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Ikea, l’analfabetismo funzionale e un “NO” categorico

20 Marzo 2015

Buona sera direttore, è interessante l'argomento dell'analfabetismo funzionale sollevato dal sig. Matteo (qui la lettera), perché descrive un perimetro dove poter contenere dialetticamente il tema culturale che sta alla base di un “si” o di un “no” su un qualsiasi argomento.

Quello che trovo poco condivisibile nello scritto del signor Matteo, è la conclusione a cui arriva (essendo chiaramente a favore di IKEA) dove definisce “realtà” la sua e non quella degli altri. Allora occorre partire da un po' più lontano e cominciare a ragionare del perché siamo arrivati a questo punto. Arrivati come “Paese” intendo.

Lo spunto me lo fornisce l'attualità recente, dove ho osservato molte persone scandalizzarsi per la distruzione di monumenti antichi da parte dell'IS. Non so se queste stesse persone abbiamo provato gli stessi sentimenti davanti alla scientifica distruzione del tessuto economico nazionale da parte di sistemi politici non all'altezza (per essere generosi) di governare il “Paese” dell'eccellenza.

La scomparsa inesorabile (tutta italiana) della capacità artigianale e micro imprenditoriale, che nonostante tutto ci pone ancora a modello da studiare nelle migliori università del mondo e da copiare fino alla vergogna, è una distruzione sistematica di una cultura basata sul territorio, sull'economia di vicinato, sulla capacità di distinguere il bello sulla base di principi di qualità complessiva e maestria del lavoro. Questi nostri punti di forza rischiano di sottomettersi intellettualmente al modello piatto dell'economia globalizzata.

Quindi l'analfabetismo funzionale ha radici in questa sistematica rincorsa a tutto ciò' che non ci appartiene, rappresentato a livello Paese dalla mancanza di una decennale politica industriale, agricola e turistica che ha portato allo smantellamento di alcune eccellenze internazionali (vedi l'attualità della F. Tosi, ci ricordiamo poi cos'era la “Chimica” italiana nel mondo? O l'agricoltura solo trent'anni fa con i grandi marchi ormai finiti nelle mani estere?) per diventare "dipendenti" da altri e appiattirsi su culture forse più povere della nostra.

A livello locale è rappresentata da una scarsissima capacità di definire i principi inderogabili su cui programmare il benessere economico di una popolazione e il suo territorio. Questa incapacità “politica” porta a scelte dell'ultimo respiro, quelle dove avendo inaridito ogni possibile alternativa allora ci va bene anche il lavoro precario e la distruzione del bene comune (territorio e piccola economia di vicinato).

Mi vien da chiedere alle persone che corrono in massa all'IKEA piu' vicino: ma lo fate per l'economicità del prodotto? Oppure per il design? Se la risposta anche a solo uno dei due quesiti è SI, allora significa che siamo veramente di fronte proprio all'analfabetismo funzionale poiché non si fa di conto veramente e si reputa il design e la qualità italiana non all'altezza. Ritengo che se c'e' un paese al mondo dove l'IKEA non dovrebbe avere ossigieno per campare sia proprio in Italia, patria del bello e del ben fatto, ma anche questo è con molta probabilità, frutto dell'analfabetismo funzionale.

Per chiudere riprendo la medesima frase del signor Matteo: “Costruire un'analisi che tenga conto anche delle conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, è interpretare la realtà complessa nella quale viviamo” e condividendola appieno, di conseguenza, rispondo con un “NO” categorico.

Marco Liss

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