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L’attivista afgano Atai alle Montalcini di Legnano: “L’istruzione è luce e libertà”

L'attivista Walimohammad ha raccontato la sua storia: «In Afghanistan le donne non hanno diritti, se nasce una femmina è lutto in famiglia. Ed i bambini sono destinati a diventare kamikaze. Io sono riuscito a scappare da questo destino»

L'attivista Atai Walimohammad all'Istituto Montalcini di Legnano

«L’istruzione è luce e libertà: studiate e non date mai per scontato la potenza della cultura». Così l’attivista afgano Atai Walimohammad ha parlato agli studenti dell’Istituto Rita Levi Montalcino di Legnano in occasione della settimana dell’Intercultura. Lo scrittore ed educatore, rifugiato politico in Italia, la sera di mercoledì 21 febbraio si è raccontato alla platea composta da giovanissimi ed adulti. E lo ha fatto con passione e convinzione senza nascondere gli orrori vissuti «tutt’oggi attuali: in Afghanistan le donne non hanno diritti, se nasce una femmina è lutto in famiglia. Ed i bambini sono destinati a diventare kamikaze. Io, grazie a mia nonna, sono riusciti a trovare la “luce” ossia a studiare ed ora lotto per far conoscere la situazione afgana e cerco di far capire soprattutto ai giovani di non abbassare mai la guardia».

A fare gli onori di casa la dirigente scolastica Anna Maria Caruana. Seduta in prima fila anche l’assessore Ilaria Maffei che ha ricordato l’importante della settimana dell’Itercultura: «Un momento per conoscere l’altro, per scoprire gli usi e costumi di altri Paesi. Un arricchimento per tutti».

L’attivista, classe 1996, era accompagnato dalla moglie Ebad Homaira vestita con i tradizionali abiti afgani così da far conoscere «la vera cultura dell’Afghanista, non quella di oggi dove le donne sono costrette ad indossare delle gabbie ossia i burqa. Quel carcere non è il nostro costume, sino al 1950 vivevamo nella modernità: le donne portavano le gonne corte, l’istruzione non mancava. Poi dall’oggi al domani è arrivato l’oscurantismo. Abbiamo dato per scontato la nostra cultura… già abbiamo dato per scontato troppe cose, non fate il nostro stesso errore».

Walimohammad in pochi minuti ha ripercorso, anche proiettando un video, 40 anni di storia: dall’invasione sovietica dell’Afghanistan a oggi. Quarant’anni di guerra, un conflitto mai concluso. Sempre lui ha spiegato di essere fondatore dell’associazione FAWN (Free Afghan Women Now) per la difesa dei diritti delle donne afgane e di aver scritto tre libri: “Ho rifiutato il paradiso per non uccidere”, “Il martire mancato come sono uscito dall’inferno del fanatismo” e “L’Afghanistan alla ricerca della pace”. 

La sua storia è quella di un ragazzino di 13 anni fuggito dai talebani poi arrivato in Italia nel 2012, dopo aver attraversato 12 paesi clandestinamente a piedi, sotto i camion e in gommoni con l’aiuto dei trafficanti di essere umani. A salvarlo indicandogli l’Italia, come luogo di «salvezza in quanto è un Paese ricco di cultura e storia come lo era l’Afghanistan» è stata la sua nonna paterna, medico negli anni ’70 a Kabul. E proprio qui nel Bel Paese Walimohammad ha studiato si è laureato ed oggi è un educatore professionale socio-pedagogico, docente, interprete e traduttore giurato, mediatore interculturale e interreligioso. «Siete nati nella parte giusta del mondo, avete tutto. Io da bambino non avevo un quaderno, ma un sasso e la mia istruzione era quella dell’uccidere. Andavamo a scuola ma ciò che ci veniva insegnato era come montare e smontare un’arma, sgozzare una persona e lapidare una donna. L’istruzione è vista dai talebani come un male, ma l’istruzione è la libertà. Non dimenticatelo».

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Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 22 Febbraio 2024
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