Amcli: «Test molecolari e antigenici per SARS-CoV2, vanno usati con competenza»
Clerici presidente AMCLI e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese è intervenuto per far chiarezza sull’efficacia ed affidabilità dei mezzi a disposizione per una veloce identificazione dell’infezione
«Nella lotta contro il Covid-19, gli esami di laboratorio sono uno strumento fondamentale per garantire la diagnosi dell’infezione e l’assistenza del malato. Allo stesso tempo, però, devono essere utilizzati con competenza». Ne è certo Pierangelo Clerici presidente AMCLI e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese intervenuto oggi, martedì 5 gennaio, in merito al documento predisposto dal Consiglio direttivo dell’AMCLI – Associazione Microbiologi Clinici Italiani diffuso per far chiarezza sull’efficacia ed affidabilità dei mezzi a disposizione per una veloce identificazione dell’infezione.
«Fin dal manifestarsi della pandemia nel nostro Paese – commenta Clerici – l’impegno di AMCLI è stato per una stretta collaborazione tra le molte componenti che operano nella comunità scientifica al fine di definire protocolli e approcci diagnostici più sicuri e veloci, indispensabili per una positiva prognosi dei molti malati».
Come precisa Clerici nel documento predisposto da AMCLI si ricorda infine come sia «stato ampiamente dimostrato, che la presenza a basso titolo dell’RNA virale (determinabile semi quantitativamente sulla base di elevati Ct) nelle fasi tardive dell’infezione (soprattutto se vengono utilizzati saggi che hanno come target geni virali più espressi di altri), non è supportata dalla possibilità di isolare il virus, se non nel 2-5% dei casi, né tantomeno di trasmettere l’infezione grazie anche alla comparsa dell’immunità umorale specifica. In altri termini il rischio di avere un soggetto ancora positivo dopo 21 giorni dalla prima positività e che lo stesso, tornando in comunità, possa contagiare l’infezione altri soggetti è sostanzialmente trascurabile».
Di seguito l’incipit di un documento ufficiale predisposto dal Consiglio direttivo dell’AMCLI – Associazione Microbiologi Clinici Italiani diffuso oggi con l’obiettivo di fare chiarezza al fine di una più efficace diagnostica dell’infezione da Covid-19.
«Gli esami di laboratorio sono uno strumento fondamentale per garantire la diagnosi dell’infezione e l’assistenza del malato. Allo stesso tempo, però, devono essere utilizzati con competenza. Infatti, una richiesta inappropriata rischia di fornire risultati fuorvianti nell’interpretazione delle condizioni di salute del paziente. Pare evidente, pertanto, che la questione da dirimere sia dare indicazione in merito a quale test di screening sia opportuno utilizzare nella pratica quotidiana. I test antigenici licenziati inizialmente (test immunocromatografici lateral flow) gravati da grande variabilità in relazione anche alla matrice biologica utilizzata, risentono egualmente della prevalenza dell’infezione nella popolazione e devono essere riservati al contact tracing. Al contrario, i test antigenici a lettura fluorescente hanno migliori prestazioni ed in particolar modo quelli di più recente introduzione (immunofluorescenza con lettura in microfluidica) sembrano mostrare risultati sovrapponibili a quelli del saggio di real-time RT-PCR. L’uso dei test a fluorescenza è indicato in un setting a bassa prevalenza di infezione, ad. es. il personale sanitario (Drain et al. 2020; ECDC novembre 19 2020). Il saggio di real-time RT-PCR per l’identificazione dell’RNA di SARS-CoV-2 nei secreti nasofaringei deve essere considerato solo a scopo diagnostico e va utilizzato in presenza di un forte sospetto clinico di infezione o in presenza di un contatto stretto con un soggetto con positività accertata. Pertanto, va sottolineato che questo saggio non è da considerarsi adeguato allo screening di massa della popolazione. Infatti, più è bassa la probabilità di avere un vero positivo più diminuisce il valore predittivo positivo del test (Pham Huy P et al. Laboratory medicine 2020; Loh Tze Ping et al. Clinical biochemistry, 2020). I test di rilevazione molecolare o antigenica di SARS CoV-2 non trovano indicazione scientifica al di fuori di tali casi (diagnosi eziologica dei casi di “malattia da infezione da SARS CoV-2” i primi, contact tracing dei casi di “infezione da SARS CoV-2” i secondi). Perciò, l’utilizzo di test diagnostici al di fuori di tali indicazioni si configura come un ricorso “inappropriato” alla diagnostica virologica, che si traduce in un’inappropriata gestione delle risorse (economiche, strumentali, umane)».
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