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LUIGI BOTTA E LA SUA INFANZIA: IO GIOVANE BALILLA ALLA COLONIA GONDAR

3 Novembre 2011

1907_foto.jpg  Caro direttore, mi riferisco all’articolo riguardante la colonia elioterapica Gondar di Legnano (qui il servizio). 

Non mi pare esatto affermare che la stessa non abbia funzionato durante la guerra. Anzi in quegli anni, specialmente dal 1942 alla fine estate del 1944 la stessa aveva registrato, se si può dire, il tutto esaurito. 

Io ho frequentato la colonia Gondar e ti posso dire che, con le restrizioni di generi alimentari,  

con le tessere annonarie che concedevano una ridottissima razione di pane giornaliera, le famiglie mandavano i ragazzi in colonia in quanto là potevano avere un pasto a mezzogiorno ed un pezzetto di pane con marmellata a merenda.

I ragazzi e le ragazze ( dalla prima alla quinta elementare) erano suddivisi in quattro gruppi corrispondenti alle quattro parrocchie di allora ed ai rispettivi quattro rioni di appartenenza.

Noi di Legnanello facevamo parte del gruppo fascista “Dino Piochi”. Non ho mai saputo chi fosse, tuttavia ricordo bene il nome perché i ragazzi degli altri rioni ci chiamavano per canzonarci “quelli del Dino Piögi” che , come sai, in dialetto significa pidocchi. Vestivamo con calzoncini neri ed una maglietta bianca bordata di nero al collo ed alle braccia. Sul petto avevano, ricamata in cotone, la scritta GIL (Gioventù Italiana del Littorio) oppure ONB (Opera Nazionale Balilla). Cucito sulla maglietta un nastrino giallo e rosso, i colori di Legnanello.

La giornata iniziava con l’alzabandiera al suono dei tamburi e tre squilli di tromba. Poi la direttrice ci faceva dire il giuramento nel quale giuravamo nel nome di Dio e dell’Italia di eseguire gli ordini del duce e di servire con tutte le forze e, se necessario col nostro sangue, la causa della rivoluzione fascista. Sempre con il braccio alzato nel saluto romano. (Marco, come vedi, non faccio alcun commento.)

Poi si giocava, si faceva ginnastica, si imparavano le canzoni del regime. Si faceva anche del teatro. Un anno ricordo Walter Fossati, che conosci, protagonista in una operetta. Aveva una bella voce.

Nel pomeriggio si faceva un sonnellino sotto le piante su delle piccole sdraio. Per noi era un divertimento correre fuori dalle piante per vedere atterrare la “cicogna”, un piccolo aereo di tela che portava da Milano la posta alla caserma dei tedeschi. (Uno di questi aerei un giorno cadde nel cimitero di via Magenta; andai a vederlo e, per ricordo, strappai un pezzo di tela che scambiai in seguito con delle figurine).

Nel tardo pomeriggio di nuovo attorno al pennone in centro campo a passo di marcia per l’ammaina bandiera. Veniva recitata una preghiera per l’Italia. Di quel periodo ricordo in particolare tre fatterelli.

Un giorno mi fecero capo del picchetto di guardia. Eravamo in tre all’entrata con un fucilino di legno. Io ero al mio posto ma gli altri due erano andati in giro sotto le querce a cercare le ghiande con le quali si giocava a fare i pupazzi, gli aerei ed altro. Venne l’ispezione ed io fui subito degradato per non aver sorvegliato le altre “sentinelle”.

Il 25 luglio del ’43 entrò in colonia un gruppo uomini e giovani. Ci dissero che il fascismo non c’era più e che all’indomani dovevamo venire con la divisa ma senza la scritta sul petto (GIL-ONB). Ricordo che il giorno dopo le nostre magliette erano coperte da una tela cucita sopra e alcune di esse, dove le mamme avevano cercato di togliere le lettere con le forbici erano tutte bucherellate.

Nel ’44 in colonia vennero i tedeschi che scavarono una trincea sulla parte destra, lungo tutta la salita che dalla strada portava alla colonia. Costruirono delle baracche e si installarono. Da lì potevano controllare tutta la zona che portava alla caserma dove c’era il quartiere militare della Wermacht . Allora la zona era tutta campagna. Io andavo a curiosare di nascosto ed ogni volta tornavo con un pezzo di pagnotta nera che nascondevo sotto la maglietta e che poi dividevo con il mio ristretto gruppo di amici che mi avevano “coperto” l’assenza.

Ho altri ricordi, ma già mi sono dilungato troppo e poi non interesserebbero a nessuno.

Ciao, Marco

Luigi Botta 

Carissimo Luigi, grazie… e non lasciarci così! Questi ricordi interessano, per la miseria se interessano. Vero, amici lettori?
Ne aspettiamo ancora e poi li confezioneremo in un bel volume, che ne dici?
Certo che immaginare Luigi Botta che indossa la maglietta con la scritta GIL e che fa la sentinella con un moschetto di legno, un sorriso (non di scherno, sia chiaro!) e tanta tenerezza li sollecita. O no, carissimo Luigi?
marco tajé

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