Trent’anni senza Ayrton Senna, il mito dei motori con radici varesine
Il 1° maggio 1994 a Imola, in un weekend tragico, perse la vita il campione brasiliano in un incidente che segnò tutti. Aveva un legame forte con la Città Giardino grazie al suo "mentore" Mombelli
Per ciascuno di noi – per chi c’era ovviamente – non è difficile purtroppo ricordare dove ci trovavamo trent’anni fa, il pomeriggio del 1° maggio del 1994. Quel giorno morì Ayrton Senna, e la notizia scosse tutti, non solo gli appassionati di motori o, più genericamente, di sport. La tragedia del campione brasiliano arrivò in un pomeriggio italiano assolato ed è rimasta restò impressa, indelebile, fino a oggi. (foto: Senna.com)
Una morte arrivata all’interno di un contesto, il Gran Premio di San Marino disputato a Imola, che fu un punto di svolta epocale per la Formula Uno. In tre giorni accadde di tutto: al venerdì ci fu uno spaventoso incidente occorso a Rubens Barrichello, volato fuori pista e ribaltatosi dopo aver colpito il muro. Al sabato il primo dramma, la morte dell’austriaco Roland Ratzenberger, uscito di strada a oltre 300 all’ora dopo aver perduto l’alettone della sua Simtek.
Dopo quello schianto Ayrton Senna, il pilota più rappresentativo del Circus anche grazie ai suoi tre titoli mondiali, decise di infilarsi la bandiera austriaca nella tuta. Il suo desiderio era di vincere il Gran Premio e omaggiare Ratzemberger dal podio. Partiva in pole position, Ayrton, su una Williams che cercava il riscatto dopo aver perso le prime due gare contro il giovane arrembante Michael Schumacher su Benetton. Semaforo verde e nuovo schianto, con l’altra Benetton di Letho ferma al via e centrata dalla vettura di Lamy con tifosi feriti in tribuna per due gomme schizzate oltre le barriere.
Ripartenza, Senna di nuovo davanti fino alla curva del Tamburello, giro numero 7, quando il brasiliano andò letteralmente dritto contro il muro disintegrando gran parte della macchina. Tradito – si seppe poi – dal cedimento del piantone dello sterzo della Williams, male saldato. Il casco giallo del brasiliano – anche quello un’icona – si mosse un ultima volta ma per Senna non c’era già più niente da fare. Morirà – come Ratzenberger – dopo il trasporto all’ospedale Maggiore di Bologna. La gara proseguì, vinse Schumacher, ma prima dell’arrivo altri quattro meccanici finirono all’ospedale colpiti dalla ruota staccatasi dalla Minardi di Alboreto all’uscita dai box. Ennesimo segnale da un weekend maledetto.
Senna con Diego Mombelli e Max PapisLa commozione per la scomparsa di uno dei piloti più importanti, forti e amati nella storia del motorsport fu enorme in tutto il mondo. Le immagini del funerale – la bara trasportata dall’aeroporto a San Paolo in mezzo a centinaia di migliaia di persone – spiegano quale fu l’impatto in Brasile. Ma anche a Varese in tanti furono colpiti nel profondo dell’anima dalla morte di Senna. Non a caso: da queste parti Ayrton era di casa fin da ragazzino, perché a Comerio viveva Diego Mombelli, “mago” dei kart che fu fondamentale nella crescita del pilota paulista.
Grazie a questo rapporto, strettissimo, il giovane Senna strinse amicizie e conoscenze come quella con Max Papis, pilota di Barasso a sua volta sotto “l’ala protettrice” di Mombelli. Oppure come quella con la famiglia Castiglioni che, anni dopo, varò un’edizione speciale di una MV Agusta denominata proprio “Senna”. E in migliaia sgranarono gli occhi quando videro Senna accomodarsi al palasport di Masnago per assistere a una partita di Coppa Italia della Ranger (con Treviso) accompagnato dalla bellissima Carol Alt, l’attrice americana con cui aveva una relazione.
Le morti di Senna e Ratzenberger e gli altri eventi drammatici di Imola provocarono l’aumento delle misure di sicurezza sulle vetture e sui circuiti, tramite modifiche alle piste stesse e variazioni ai regolamenti. Da allora, per vent’anni, non si registrarono incidenti mortali nella categoria regina dell’automobilismo. Poi, nel 2014, la tragedia di Jules Bianchi in Giappone, il primo “caduto” del dopo-Ayrton.
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