel nostro quartiere». Una volta rafforzata l’identità di un luogo, diventa anche più naturale alimentare il desiderio in chi questo luogo lo abita di mantenerlo bello e pulito.
E qui subentra il tema dell’ambiente. L’idea è quella di progettare con il sostegno di enti pubblici, alcuni momenti strutturati come puliamo il nostro quartiere, il parco, i boschi; favorire momenti i sensibilizzazione nelle scuole, incentivare le pratiche di riduzione di qualsiasi forma di spreco e la gestione virtuosa dei rifiuti. Tutti momenti da condividere sui campi, in famiglia, con gli amici. Ma la sfida ancora più grande è quella di contrastare l’abuso di smasrtphone e videogiochi, che in gergo tecnico viene chiamata nomofobia. Difficilmente riconosciuta, sempre più spesso genera repentini sbalzi d’umore, isolamento sociale, difficoltà nella relazione ed altri significativi disagi. «L’obiettivo – hanno spiegato i promotori del progetto – è quello di aiutare le persone a prendere coscienza di tutto ciò e riconquistare il proprio potere sui nostri dispositivi elettronici, trasformando un oggetto che ormai è in grado di dominarci, in uno strumento al nostro servizio per il nostro reale benessere. Vorremmo proporre incontri con degli specialisti per approfondire la tematica, in quanto si tratta di un argomento molto complesso dal punto di vista pedagogico. E’ un lavoro molto lungo, occorre calma per stimolare l’opinione pubblica».
La Castellanzese lancia quindi un appello a chiunque voglia dare una mano fattiva al progetto: «Coinvolgeremo i genitori, i ragazzi e la gente del territorio. Cercheremo un dialogo con l’amministrazione comunale, con le Istituzioni, con le associazioni. Vogliamo porci come contenitore – ha concluso Affetti – per un progetto che ci auguriamo possa crescere e diventare grande coinvolgendo il numero più alto possibile di realtà locali e non».
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