Palio di Legnano: ecco tutto quello che c’è da sapere sulle contrade tra leggende, vittorie e fantini
Un tuffo tra le leggende di contrada, l'identikit delle otto sorelle e le vittorie del passato in attesa del Palio di Legnano di domenica 29 maggio
29 maggio 1176, i comuni alleati nella Lega Lombarda sconfiggono l’esercito imperiale di Federico I detto il Barbarossa nella Battaglia di Legnano. 846 anni dopo, Legnano è pronta a rievocare quella vittoria con il Palio così come fa dal 1932, e LegnanoNews, dopo il tour alla scoperta dei tesori del Palio di Legnano, ha deciso di accompagnare i suoi lettori verso l’appuntamento clou di domenica 29 maggio con un identikit delle otto contrade e un tuffo tra le leggende di contrada e le vittorie del passato.
LA CARTA D’IDENTITÀ DELLE OTTO CONTRADE
L’ALBO D’ORO DEL PALIO DI LEGNANO
LE LEGGENDE
LA FLORA – Racconta la leggenda che dopo la battaglia del 29 maggio 1176 le donne del borgo che oggi è la contrada La Flora accolsero i combattenti, reduci dalla vittoria sull’armata dell’imperatore Federico I detto il Barbarossa, con un lancio di fiori. Secondo un’altra versione, invece, ogni anno la dea Flora appariva nel borgo ad inizio primavera con la cornucopia piena di viole, primule e margherite da spargere sull’erba. Un anno arrivò ad estate inoltrata, dopo aver sparso per tutta la terra i suoi fiori: alla dea erano rimaste solamente due varietà dai colori brillanti, da cui sbocciarono fiordalisi azzurri e papaveri rossi.
LEGNARELLO – Secondo la leggenda i colori di contrada si ispirano a quelli spagnoli. Pare che in tempi remoti l’idalgo Don Pedro de Torquemada si riparasse dietro le alture dei Ronchi dalle lotte politiche, dove era solito alzare la bandiera con i suoi colori, appunto il giallo e il rosso. L’idalgo era infatti solito vestire con una cappa metà rossa e metà gialla, visibilissimo ai nemici ma intoccabile anche per i migliori tiratori per una protezione divina. Sopravvissuto a tante guerre, si stabilì sul monticello e lasciò ai discendenti la bandiera issata perché la conservassero negli anni a venire.
SANT’AMBROGIO – La leggenda vuole che un vecchio demonio dal corpo giallo zolfo avvolto in un lungo e logoro mantello verde scuro comparisse per le vie del rione di Sant’Ambrogio il 9 febbraio di ogni anno, soffiando come un mantice e lasciando sulla neve ampie tracce del suo passaggio per poi entrare nella sacrestia della chiesa e prelevare un candelabro che nelle sue mani si torceva come una serpe prima di andarsene nella notte accompagnato dal rumore di tuoni e catene.
Stanco della situazione, il parroco infilò allora nella serratura della sacrestia una corona del rosario, obbligando il demonio a toglierla da lì con le dita per aprire la porta: al contatto con la coroncina benedetta il diavolo iniziò a tremare e dimenarsi, per poi sgonfiarsi come un palloncino, e la mattina seguente i parrocchiani trovarono la sua pelle gialla, ormai secca, stesa sul manto verde sulla neve.
SAN BERNARDINO – Intorno al territorio della contrada di San Bernardino aleggiano diverse leggende: una parla di orsi che avrebbero attraversato le campagna e rapito una fanciulla, mentre un’altra racconta di un antico capitano che avrebbe messo a morte una giovane innocente se le campane non si fossero messe a suonare da sole. In entrambe la fa da padrona la veste candida della fanciulla macchiata di rosso per il sangue delle ferite.
SAN DOMENICO – Si narra che un tempo nel rione che oggi è la contrada San Domenico sorgessero due conventi collegati tra loro da un cunicolo dove si aggirava un fantasma di un soldato del Barbarossa deceduto in battaglia, che tra i boati e il rumore di catene disturbava i sonni degli abitanti. Il padre guardiano decise quindi di attendere il fantasma fuori dal cunicolo, e lì lo spettro gli disse che le sue ossa si erano confuse la terra dello stretto passaggio, indicandogli il punto dove si trovavano. Il frate le trovò, le seppellì sotto un’aiuola e pose sulla tomba una bandierina verde con due ossa bianche incrociate, che rimasero emblema della pace riconquistata.
SANT’ERASMO – La leggenda in cui affonda le sue radici la bandiera di Sant’Erasmo prende le mosse dal corvo che ogni giorno faceva visita agli eremiti raccolti in preghiera all’Ospizio di Sant’Erasmo: ogni mattina l’uccello si appostava vicino alle botteghe dei fornai e quando riusciva a rubare un pezzo di pane lo portava in dono ai monaci, che vi vedevano un segno della benevolenza divina.
SAN MAGNO – Si dice che dove oggi si trova piazza San Magno un tempo vi fosse un grande albero. Un contadino che lavorava quella terra una mattina d’inverno lo fissava compiaciuto pensando che sarebbe stato bello se anche gli uomini avessero avuto la stessa forza, quando gli apparve la figura di un uomo «dall’aspetto ieratico e severo» che gli chiese se gli sarebbe piaciuto avere la forza, il coraggio e la potenza di un leone.
Alla risposta affermativa del contadino, l’uomo gli diede istruzioni di afferrare il coniglio vicino alla pianta, ucciderlo, cospargere la neve con il suo sangue e poi andare su quella neve insanguinata. Il contadino obbedì, e non appena posò il piede sul sangue si trasformò in un leone, senza poter tornare uomo come punizione per la sua superbia.
SAN MARTINO – La leggenda narra che un palafreniere, che si era perso nella boscaglia, si imbatté in un boscaiolo che raccoglieva la legna e gli chiede la direzione da prendere per tornare dal suo re. Il boscaiolo allora prese un ramoscello da una pianta di gelso e lo usò per indicare il cielo: il palfreniere alzò gli occhi e vide tra gli alberi un quadrato di cielo limpido con una croce bianca al centro. Il boscaiolo, allora, gli indicò uno dei bracci della croce e disse: «Vai sicuro dal tuo re e Dio ti protegga con lui». Il palafreniere avrebbe voluto ricompensarlo, ma il boscaiolo non volle nulla in cambio se non il permesso di decorare con la croce apparsa in cielo la sua casa e le sue vesti e quelle della sua gente.
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