Cecilia Sala: “Sono tornata in Iran per vedere il cambiamento e incontrare le persone che mi erano rimaste nel cuore”
Cecilia Sala e Mario Calabresi hanno inaugurato il festival "Chora Volume 2" con un incontro intitolato "Storie da Teheran"
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Si è aperta ieri a Milano la seconda edizione del Festival di Chora Media, Chora Volume 2. Un evento interamente gratuito pensato per tutte le persone che amano i podcast e le storie che, fino a domenica 23 febbraio, ospiterà panel e spettacoli, momenti di condivisione e scoperta al Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi, in compagnia delle voci più amate di Chora e Will.
Grande attesa per l’incontro di apertura con Mario Calabresi e Cecilia Sala, la giornalista di Chora Media tornata in Italia da poche settimane dopo aver trascorso 21 giorni di ingiusta detenzione nel carcere di Evin, a Teheran, Iran. Ad accoglierla in una sala gremita, un lunghissimo applauso. Visibilmente emozionata, ha ringraziato il suo pubblico per l’affetto e la vicinanza di questi mesi.
La giornalista, che prima dello scorso dicembre era già stata diverse volte in Iran, ha raccontato le motivazioni che l’hanno spinta a tornare: «Oggi in Iran la generazione Z non porta più il velo, un messaggio per dire che “della mia vita e del mio corpo decido io”. I giovani hanno meno paura di divertirsi e di farlo vedere, non si vergognano più del loro stile di vita, e questo è un cambiamento enorme. Vederlo con i miei occhi e incontrare le persone che erano rimaste nel mio cuore e che avevo continuato a sentire online per me era urgente».
Sala ha poi ripercorso le storie di alcuni dei ragazzi incontrati nel corso del suo viaggio, come quella della giovane Diba che nel 2022, l’anno in cui è iniziata la protesta, ha deciso di andarsene di casa senza sposarsi. «Vive in un dormitorio, studia e fa la barista. A causa dell’inflazione si è ritrovata a lavorare sempre di più, per poi guadagnare sempre uguale. Per lei lavorare 14 ore al giorno è l’unico modo per sconfiggere il patriarcato, e deve sempre avere l’equivalente di 2400 dollari in tasca, la multa da pagare dopo che ti avvistano per più volte senza velo».
Nel corso dell’incontro Mario Calabresi, direttore di Chora Media, ha voluto specificare: «Cecilia non è andata in Iran pensando di mettere a rischio la propria vita. È andata perchè le hanno dato un visto, perchè il Ministero degli Esteri aveva aperto l’accesso a una serie di giornalisti stranieri, erano già andati gli americani e i francesi». E poi ha sottolineato: «Ci sono persone che mentre Cecilia era in carcere hanno detto: “Ma uno che cosa va a fare in Iran?”. La risposta è semplice: va a raccontare quello che sta succedendo, perché se il giornalismo non va più nei posti in cui si corrono dei rischi allora diventa puro intrattenimento».
Cecilia Sala a Chora Volume 2 ricorda la sua detenzione
Sala ha poi ripercorso gli attimi prima del suo arresto: «Delle persone, che non avevano nessun distintivo, probabilmente facevano parte del gruppo paramilitare potentissimo che comanda in Iran, hanno bussato alla mia porta e mi hanno incappucciata. Quella sera volevo andare ad una festa e poi sarei andata dritta in aeroporto, ma così non è stato».
«Prima mi hanno portata in quella che io ho pensato fosse una base militare vicino a Teheran, in seguito in una struttura che, dalla quantità di sbarre e controlli interni, ho capito essere Evin», ha raccontato. «Mi interrogavano incappucciata faccia al muro, anche dall’alba al tramonto, mi chiedevano qualsiasi cosa, mi facevano capire che avevano ben presente i luoghi che frequentavo in Italia, sapevano perfino in che piano abitassi. Nel corso degli interrogatori ci sono stati momenti in cui ero molto confusa, dopo quattro giorni senza dormire rischi di perdere il controllo della tua mente e della tua memoria. Il loro scopo è spezzarti».
Sala, che quando ha saputo di essere libera inizialmente non ci credeva, ha ricordato l’ultimo abbraccio con la compagna di cella con cui ha condiviso i suoi ultimi giorni di detenzione: «È stata forse la cosa più difficile che abbia fatto nella mia vita».
La giornalista è oggi tornata al lavoro: nelle scorse settimana è infatti volata a Kiev per intervistare il Presidente Zelensky ma non è voluta andare al fronte. «Per i prossimi mesi farò delle trasferte un po’ diverse da quelle che facevo prima, è giusto così», ha specificato. E infine: «La cosa più bella che mi è successa da quando sono tornata? Quando il mio compagno e mia madre mi hanno rimproverata. In quel momento ho pensato: “Okay è finita, non sono più l’ex prigioniera. È tutto esattamente come lo avevo lasciato”».
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