Il Palio a Legnano da seduti e senza corteo, ma la passione dei contradaioli è più forte delle restrizioni
La voglia del Palio ci costringe a vivere un Palio sempre più difficile da definire normale, ma sicuramente irrinunciabile. Anche stando seduti e muti
Oltre 50 anni dalle prime presenze in un maniero limitato a un garage in via Vespucci, 45 anni esatti di cronista di storie paliesche. Pensavamo di averle viste tutte. Dalla sabbia che ha preso il posto dell’erba al Campo. Dalle gabbie alla mossa sostituite dal canapo. Sella e speroni sostituiti dalla monta a pelo nella corsa. Il Carroccio che arriva al Castello per la sua riapertura ai legnanesi e che poi sfila sulla Quinta Strada di New York sotto gli occhi meravigliati di Zeffirelli, stupito forse anche dalla presenza di due tamburini d’eccezione, Mario Borsani e Roberto Clerici. Il “Collegio” ricevuto da Papa Giovanni Paolo II.
Pensavamo di averle viste tutte, ma sbagliavamo. Lasciamo stare l’ormai imminente arrivo dei mezzisangue, ma un Palio da seduti proprio ci mancava, proprio non l’avremmo mai potuto prevedere. La cerimonia della Traslazione, avvenuta ieri, con i contradaioli “ingabbiati” e costretti al mutismo da seduti, è una immagine che difficilmente riusciremo a cancellare dalla nostra memoria.
«Un Palio così è anche colpa di noi contrade», commentava un amico visibilmente alterato ieri, perchè gli era stato impedito di seguire in corteo la Croce che tornava in Basilica. Forse, però, è più colpa della nostra passione che nemmeno questa pandemia riesce a soffocare. Così la voglia del Palio ci costringe a vivere un Palio sempre più difficile da definire normale, ma sicuramente irrinunciabile. Anche stando seduti e muti. Poi, se sia stato davvero il caso di farlo, lo diranno soltanto i posteri.
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