Personalizzare i percorsi di cura per il tumore della mammella: “Ogni donna è diversa”
La dott.ssa Carmine Fantò spiega perchè l’unica arma vincente rimane la prevenzione, ma è altrettanto importante affidarsi ed affiancarsi a specialisti esperti, dedicati e seguire percorsi di cura personalizzati
Ancora oggi, il tumore della mammella è la malattia più frequente che colpisce la popolazione femminile. Solo in Italia, ogni anno, 50.000 donne ricevono una nuova diagnosi di tumore al seno.
“L’unica arma vincente rimane la prevenzione, ma è altrettanto importante affidarsi ed affiancarsi a specialisti esperti, dedicati e seguire percorsi di cura personalizzati”, precisa la dottoressa Carmine Fantò che, dal mese di luglio, è la nuova Capo Sezione della diagnostica senologica di Humanitas Mater Domini e specialista dei centri medici Humanitas Medical Care.
Quali sono i principali fattori di rischio?
I fattori che aumentano il rischio di una patologia tumorale della mammella sono diversi. Alcuni riguardano la familiarità ed altri la genetica, senza trascurare lo stile di vita.
È importante conoscere la differenza tra familiarità e predisposizione genetica ad una malattia, perché sono fattori di rischio differenti, spesso confusi.
Un solo caso in famiglia non rappresenta un vero fattore di rischio. La patologia mammaria è così frequente che in tutte le famiglie troviamo almeno un caso, una cugina, una zia. Un caso in famiglia ci espone ad un rischio generico, non ci rende più vulnerabili alla malattia.
“Per parlare di predisposizione familiare ci devono essere almeno due casi di carcinoma mammario precoce, ossia un tumore maligno della mammella diagnosticato prima dei 50 anni, oppure un tumore mammario prima dei 50 anni ed un tumore dell’ovaio. I familiari interessati devono essere in linea diretta, come mamma, nonna, sorelle. Questa situazione può configurare un rischio familiare vero o addirittura sfociare in un rischio genetico. Il rischio genetico configura la possibilità di trasmettere la malattia per via ereditaria. Per fortuna non è frequente, si lega a geni che ormai sono diventati noti (BRCA1, BRCA2) e viene accertato attraverso un’indagine genetica su prelievo di sangue periferico”, spiega la dott.ssa Fantò.
Lo stile di vita incide in generale su tutta la malattia tumorale, compreso il tumore della mammella. A questo proposito, recenti studi hanno evidenziato un’associazione positiva (ossia un aumento del rischio) tra tumore della mammella ed obesità, alimentazione ricca di grassi, diabete.
E quali i sintomi?
Il dolore mammario (o mastodinia) non è un sintomo e non deve allarmare. Se non si accompagna a evidenti segni di infiammazione, fa parte di una fisiologica risposta del tessuto ghiandolare allo stato ormonale o alle sollecitazioni meccaniche. I sintomi a cui fare attenzione sono: le alterazioni della cute, avvallamenti o rilievi che prima non c’erano, cute edematosa o a buccia d’arancia, nodulo duro che non si scolla dal tessuto circostante, secrezione ematica dal capezzolo (piccola macchia di sangue sulla biancheria), retrazione o deviazione del capezzolo, aspetto eczematoso del capezzolo.
Quali sono le strategie mettere in atto? Dall’autopalpazione ai controlli radiologici
L’autopalpazione
È un esame che ogni donna può fare comodamente a casa, permette di conoscere profondamente l’aspetto e la struttura normale del seno così da poter cogliere precocemente ogni cambiamento. L’autoesame si svolge in due fasi: l’osservazione (in piedi, davanti allo specchio) per individuare cambiamenti della forma del seno, del capezzolo e la palpazione.
I controlli radiologici al seno
“Le linee guida nazionali ed internazionali ci vengono incontro per mettere ordine in maniera generale sul timing da tenere per i controlli radiologici, in relazione alla fascia di età. Naturalmente, queste indicazioni vanno bene per la popolazione femminile in generale, in assenza di sintomi o fattori di rischio, non per ogni singolo caso che andrebbe inquadrato dal proprio medico di medicina generale e dallo specialista radiologo dedicato alla senologia che, al primo accesso della donna, dovrebbe consigliare l’intervallo più appropriato tra un esame ed il successivo”, precisa la specialista.
In particolare, al di sotto dei 40 anni la prevenzione può iniziare con la visita senologica e l’ecografia. I controlli radiologici sono previsti solo su indicazione dello/della specialista. A partire dai 45 anni in Regione Lombardia ci si può rivolgere spontaneamente presso i centri di senologia o attendere la chiamata dello screening organizzato. Dai 45 anni fino ai 49 anni è consigliata una mammografia ogni anno mentre, nella fascia d’età da 50 anni fino a 74 anni, in assenza di sintomi, la mammografia si esegue ogni 2 anni.
Dopo 74 anni la prevenzione non termina: in assenza di sintomi, è preferibile eseguire una mammografia entro 3 anni dal precedente controllo.1
Ecografia e mammografia: quali le differenze?
Le due metodiche hanno importanza diversa, ma soprattutto vedono cose diverse e la maggior parte delle volte sono necessarie insieme per integrare la diagnosi. La mammografia permette l’esplorazione della mammella in tutta la sua completezza e offre la maggiore sensibilità di diagnosi soprattutto per i tumori in fase iniziale. L’uso di apparecchiature di nuova generazione, come la tomosintesi (mammografia volumetrica in tre dimensioni), consente di ottenere immagini più ricche di informazioni a fronte di dosi di radiazioni ionizzanti più contenute che in passato. L’ecografia completa l’esame mammografico, fornendo la possibilità di approcciarci in sicurezza all’area sospetta per i prelievi di tessuto o di cellule, monitorando le varie fasi dell’esecuzione dei prelievi.
Ogni singola donna è diversa e da qui la personalizzazione dei percorsi. Perché è importante?
Oggi la medicina si sta orientando verso una personalizzazione delle cure: medicina di precisione.
I percorsi di diagnosi mirati possono fare la differenza per il singolo individuo.
“Le donne asintomatiche senza fattori di rischio rappresentano solo una parte della popolazione. Ci sono poi donne asintomatiche con fattori di rischio, donne già operate a cui bisogna garantire percorsi di follow-up, il rischio eredo familiare va gestito con esami più ravvicinati e personalizzati. Oggi il radiologo senologo dedicato, insieme ad un’équipe di specialisti dedicata alle problematiche senologiche può fare la differenza per consigliare esami, intervalli temporali di esecuzione e metodiche da adottare”, precisa la dott.a Fantò.
1 Linee guida europee ECIBC: https://cancer-screening-and-care.jrc.ec.europa.eu/en/ecibc/european-breast-cancer-guidelines
Linee guida regione Lombardia: https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioServizio/servizi-e-informazioni/Cittadini/salute-e-prevenzione/Prevenzione-e-benessere/screening-prevenzione-tumori/screening-prevenzione-tumori
Breast unit: cos’è e perché è importante
La Breast unit è un’organizzazione dedicata che garantisce un percorso di diagnosi e cura, dove più specialisti forniscono il loro contributo alla presa in carico della paziente con diagnosi di tumore della mammella.
Il radiologo senologo è il primo specialista che la donna incontra; fondamentale poi per la diagnosi è il ruolo dell’anatomo patologo. La paziente verrà in seguito presa in carico a seconda delle sue specifiche necessità dal team multidisciplinare che, oltre al radiologo, prevede la disponibilità del chirurgo, dell’oncologo, del radioterapista e di figure professionali di indispensabile supporto, come lo psicologo, il ginecologo, il nutrizionista, il fisiatra ed il fisioterapista, l’infermiera di senologia dedicata ed infine, laddove necessari, il genetista ed il medico nucleare. La breast unit fa parte di quelle strategie mirate da mettere in campo affinché le cure siano più efficaci.
In una breast unit non deve mai mancare la presenza di associazioni di volontariato, la voce della donna operata conta molto per migliorare il benessere psicofisico di chi si trova ad affrontare una malattia. Essere affiancati da chi già conosce ed ha superato certe paure rende meno vulnerabili e coscienti che si può fare.
La dott.ssa Carmine Fantò
Originaria di Bari, la dott.ssa Fantò è la nuova capo sezione della Radiologia Senologica di Humanitas Mater Domini e specialista dei centri medici Humanitas Medical Care. Ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico della sua città. Successivamente, si è specializzata in Radiologia presso il Dipartimento di Scienze Morfologiche – Biomediche dell’Università degli Studi di Verona, dove ha ottenuto anche un Master multidisciplinare in Senologia.
Dopo aver completato la sua formazione, la dott.ssa è tornata a Bari, dove ha lavorato presso il SARIS del policlinico di Bari, un centro di riferimento per la patologia mammaria nel Sud Italia. Nel 2008, si è trasferita a Trento, dove ha assunto la responsabilità dello screening mammografico
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