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Sindacati sul mondo della scuola: “Continue penalizzazioni, ritardi nei contratti e tagli al personale”

Per Pippo Frisone Flcgil Legnano la legge di bilancio 2025 del Governo Meloni non favorisce il mondo della scuola

scuola studio studenti

«La legge di bilancio 2025 del Governo Meloni non favorisce il mondo della scuola». Ne è convinto il sindacalista della Flcgil Legnano Pippo Frisone che vede solo notevoli tagli al personale docente e ATA, compensati solo parzialmente da un aumento dei posti di sostegno, con investimenti insufficienti nelle esigenze scolastiche reali e ritardi cronici nei rinnovi contrattuali. Criticità si riscontrano soprattutto nei ritardi sistematici nei rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) per il settore della scuola, con i contratti che vengono firmati anni dopo la loro scadenza ufficiale. Questi ritardi, accoppiati a finanziamenti inadeguati, non compensano la perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione, contribuendo a indebolire ulteriormente il ruolo dei sindacati e ad erodere la partecipazione attiva dei lavoratori nel dialogo sociale. Di seguito l’intervento diffuso oggi, giovedì 16 gennaio, dal sindacalista 

Approvata la legge di bilancio 2025, fatti due conti, alla Scuola arrivano solo le briciole, qualche promessa futura ma soprattutto lacrime e sangue. Col prossimo anno scolastico 25/26 il Governo Meloni taglia ben 5.660 posti docenti dagli organici dell’autonomia mentre rinvia al 26/27 il taglio di 2.174 posti del personale ATA. Non valgono a compensare i tagli, l’aumento di 1.866 posti di sostegno nel 25/26 né i 134 posti nel 26/27. Tra le tante mance concesse ma ben al disotto delle effettive esigenze, il finanziamento di 10 milioni del servizio psicologico agli studenti delle superiori nel 2025 e di 18,5 milioni nel 2026. Mentre 122 milioni sono destinati alla valorizzazione del sistema scolastico, la carta docente viene estesa in maniera strutturale anche ai supplenti al 31 agosto, però riducendone l’importo. Ma dove si raggiunge l’acme è sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego e della Scuola in particolare.

Il Ministro Valditara offre il 6% per un contratto già scaduto nel triennio 22/24, a fronte di un’inflazione reale del 18%: la media corrisponderebbe a 160 euro lordi. Nel dicembre del 2023 il Ministro aveva dato un anticipo una tantum sul rinnovo non ancora avvenuto, anticipo non rinnovato successivamente nel dicembre 2024. È diventata prassi da un decennio a questa parte, far scadere i contratti e a fine triennio rinnovarli. È stato cosi per il ccnl 16/18, firmato il 19 aprile 2018 mentre il ccnl 19/21 è stato firmato tre anni dopo la scadenza il 18 gennaio 2024. La storia dei ritardi si ripete col ccnl 22/24, a triennio scaduto e non ancora firmato, soprattutto per le scarse risorse messe in campo dal Governo che non recuperano neanche la metà del potere d’acquisto eroso dall’inflazione nel triennio. Nè lo recuperano gli stanziamenti previsti nella finanziaria sui contratti 25/27 né quelli sul 28/30. E mentre si va avanti accumulando ritardi su ritardi, si arriverà addirittura a sovrapporre due indennità di vacanza contrattuale, quella sul ccnl 22/24 non ancora concluso con la nuova I.V.C. che scatterebbe in aprile 2025 sul nuovo ccnl 25/27.Prevedendo questi ritardi sui rinnovi, il governo ha innalzato quella d’aprile 2025 allo 0,6% e quella di luglio all’1%. Ma son palliativi che non bastano. Il contratti vengono disdettati dalle OO.SS. 6 mesi prima della scadenza e dovrebbero essere sottoscritti all’inizio di ciascun triennio e non alla fine se non addirittura, anni dopo la scadenza. Così facendo, di ritardo in ritardo, vedi anche quello sulla mobilità col contratti fermo al 19/21, si restringe sempre più non solo la difesa del potere d’acquisto degli stipendi, soprattutto in periodi di inflazione alta ma anche il ruolo e l’intervento del sindacato. Non è un caso che assistiamo sempre più ad invasioni di campo unilaterali da parte del Governo sulle materie contrattuali. Quando poi questi ritardi si ripetono in maniera sistematica da qualche decennio, non appartengono più al caso ma ad una precisa scelta politica, oramai evidente: quella di ridimensionare e d’indebolire, sempre più, il ruolo del sindacato. Ma indebolire ed emarginare i corpi intermedi della società come i sindacati, ridurre il loro potere contrattuale, di scioperare, di manifestare, come si sta cercando di fare coi decreti sicurezza, vuol dire indebolire la partecipazione sociale e la difesa dei lavoratori. E in un Paese dove ad essere in ritardo non sono solo i treni ma anche la Sanità e la Scuola, ad indebolirsi alla fine sarà la stessa democrazia.
Pippo Frisone Flcgil Legnano

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Pubblicato il 16 Gennaio 2025
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