Di corsa sulla Lambretta tra un torneo e l’altro. Gigi Riva il ragazzino affamato di calcio
A 15 anni lo chiamavano "Furzelìna" e dominava i tornei estivi nei paesi. Guelfo Ravani ricorda quelle notti in cui iniziò a nascere la leggenda di Rombo di Tuono
Prima del rombo di tuono, ci fu il rombo della Lambretta. Il mezzo di trasporto che consentiva spostamenti rapidi, tra un paese e l’altro, tra il lago e la Valcuvia, per giocare due partite in una serata e lasciare il segno con quel sinistro imprendibile, anche a quindici anni di età.
Pennellate di un mondo nostro, ma lontanissimo, quelle che ci racconta Guelfo Ravani, per tanti anni vicesindaco di Gemonio ma anche con un passato da dirigente del calcio di provincia. Segretario della Juventus di Gemonio, appunto, nella stagione regolare ma poi anche “manager” nelle squadre che si formavano d’estate, spesso messe in piedi dai bar di paese, per competere nei tanti tornei serali che costellavano il panorama provinciale. (foto: una figurina di Riva quando giocava nel Laveno Mombello, la sua prima squadra vera)
«Andavo a Leggiuno con la Lambretta a prenderlo – spiega Ravani – e magari lui doveva uscire senza farsi vedere perché a casa sua non erano poi troppo contenti di questa sua passione per il pallone. Ma Gigi era un ragazzino affamato di calcio, fin da piccolo, e ovviamente era anche un giocatore eccezionale in quel contesto, anche a quella età».
E per farlo giocare, talvolta, si ricorreva a qualche stratagemma. «In certi tornei non si poteva giocare sotto i 16 anni – prosegue Ravani – ma poi il modo lo si trovava. Ricordo una sera a Cugliate Fabiasco: portai lui e Renzo Bonetta di Gemonio, altro giocatore di classe ’44 che a livello locale era molto forte. Fingemmo di aver dimenticato la carta d’identità: l’arbitro forse non ci cascò del tutto perché entrambi erano davvero mingherlini (Riva del resto era soprannominato Furzelìna, forchetta) ma chiese l’assenso agli avversari che consentirono di farli giocare. Fecero quattro gol, vincemmo 6-0 tra lo stupore di tutti: arbitro, rivali e spettatori».
Ma neppure quelle reti placavano la fame di calcio del futuro bomber azzurro. «Infatti. Finita una partita, spesso, ce n’era un’altra da disputare in un altro paese. E allora un salto sulla sella della Lambretta e via, dalla Valcuvia a Besozzo o a Gavirate o chissà dove si doveva giocare ancora». Dove un pallone stava per rimbalzare su un campo in terra, e un ragazzino di quindici anni arrivava prima di tutti a colpire il cuoio con un sinistro micidiale. Rombo di Tuono, prima di Rombo di Tuono.
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