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Al Castello di Legnano la decima edizione del Festival Fotografico Europeo

Cinque gli autori in mostra al Castello dal 9 aprile; quattro stranieri e un italiano, Roberto Travan, che nel progetto “Slava Ukraini!” documenta la guerra nel Donbass cominciata nel 2014

Festival Europeo Fotografico a Legnano

Il 9 aprile, alle 18, il Castello apre le sue stanze alla decima edizione del Festival Fotografico Europeo, l’iniziativa con la curatela artistica di Claudio Argentiero e che gode del patrocinio di Commissione Europea, Regione Lombardia, Provincia di Varese e delle Amministrazioni comunali di Legnano, Busto Arsizio, Castellanza, Castiglione Olona, Cairate, in partenariato con Istituto Italiano di Fotografia-Milano, 29 Art
Gallery-Milano, con l’apporto tecnico di EPSON Digigraphie Italia e il supporto di FUJIFILM, CITIES a Contemporary View e di gallerie e realtà private.

Galleria fotografica

Festival Europeo Fotografico a Legnano 4 di 5

Cinque saranno gli autori in mostra al Castello; quattro stranieri e un italiano, Roberto Travan, che nel progetto “Slava Ukraini!” documenta la guerra nel Donbass cominciata nel 2014.

Il Festival, dedicato alla fotografia storica, moderna e contemporanea, che spazia dalla fotografia storica al reportage d’autore, dalla fotografia d’arte all’architettura, dalle ricerche creative alla documentazione del territorio si mantiene anche in questa decima edizione fedele al suo taglio interdisciplinare e comprende conferenze, proiezioni, presentazione di libri, workshop e iniziative specifiche per approfondire l’evoluzione del linguaggio fotografico e visivo. In attesa della definizione completa del calendario a Legnano va segnalato, il 19 maggio alle 21, “Ordine sparso”, libere improvvisazioni di Max de Aloe (armonica cromatica e fisarmonica) su foto d’autore proiettate.

CASTELLO VISCONTEO, 9 APRILE – 22 MAGGIO 2022
Orari visita: sabato, domenica e festivi: 10/12.30 – 15/19
Visite guidate gratuite su prenotazione a 0331 47157/578 – e-mail: segr.cultura@legnano.org
Ingresso libero

Di seguito il profilo dei cinque autori in mostra

MARTIN PARR – VIEWS OF THE WORLD

Nato nel 1952 a Epsom, fin da giovanissimo Martin Parr sviluppa una grande passione per la fotografia, alimentata dagli incoraggiamenti del padre, fotografo amatoriale. Poco dopo la laurea al Manchester Polytechnic, nel 1974, espone i primi scatti in una mostra personale alla Impression Gallery di York, intitolata Home Sweet Home. Già in queste prime immagini emergono alcuni dei tratti distintivi della sua poetica, come l’uso della pellicola a colori e del flash per esasperare gli aspetti più singolari e kitsch del quotidiano, elementi che lo renderanno nel giro di pochi anni uno dei protagonisti della cultura fotografica britannica e internazionale. Con uno stile documentario pungente e anticonvenzionale, nel 1994 diventa
membro a pieno titolo di Magnum Photos, rivestendone il ruolo di presidente dal 2013 al 2017. Nel corso della sua carriera Martin Parr ha pubblicato più di 100 libri e il suo lavoro è apparso in mostre personali e collettive nei musei e nelle istituzioni più importanti di tutto il mondo. Sono diverse anche le esposizioni e i libri da lui curati, come i tre fondamentali volumi dedicati all’editoria fotografica pubblicati da Phaidon, a cui ha lavorato insieme a Gerry Badger. Fra i tanti riconoscimenti per il suo contributo in ambito fotografico si contano numerosi premi, tra cui il Sony World Photography Award nel 2017, il premio Erich Salomon nel 2006 e il premio Baume et Mercier nel 2008. Nell’autunno 2017 istituisce la Martin Parr Foundation, con sede a Bristol, che si occupa di gestirne l’archivio, oltre a collezionare e promuovere i lavori di numerosi
artisti che si sono concentrati sulla Gran Bretagna.

REZA KHATIR – LE LUNE DI SATURNO

Reza Khatir è nato nel 1951 a Teheran. Nel 1968 si trasferisce in Inghilterra per proseguire gli studi, nel 1976 interrompe gli studi di scienze dell’alimentazione al Politecnico per dedicarsi interamente alla fotografia. Nel 1977, dopo un soggiorno a Parigi, si trasferisce a Locarno per poi frequentare una scuola di fotografia a Milano. Ha iniziato la sua carriera professionale come fotoreporter lavorando a vari incarichi in Medio Oriente per importanti agenzie e riviste. Dopo numerosi viaggi, che gli hanno offerto una preziosa esperienza, nel 1981 fonda la propria agenzia fotografica (Skylite) a Locarno. Nel 1986 lancia con un amico la rivista FLAIM, edita in Svizzera e successivamente partecipa come editore alla pubblicazione della rivista “CHIAROSCURO” di Milano. Nel 1988 fonda una piccola casa editrice attraverso la quale pubblica diversi libri d’arte e di fotografia. Tra il 1981 e il 1992 ha lavorato esclusivamente con pellicole Polaroid in tutti i formati, e molto spesso con la gigante Polaroid 20×24″(50x60cm). Dal 1979 ad oggi ha condotto ricerche personali spesso legate alla memoria, ha esposto in gallerie e musei di tutto il mondo, pubblicato i suoi lavori in numerose riviste, libri e cataloghi e vinto numerosi premi fotografici internazionali.

EMIL GATAULLIN TOWARDS THE HORIZON

Emil Gataullin nasce nel 1972. Suo padre era un cantante, sua madre un’insegnante di musica. La famiglia si trasferisce nella grande città di Kazan, ma Emil si sente legato al villaggio natale, dove trascorre le vacanze con sua nonna e uno zio. Diplomatosi in pittura monumentale presso l’Istituto d’Arte Surikov di Mosca, studia successivamente fotografia con uno dei principali autori russi, Alexander Lapin, dal 2003 al 2004.
Dalla fine degli anni ’90, Emil lavora per molte riviste come GEO magazine, LFI, Black + White Photography, Schwarzweiss, Russian Reporter. Il suo lavoro fotografico è stato esposto in mostre personali in Germania, Francia, Italia e Russia. Ha vinto numerosi premi tra cui il Monovisions Photography Awards 2017, PhotoVisa 2015, The Alfred Fried Photography Award 2014. Vive attualmente a Korolëv, una cittadina nell’oblast’ di Mosca, a poca distanza dalla capitale. Filo comune del lavoro fotografico di Emil Gataullin è l’interesse per le persone e le interazioni con il luogo in cui vivono. Il suo tema principale è la vita nei villaggi in Russia. Le immagini in bianco e nero, scattate con una fotocamera analogica, una Leica M7 e una Bessa R2a, rendono visibile ciò che gli altri trascurerebbero. Elevano le scene quotidiane in immagini magiche che sembrano fuori dal tempo, avvolte in un incantesimo straordinario. Poesie in bianco e nero che ricordano per stile Henri Cartier-Bresson. Fotografie che sono al contempo documento e poema fotografico. Una dichiarazione d’amore per una Russia e per un mondo che tende a scomparire. Un mondo
bucolico che si basa sulla semplicità e su una relazione vitale con la natura. Il lavoro del fotografo russo Emil Gataullin è rimasto sconosciuto, in Occidente, fino alla vittoria dell’Alfred Friend Photography Award, nel 2014. Grazie al premio, Emil ha pubblicato il libro “Towards the Horizon”, Edition Lammerhuber, nel 2016.

GUSTAVO LACERDA – ALBINOS

La fotofobia causata dall’assenza di melanina li porta a vivere letteralmente nell’ombra. E poiché la fotografia è fondamentalmente svelare anime, ho pensato che sarebbe stata uno stimolo per rivelarli e per portarli in scena come “protagonisti”. Tra il 2009 e il 2014 ho lavorato a questo progetto e ho vissuto quotidianamente una grande sfida: ricercare, individuare e convincere alcune di queste persone a entrare nel mio studio e per
lasciarsi fotografare. Trovo interessante il pensiero della critica di fotografia Lua Morena Cruz su questo progetto: “Nei colori degli albini ritrovo il silenzio. Bellissimi ritratti scolpiti a mano, nessun dettaglio è lì per caso. I vestiti, le persone, il modo in cui posano, gli sfondi decorati con motivi delicati; non sono lì come un elemento critico che alimenta la condizione degli albini come persone diverse; piuttosto, la narrazione
orbita intorno alla bellezza unica che fuoriesce da loro. Quando vedo queste fotografie, sento il bisogno di toccarle, di accarezzarle dolcemente e di annusare la freschezza di ciascuno, emanata dai loro colori. Delicata, come le immagini, è la scelta di indicare solo i nomi senza cognomi. Nomi di persone che ora sembrano così vicine all’artista che con loro ha stabilito una vicinanza intima e preziosa. Gustavo Lacerda è nato e cresciuto a Belo Horizonte, ha conseguito la laurea in Media dell’Università Federale di Minas Gerais (UFMG). Ha vissuto a San Paolo Paulo dal 2000. Ha iniziato a fotografare negli anni ’90 come fotografo di giornali e poi passato alla fotografia pubblicitaria. In tutto questo, ha sempre ha sviluppato i propri progetti autoriali. Lacerda ha ricevuto alcuni premi come il Leone d’Argento a Ioni di Cannes Festival Internazionale della Creatività, D& AD Global Awards a Londra, Medaglia d’oro ai New York Festivals International Advertising Awards, Conrado Wessel Art Award e il Porto Seguro
Photography Award. Alcune delle sue opere fanno ora parte delle collezioni permanenti del Museo d’Arte Paulo (Pirelli/MASP) e FOTOMUSEO a Bogotà (Museo Nazionale di Fotografia in Colombia). Egli è rappresentato da Galleria Catherine Edelman a Chicago (USA) e Arte 57 Gallery a San Paolo Paulo (Brasile). Il lavoro di Lacerda è stato esposto in Brasile, Francia, Germania, Belgio, Spagna, Stati Uniti,
Colombia, Angola, Corea, Singapore e Uzbekistan.

ROBERTO TRAVAN – SLAVA UKRAINI!

Cosa significa vivere in un Paese in guerra da oltre otto anni? Quale futuro è possibile immaginare se la pace e la vita sono costantemente appesi a un filo? Quali sono i sogni, le speranze, i diritti di un popoloprofondamente legato alla sua terra, alla sua cultura, alla sua storia? Parte da queste domande “Slava Ukraini!” (“Gloria all’Ucraina!”, saluto che ben riassume la fierezza degli ucraini) progetto a lungo termine iniziato nel 2015 per raccontare l’occupazione russa del Donbass e della Crimea. Un viaggio attraverso gli occhi di un popolo pacifico costretto a subire un conflitto che è stato sostanzialmente ignorato fino all’invasione su larga scala scatenata da Mosca nei primi mesi del 2022. Un viaggio nella quotidianità dei
civili che non hanno voluto abbandonare i villaggi a ridosso del fronte adattandosi a vivere in condizioni estreme, insopportabili: i bombardamenti, certo, ma anche l’assenza di gas, luce e acqua potabile; sovente anche la penuria di cibo. C’è ovviamente anche lo sguardo dei soldati, spesso giovanissimi, aggrappati ai Kalashnikov nelle ridotte anguste che circondano Donetsk e Lugansk, città conquistate dai russi nel 2014. Non manca un accenno al paesaggio – non importa se quello dei villaggi in rovina o delle pianure incolte e abbandonate – specchio eloquente del cammino distruttivo e travolgente di questa guerra, di qualsiasi guerra. Dal 2014 l’aggressione russa all’Ucraina ha causato oltre quindicimila morti, più di tre milioni di sfollati, immense distruzioni. “Slava Ukraini!”, allora. Ma soprattutto “Heroinam slava!”, “Gloria agli eroi!” – non importa se militari o civili – che continuano a difendere con coraggio la pace e la democrazia in questo estremo lembo di Europa. Roberto Travan, giornalista professionista e fotografo indipendente, dal 2011 documenta conflitti e crisi umanitarie. Ha seguito la missione ISAF in Afghanistan, le tensioni tra serbi e albanesi in Kosovo, gli scontri interreligiosi nella Repubblica Centrafricana. Ha realizzato reportage in Israele, Tunisia e documentato il
conflitto tra Azerbajian e Nagorno-Karabakh culminato nel 2020 nella Guerra dei 44 giorni. Nel 2015 ha iniziato il progetto a lungo termine “Slava Ukraini!” sulla guerra nel Donbass, regione occupata dalla Russia nel 2014 assieme alla penisola della Crimea. A marzo 2022 era in Ucraina durante l’avanzata russa verso Kyiv, la capitale. Autore di mostre in Italia e all’estero, i suoi reportage sono stati in prevalenza pubblicati da
«La Stampa», quotidiano in cui lavora dal 1989.

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Pubblicato il 08 Aprile 2022
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