IL LUTTO, COME AFFRONTARE QUESTO MOMENTO?
Quando la perdita di una persona cara sfocia in patologia? Come fare se non si riesce a superare questo dolore? Cercheremo in questo e nel prossimo articolo di analizzare al meglio questa difficile esperienza...
Anna, 35 anni, mi chiede di affrontare un tema importante, che attraversa prima o poi le vite di tutti noi: il lutto. Come va affrontato questo momento? Quando la perdita di una persona cara sfocia in patologia? Come fare se non si riesce a superare questo dolore? Cercheremo in questo e nel prossimo articolo di analizzare al meglio questa difficile esperienza.
Il lutto può essere definito come uno stato emotivo caratterizzato da un sentimento di intenso dolore che si prova per la perdita di una persona cara, ma non solo. Infatti, il lutto, può essere legato alla fine di una relazione, un divorzio, un aborto, ad un allontanamento dai propri luoghi familiari, alla fine di un lavoro, al termine di una possibilità di cambiamento, alla perdita del proprio ruolo sociale, ad un fallimento personale o lavorativo, alla nascita di un figlio malato, ecc… In quest’ articolo ci riferiremo al lutto in particolar modo in relazione alla morte di un proprio caro.
Possiamo affermare che il processo del lutto è un percorso inevitabile e naturale, che ci porta a comprendere che la persona che muore o che se ne va, per quanto questo evento possa essere doloroso, non ferma la nostra vita. Tuttavia, tale percorso di elaborazione, costituisce una situazione ad alto rischio, in quanto potrebbe bloccarsi e diventare interminabile o patologico. Affrontare un lutto è dunque un'esperienza molto complessa, che deve avere come scopo la metabolizzazione del lutto stesso, cioè una rielaborazione emotiva dei significati, dei vissuti e dei processi sociali legati alla perdita della persona cara, con la quale si era sviluppato un legame affettivo significativo, interrotto dal decesso della persona stessa.
Il lutto nella società di oggi tende ad essere soppresso e cancellato, come se ogni contatto con la morte, in una cultura che idolatra vita e giovinezza, fosse considerato pericoloso. Va tutto troppo veloce, anche l’elaborazione del dolore. Nelle generazioni passate il lutto era vissuto rispettando anche tempistiche psicologiche, emotive e sociali, ed erano accompagnate da simboli che facilitavano il superamento del trauma stesso. Ad esempio, in alcune regioni, i familiari del defunto avevano l’obbligo di vestirsi di nero per un anno, e, cosa più importante di tutte, era concesso soffrire per la perdita della persona cara. Oggi, dopo un lutto, se dopo un paio di mesi ci si affligge ancora per la morte di un coniuge, si è considerati depressi, o ancor peggio “lagnosi”.
Angela, 64 anni, racconta che dopo quasi tre mesi dalla morte di suo marito per un infarto, i figli la spronavano ad uscire, a divertirsi, ma lei confida: ” Ma come faccio a gioire se l’uomo con cui ho passato quarant’anni non è più con me? Non abbiamo mai passato una notte separati, mi manca e vorrei solo stare da sola, invece i miei figli mi costringono a tenere i nipoti, così mi tirano un po’ su dicono loro…ma io ho solo voglia di buttarmi sul letto e piangere. Mi hanno anche mandata da lei perché mi hanno detto che per loro non è normale che io sia ancora triste…ma così non riesco a parlare con nessuno di mio marito, appena accenno qualcosa sbuffano, alzano gli occhi al cielo e si arrabbiano”.
Cara Angela, stia tranquilla e si conceda di elaborare secondo i suoi modi ed i suoi tempi il dolore più grande della sua vita.
Ormai sembra che non ci sia più il diritto a soffrire, mentre sarebbe importante riuscire a parlare del proprio dolore: è il modo migliore per superare il lutto nel modo più funzionale possibile. Ovviamente questa via richiede pazienza e capacità di ascolto in chi è vicino ad una persona che sta attraversando un lutto.
Come fare quindi a sapere quando il lutto dura troppo?
Esistono delle “tempistiche”che definiscono una regolare elaborazione del lutto: in base all'intensità del legame affettivo interrotto, alle sue modalità, e ai diversi fattori protettivi o di rischio, il lutto può essere di durata e complessità variabile. Solitamente, nella sua fase acuta, viene completato entro 6-12 o anche 24 mesi in caso di perdite di figure relazionali primarie (genitori, figli, partner), anche se sono piuttosto frequenti possibili sequele per periodi successivi. Si deve comunque tenere conto che il processo di elaborazione è fortemente soggettivo, e può durare per tempi assai variabili in base a fattori personali e situazionali. Ad esempio, alcuni fattori di rischio che possono allungare l’elaborazione del lutto sono: rapporto molto stretto o dipendenza emotiva dalla persona scomparsa, paura della separazione nell’infanzia, esperienze traumatiche infantili come abusi o abbandoni, mancanza di contatti sociali, assistenza al defunto prima della morte, morte improvvisa o violenta, suicidio, atteggiamento pessimista e depressione.
L’elaborazione del lutto si sviluppa normalmente in cinque fasi. Durante la prima fase la persona colpita da una perdita è portato a negare la realtà e ad isolarsi: si tratta di un meccanismo di difesa che ci permette di attenuare l’intensa fase iniziale del dolore, ed è quindi una risposta psicologica temporanea. La seconda fase è invece caratterizzata dalla rabbia, che si esprime quando gli effetti mascheranti della negazione della realtà e dell'isolamento cominciano a svanire e la realtà ed il relativo dolore riappaiono. Ma non si è ancora pronti, quindi l'emozione si esprime come rabbia: questo sentimento può anche essere diretto verso il soggetto che ci ha provocato il dolore, cioè verso la persona deceduta, in quanto si può vivere la morte di un proprio caro come un vero e proprio abbandono. A questo si può aggiungere un senso di colpa per essere arrabbiati verso chi non c’è più, alimentando quindi la rabbia stessa. Segue quindi la fase delle auto-recriminazioni, nella quale la persona in lutto si affligge su azioni che si sarebbero potute compiere per evitare o ritardare la morte della persona amata. Se ci fossimo rivolti al medico prima, se avessimo richiesto l’intervento di altri specialisti, chissà cosa sarebbe successo. La quarta fase è contraddistinta invece da depressione, che può durare da alcune settimane a sei mesi. Le manifestazioni più tipiche sono umore depresso, sentimenti di tristezza, inappetenza, crisi di pianto, agitazione e scarsa concentrazione. La maggior parte delle persone ha la sensazione che il defunto sia in qualche modo ancora presente. Infine, l’ultima fase di elaborazione del lutto, si conclude con l’accettazione della perdita, durante la quale i sintomi depressivi regrediscono e la persona accetta la morte della persona cara, tentando di tornare alla normalità. La durata di questa fase è variabile, e purtroppo non tutti riescono a raggiungerla.
Nel prossimo articolo si soffermeremo su quando il lutto può bloccarsi e sfociare in patologia,e come affrontarlo.
Sono a disposizione per domande, chiarimenti, o per spunti su argomenti che desiderate approfondire.
Dott.ssa Federica Camellini
federicacamellini@libero.it
www.psicologolowcost.it
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