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La scuola differenziata e il rischio di un nuovo “Porcellum”

Scuola dell'infanzia paritaria parrocchiale di Menzago "Ambrogio Colombo"

13 Febbraio 2023

Il 2 febbraio il CdM, su proposta del Ministro degli Affari regionali Calderoli, ha approvato all’unanimità il nuovo ddl sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, prevista nel programma elettorale del centro-destra. E’ il completamento, a distanza di vent’anni, della modifica del Titolo V°della Costituzione, operato dal governo Amato nel 2001e dopo i referendum sui preaccordi del 2017 e le Intese sull’autonomia del 2018 delle regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, sottoscritte dal Governo Gentiloni. Sono 10 articoli che riconoscono potere legislativo autonomo alle regioni che lo chiedono sulle materie concorrenti con lo Stato e su tre materie esclusive dello Stato. Tra tutte queste materie oltre all’energia, ai trasporti, ai porti, alla sicurezza, alla ricerca e ad altro ancora c’è anche l’Istruzione. La regionalizzazione dell’Istruzione significherebbe:
-mettere a rischio il diritto allo studio in maniera uguale sul territorio nazionale, con un doppio regime nazionale e regionale
-aumentare l’attuale divario tra Nord e Sud, tra Centro e periferie nelle grandi città, visto che la riforma dovrebbe avvenire a invarianza di spesa e senza oneri aggiuntivi per lo Stato
-l’attuale tasso di dispersione scolastica (media nazionale al 12,7%) è quasi doppio al sud rispetto a al nord ( Lombardia al 11,3%, Sicilia al 21,1%) contro una media europea del 9%.
-i LEP ( livelli essenziali di prestazione, cioè minimi) non sono stati ancora definiti e non garantiscono di poter dare di più a chi ha di meno
-Nei costi dei servizi si dovrebbe passare dall’attuale spesa storica alla spesa standard

Scendendo più nei dettagli sull’Istruzione, le Regioni possono chiedere:
-un organico regionale del personale scolastico, compreso quello dei dirigenti
-reclutamento mediante concorsi regionali
-contratti di lavoro non più nazionali ma regionali, con differenziazioni degli stipendi
-mobilità e trasferimenti solo all’interno della regione, con blocchi interregionali.

Questa Autonomia differenziata che nelle intenzioni dovrebbe avvicinare i centri di spesa ai cittadini, aumentando cosi l’efficienza nelle prestazioni, è basata su di un assunto ideologico mai seriamente e oggettivamente misurato. Come si fa a dimostrare che una prestazione nei servizi, decentrata a livello regionale, sia più efficiente e migliore di una centralizzata a livello nazionale?. Se dobbiamo guardare obiettivamente come sono andate le cose durante la pandemia, dobbiamo prendere atto dei limiti e delle differenze territoriali che ci son state e che non depongono tanto a favore dell’efficienza dimostrata nella gestione dell’emergenza sanitaria, un settore da anni decentrato e di competenza regionale. Intanto, tutte le forze sindacali del comparto Scuola hanno manifestato chi più chi meno, perplessità se non addirittura netta contrarietà al ddl governativo,. Ancor prima che il ddl fosse approvato, dal 10 novembre è stata avviata una raccolta firme per una proposta di legge costituzionale d’iniziativa popolare per cambiare gli art.116 e 117 della Costituzione. Con questo ddl siamo di fronte ad un nuovo “porcellum” che rischia di dividere ancor più un Paese già diviso. Per superare diseguaglianze e differenze tra Nord e Sud, Centro e periferie, occorre investire impegnative risorse, oltre quelle del PNRR, dando a tutte le scuole la possibilità di garantire un’offerta formativa omogenea a livello nazionale, non per dividere ulteriormente ma per unire e rendere il sistema Italia più efficiente ed in linea con gli altri Paesi europei.

Pippo Frisone
Flcgil Legnano

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