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“Ma quando ci si ammala di Covid-19 chi ci cura davvero?”

31 Marzo 2020

[pubblicita]  (m. tajè) – Riceviamo e pubblichiamo questa dettagliata testimonianza dei possibili scenari che si possono incontrare in periodo di Covid-19, quando le norme si intrecciano con la burocrazia. Un nodo difficile da sciogliere e che ci fanno pensare su quanto siano poco realistici i dati che vengono diffusi sul contagio, se poi esistono (ed esistono) vicende come quella descritta di persone ammalate alle quali non vengono effettuati adeguati controlli. Sulle domande finali del nostro lettore, non abbiamo risposte. La procedura descritta ci sembra assolutamente corretta nei tempi e nei modi. I suoi dubbi potrebbero essere dissolti solo da fonti ufficiali. Ma se, poi, dovessero incominciare di nuovo a farlo girare da un posto all'altro?


Buonasera, vorrei portare alla vostra attenzione la situazione presente a casa dei miei suoceri a Legnano, per cercare di fare chiarezza fra quanto dicono in televisione e quanto accade realmente alla gente comune.

Tutto ha inizio il 10 di marzo con l’insorgere dei primi sintomi influenzali di mio cognato, un ragazzo di 25 anni, dipendente come tecnico di laboratorio di una casa farmaceutica. Il medico di base, più volte sentito ha smentito che fosse Coronavirus perché non presentava altri sintomi oltre alla febbre alta e mal di gola. Dopo due giorni, contatta, come indicato dagli organi di informazione, il numero verde che rimanda al medico di base. Ci sono voluti due tipi di antibiotici diversi e 12 giorni di febbre alta per riuscire a guarire. Il medico di base non ha ritenuto opportuno prescrivere un tampone per il Coronavirus ( sono loro che devono richiederlo?). 

Sabato 21 marzo ha cominciato mio suocero con i primi sintomi influenzali, febbre alta e tosse forte. Il medico di base ha prescritto un primo antibiotico e successivamente un secondo, visto il peggioramento della situazione. Ancora una volta, sentiti tutti gli organi preposti, nessuno ha pensato di prescrivere un tampone per la verifica della positività o meno al Coronavirus. Mia moglie di sua iniziativa si è premurata di rintracciare una farmacia che avesse disponibile un saturimetro da acquistare per fare monitorare mio suocero.

Lunedì 23 anche mia suocera presenta febbre alta e sintomi influenzali. Anche in questo caso nessuno si prende la responsabilità di verificare l’eventuale positività al Coronavirus.  Giovedì mattina 26 marzo mio cognato decide di chiamare il 112 per mio suocero dopo che ha passato la notte con una saturazione pari a 82. Ricoverato d’urgenza in isolamento all’ospedale di Legnano con polmonite da Coronavirus.

A questo punto ci si aspetterebbe che si metta in moto tutta la procedura di controllo di mio cognato e mia suocera tutt’ora febbricitante. Invece no! Mio cognato, che dovrebbe rientrare a lavoro, si è prodigato chiamando tutti gli organi preposti: ATS, guardia medica, 1500, medico di base. Niente.

Ma tutto quello che ci raccontano in tv tutti i giorni a chi lo fanno? Ho omesso di dire che nell’appartamento a fianco c’è la nonna di mia moglie nonché mamma di mia suocera che ha 91 anni, seguita fino a qualche giorno fa da mia suocera e che deve tuttora essere seguita.

Oggi pomeriggio si presenta al cancello di ingresso la Polizia per verificare se fossero in casa. Ma chi li ha avvisati che non devono uscire? Ma questo non è un caso dove verificare con il tampone un eventuale positività al Coronavirus? Poco dopo vengono contattati dagli assistenti sociali limitandosi a comunicargli che devono stare in casa (per quanto tempo?!?) e devono usare mascherina e quanti per andare in cantina o in garage; per il tampone gli comunicano che deve pensarci il medico di base e fare la richiesta. Sentito il medico di base si vedono negare la richiesta perché non compete a lei fare la richiesta.

Ma allora chi deve decidere? Ma quale è la procedura da seguire? Ma quando potranno uscire? Ma chi lo decide quando? Non so se voi siete in grado di rispondere a tutto questo.

Cordialmente.

Fabio Emilio Franzosi

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