Quantcast

Aurora Lunardi del Bernocchi di Legnano: “La memoria non è solo il passato. È anche il futuro”

Per la giornata della memoria proponiamo la riflessione di Aurora Lunardi della quarta del liceo Scientifico Scienze Applicate  sezione A dell'Istituto Bernocchi di Legnano

auschwitz ebrei olocausto shoah

In occasione della giornata della memoria proponiamo la riflessione della giovane studentessa Aurora Lunardi della quarta del liceo Scientifico Scienze Applicate  sezione A dell’Istituto Bernocchi di Legnano. Un testo scritto dalla giovane e letto sia in occasione della commemorazione dei deportati Tosi che durante l’incontro tenutosi al Teatro Tirrinnanzi di Legnano dove gli studenti hanno presentato i loro racconti sul viaggio della memoria nei campi di concentramento di Mauthausen, Gusen e Bolzano.

Lo scorso maggio sono stata scelta per partecipare a un pellegrinaggio verso il campo di concentramento di Mauthausen, un luogo che fino ad allora era per me un nome privo di significato. Non so quante volte, negli anni, abbia ascoltato storie, testimonianze, racconti incredibili relativi agli orrori che l’umanità è stata capace di commettere in un passato non troppo lontano. Quante parole sono state spese in aule scolastiche, commemorazioni, teatri, per convincere le persone a ricordare? Eppure, per quanto intense o toccanti, quelle parole sembravano sempre avere un limite. Attraverso i racconti abbiamo tutti cercato di immaginare quel mondo, così apparentemente lontano dal nostro; un mondo di atrocità e disumanità che, in qualche modo, ci sembrava quasi irreale, un incubo che apparteneva a un altro tempo. Ma lì, tutto cambia. Quel mondo immaginato prende forma. I racconti diventano pareti fredde, i numeri si trasformano in ombre, la distanza che percepivamo tra noi e quegli eventi si annulla. La storia, allora, non è più un racconto astratto, ma qualcosa che ha lasciato cicatrici profonde, ancora visibili per chiunque abbia il coraggio di guardare. Ci sono luoghi che non si limitano a esistere nello spazio: essi sono sospesi tra passato e presente, tra memoria e oblio. Visitandoli, si ha la sensazione di trovarsi in un tempo che non appartiene a nessun calendario, in una dimensione in cui la memoria è l’unico filo che ci lega al senso di ciò che è stato. Mauthausen, Gusen e Hartheim sono tra questi luoghi. Attraversarli non è un semplice viaggio, non è una lezione di storia: è un confronto con un’umanità diversa da quella che conosciamo, priva di pietà, forse priva di amore.

A quel punto sorgono domande che mai avremmo pensato di porci, domande pesanti, persino per noi, che, usciti dalla pace apparente della vita quotidiana, ci ricordiamo che esiste il dolore. Ma è proprio questo il loro scopo, lasciare il vuoto di risposte impossibili da dare per costringerci a non smettere di provarci. Perché? Come è stato possibile? Potrebbe accadere di nuovo? I muri raccontano, il silenzio pesa, il vento porta con sé un’eco lontana. Non è più possibile essere indifferenti. C’è una frase che non smette di tornarmi in mente da quando sono tornata: “La memoria è un atto di resistenza.” In quei luoghi, la memoria è ovunque. Non solo nelle pietre, nei cancelli arrugginiti, nelle stanze gelide, ma nei vuoti, nei silenzi che sembrano urlare più forte di qualsiasi parola. Mi sono resa conto che il vero significato di “resistenza” non è soltanto quello che abbiamo appreso dai libri di storia, dalle azioni eroiche di chi si è opposto all’oppressione. Resistenza è anche non dimenticare. Resistenza è camminare in quei luoghi e sentire il dovere di portare con sé ciò che si è visto e sentito. Resistenza è ascoltare l’eco di quelle vite spezzate e trasformarla in un impegno. E allora, cosa significa essere umani? Dove inizia e dove finisce la nostra responsabilità verso l’altro? Sono domande che non hanno risposte, che devono continuare a essere poste, perché ogni volta che ci abbandoniamo alla facile quotidianità, senza pensieri, ci avviciniamo al rischio dell’indifferenza, che è il terreno più fertile per l’odio e la violenza; allora, la memoria rischia di diventare un rito vuoto, una ricorrenza scandita da discorsi ufficiali e monumenti che, se non siamo attenti, si trasformano in semplici decorazioni. Eppure, quei luoghi gridano un’urgenza diversa: ci chiedono di andare oltre il gesto simbolico, di interrogarci profondamente su cosa stiamo facendo oggi per preservare quella dignità umana che lì è stata calpestata. Gusen, in particolare, colpisce per la sua apparente normalità. Le case, i giardini, la vita che scorre attorno a un luogo che porta con sé un peso così incommensurabile.

Cosa significa vivere accanto a una memoria così ingombrante? Quanto è facile per tutti noi convivere con le ombre del passato senza mai guardarle davvero? Perché è più semplice lasciarle lì, ai margini, come una fotografia ingiallita che osserviamo di sfuggita, senza mai interrogarci sul suo significato. Ma la memoria non è qualcosa che può essere lasciata ai margini. Deve essere accolta, vissuta, interrogata. Deve essere un fuoco che brucia dentro di noi, anche quando fa male. La memoria non è solo il passato. È anche il futuro. Non è un atto di nostalgia o di semplice commemorazione. È un impegno. Ogni vita spezzata, ogni sofferenza inflitta ci parla di ciò che può accadere se scegliamo l’indifferenza. E allora, stiamo facendo abbastanza per essere degni di questa memoria? Stiamo costruendo un mondo che non solo ricordi, ma che impari davvero? Stiamo resistendo all’apatia, all’odio, alla tentazione di voltare le spalle agli altri? Perché è in quelle piccole scelte quotidiane che si gioca il futuro dell’umanità. Quando sono tornata, ho posato una mano su un muro della mia città. Era caldo, illuminato dal sole. E ho pensato a quei muri freddi, testimoni di un dolore senza fine. In quel momento ho sentito un impegno nascere dentro di me: non dimenticare. Non lasciare che quelle domande si spengano. Non lasciare che la memoria diventi un rito vuoto, ma fanne una guida viva per il futuro. Perché è solo ricordando, e agendo su quel ricordo, che possiamo sperare in un futuro dove muri simili non esistano più. Un futuro dove, finalmente, sia la speranza a guidarci e non più la paura.

Aurora Lunardi 4^ Liceo Scientifico Scienze Applicate  sez. A – Antonio Bernocchi

https://www.legnanonews.com/aree-geografiche/legnano/2025/01/27/il-bernocchi-di-legnano-ricorda-la-tragedia-della-shoah-la-memoria-e-un-impegno-per-il-futuro/1282365/

di
Pubblicato il 27 Gennaio 2025
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore