Crisi Teva: nessun passo indietro dall’azienda, la vertenza va a Roma
I sindacati convinti che la produzione di vaccini anti Covid -19 sia la soluzione ottimale per risolvere la situazione. Ma potrebbe anche esserci la possibilità di una cessione del sito produttivo
Nessuna marcia indietro da parte del gruppo israeliano Teva che, al tavolo di Assolombarda, ha confermato di voler lasciare il presidio produttivo di Nerviano entro luglio 2022. I sindacati, però, continuano a chiedere la possibilità di sviluppare la produzione di vaccini anti Covid-19 e salvare così l’azienda.
All’incontro svoltosi nei giorni scorsi, che ha visto la partecipazione delle rappresentanze sindacali locali e nazionali, non è emersa alcuna sicurezza per i 360 lavoratori coinvolti. Quindi, resta la cassa integrazione straordinaria. In settimana, la vertenza arriverà al tavolo ministeriale a Roma. Quest’incontro sarà decisivo per capire gli sviluppi futuri.
«L’azienda non intende rivedere la sua posizione: vuole mantenere il sito in condizioni ottimali per la vendita e nel contempo è pronta ad avviare la cassa integrazione straordinaria – spiega Francesco Restieri segretario della Filctem Cigil Ticino Olona -. La discussione sugli ammortizzatori sociali è stata volutamente lasciata in sospeso in attesa del tavolo ministeriale. Siamo fermamente convinti che la chiusura comporterebbe una grave crisi per tutta la zona. Ci auguriamo che il Ministero intervenga per tutelare i lavoratori. Noi crediamo che, vista la natura del sito di Nerviano, la produzione di vaccini anti Covid-19 sia la soluzione ottimale per risolvere la situazione».
«Secondo quanto riportato da Assolombarda, è stato eseguito un primo sondaggio per verificare l’appetibilità del sito di Nerviano ed è emerso un possibile interessamento al suo acquisto- spiega da parte sua Nunzio Dall’Orco della segreteria della Uiltec -. Ma non c’è ancora niente di concreto. Restiamo fiduciosi nell’incontro al Mise, la cui data ci dovrà essere comunicata a breve».
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