Ex lavoratori Auchan di Rescaldina vincono il ricorso, ma trovano i licenziamenti al posto del lavoro
Quattro degli otto lavoratori che non avevano accettato l'incentivo all'esodo saranno licenziati nonostante la vittoria del ricorso al tribunale per il reintegro. Tra i lavoratori c'è anche una coppia con figli
Dopo vent’anni di lavoro nell’ex Auchan Rescaldina, sacrifici e lotte sindacali per far valere i propri diritti, quattro lavoratori sono stati licenziati dall’attuale proprietà Conad, nonostante la vittoria del ricorso al tribunale per il reintegro. Non provano rabbia, ma solo esasperazione e preoccupazione per il futuro: «Possibile che una sentenza di reintegro imposta dal giudice possa essere ignorata? Perchè metterci su una strada senza lavoro? Abbiamo tutti 50 anni, per noi è impossibile trovare una nuova occupazione. Ci stanno indirizzando verso la Caritas». Tra i quattro licenziati c’è anche una coppia con figli: lei part-time, lui full-time. Una situazione particolarmente critica: «È una vita che lavoriamo qui. Non abbiamo accettato l’esodo: volevamo solo continuare a lavorare. Adesso ci troviamo entrambi senza occupazione come faremo? Abbiamo figli… potevano almeno tenere in forze uno dei due».
Ma la realtà è proprio questa. Al presidio organizzato nel pomeriggio di oggi (martedì 17 maggio) alle porte della galleria commerciale rescaldinese Fabio Toriello segretario della Filcams Cgil Ticino Olona ha infatti spiegato che a distanza di un mese anziché «far rientrare le lavoratrici e i lavoratori sul loro posto di lavoro, l’azienda ha comunicato ai quattro lavoratori l’avvio della procedura di licenziamento individuale con convocazione al ministero per il giorno 23 maggio».
Per far capire meglio la situazione il sindacalista ha ripercorso la storia di questa lunga vertenza ex Auchan-Conad durante la quale otto dipendenti non avevano accettato l’incentivo all’esodo e sono stati esclusi dalla nuova gestione. «Nel corso della trattativa – spiega Toriello – per il trasferimento dei 300 dipendenti impiegati all’epoca nella ex Auchan, solo 200 ebbero la “fortuna” di passare alla nuova proprietà dal primo ottobre 2020. A differenza dei lavoratori che scelsero di aderire al piano di incentivazione all’esodo proposto dalla subentrante, ed accettato solo dalla Cisl e non dalla Cgil, otto di questi (tra cui una coppia di coniugi con due figli a carico), non vedendosi riconoscere il diritto al passaggio decisero, sostenuti dalla federazione della CGIL territoriale, di impugnare la mancata ricollocazione verso il nuovo player commerciale».
A distanza di 16 mesi il giudice ha dato loro ragione. La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio (emessa il 15 febbraio) infatti, ha «sancito sancito l’illegittimità della scelta aziendale praticata in sede di accordo sindacale non sottoscritto dalla CGIL – precisa Toriello – riconoscendo ai lavoratori il diritto dell’immediata reintegrazione sul posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni arretrate a decorrere dal 1 ottobre 2020 ad oggi». Con lettera del 31 marzo, a distanza di un mese e mezzo dalla sentenza e dopo diversi solleciti fatti dalla Filcams CGIL, l’azienda si è «riservata di fare delle verifiche tecniche organizzative al fine di effettuare un positivo inserimento nell’attuale punto vendita, mettendo i lavoratori e le lavoratrici in aspettativa retribuita con esonero integrale dalla prestazione lavorativa». In questi giorni è però arrivato il fulmine a ciel sereno: «L’azienda ha deciso di effettuare un licenziamento individuale e non collettivo, procedendo contro quando stabilito dal giudice – commenta Toriello -. E ci aspettiamo altri licenziamenti individuali fra 120 giorni. Riteniamo pretestuoso e inaccettabile l’atteggiamento perpetrato della società NTC8 (consorziata CONAD) e chiediamo, con effetto immediato, il ritiro dei licenziamenti affinché in primis venga rispettato quanto stabilito dal Giudice e in secondo luogo che venga ristabilito il diritto al lavoro che sino ad oggi è stato loro negato». Impugnando le bandiere della Cgil i lavoratori coinvolti hanno ribadito «Il lavoro è dignità: non ci rinunceremo».
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