Covid-19, il virus coda lunga
Dopo la malattia spesso si manifesta una sindrome acuta con una sintomatologia complessa che gli esperti attribuiscono a un danno al sistema nervoso sia a livello periferico che centrale
“Mangio uova marce e bevo benzina da una settimana. Il Covid mi ha fatto perdere l’olfatto e il gusto e da quando li ho riacquistati, ogni cibo ha un unico sapore, disgustoso. Sono vaccinato e rispondo a chi ora mi chiede ‘allora a che serve il vaccino se ti sei ammalato?’ Serve che ho 23 anni e mi ha evitato il ricovero o addirittura di finire in terapia intensiva”.
Inizia così il recente articolo dell’Huffington Post che racconta la storia di Domenico, studente universitario palermitano, affetto da post-Covid, anche detto long Covid, cioè la permanenza dei sintomi dopo il termine della fase acuta della malattia. Si stanno accumulando gli studi sugli effetti a lungo termine del Covid-19. Una recente revisione della letteratura scientifica globale in materia ci fornisce alcuni dati importanti per conoscere il fenomeno.
Fonte: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmed.2021.750378/full
I sintomi che rientrano nella sindrome acuta post-Covid sono quasi 100, tra i quali si evidenziano in particolare danni sensoriali, disturbi respiratori, dolori articolari, affaticamento generale, difficoltà di concentrazione, disturbi psicologici, insonnia, perdita di memoria, problemi cardiovascolari e dermatologici. Si tratta, quindi, di una casistica molto ampia, con effetti a volte intermittenti e selettivi. Ad esempio, non si sente più il gusto e l’odore di certi alimenti e non di altri, e non sempre in modo stabile nel tempo.
L’ipotesi che si sta facendo strada è che il fil rouge di questa sintomatologia complessa sia un danno al sistema nervoso sia a livello periferico che centrale. Il Covid-19 parte spesso con un leggero mal di testa, magari mai sofferto prima, la perdita del gusto e qualche linea di febbre. Dopo la diagnosi di positività inizia una malattia parallela, di carattere sociale, dovuta all’isolamento, alle privazioni di affetti e, in parte, allo stigma sociale. Quindi il cervello riceve danni biologici dal virus, ma anche input negativi dall’ambiente sociale, che ne minano la capacità di risposta.
In termini percentuali, i disturbi si protraggono nel 60-70% dei casi fino ad almeno 6-7 mesi e nel 20-30% dei casi anche fino ad un anno (il tempo massimo di misurazione disponibile finora nella maggior parte degli studi). Il termine che viene utilizzato è “nebbia cerebrale” ed è spesso disabilitante, perché la stanchezza e l’insonnia rendono difficile lavorare e anche occuparsi della quotidianità.
Nel 60% dei casi Covid-19 acuti ci sono danni al gusto e all’olfatto, i cui recettori vengono alterati dall’infezione virale a livello periferico. Spesso la sindrome si protrae con questo tipo di disturbi, con le cosiddette allucinazioni olfattive, come quella di Domenico. In realtà, la presenza di allucinazioni olfattorie può essere un segnale positivo, perché fa parte di un processo di recupero in corso, anche se non è ancora chiaro in che tempi e se in modo completo.
Il post-Covid non è solo un fenomeno che riguarda gli adulti. Il 13% dei bambini in età da zero a 12 anni, colpito da Covid-19, ne è affetto con problemi neurologici, muscolari e respiratori, che tendono a risolversi lentamente, e anche alcuni casi di miocarditi, con sintomi lievi.
La soluzione terapeutica che si sta sviluppando per tutti si fonda su un approccio multidisciplinare che guarda al paziente a trecentosessanta gradi. Il recupero e la riabilitazione richiedono una valutazione integrata respiratoria, nutrizionale, sociale, neurologica, per puntare ad una cura complessiva e graduale.
Alcuni dei sintomi più semplici da notare, per intervenire più rapidamente possibile e aumentare le probabilità di successo, sono la stanchezza, il mal di testa e l’assenza di memoria. È importante evitare le soluzioni fai-da-te. Bisogna fare una valutazione e decidere una terapia seguiti da medici competenti e specializzati.
“La guerra è un conflitto tra Stati, tra paesi che trascinano i popoli gli uni contro gli altri. C’è un nemico fisico. In questo caso l’avversario è esogeno, non lo si può combattere con le armi di distruzione della guerra. Contro il virus le armi sono cura e prevenzione, il contrario della guerra”. Fausto Bertinotti.
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