Attivazione di un centro Sprar, i motivi dell’amministrazione
L'assessore Borroni spiega i motivi che hanno portato l'amministrazione ad avviare un percorso di accoglienza
“Di fronte al fenomeno migratorio vi sono due possibili scelte. Una è quella di far finta che non esista il fenomeno, cercare di rimuoverlo, di cancellarlo, illudendosi che per far questo basti un divieto d'ingresso, una legge o qualche barriera sui confini, senza rendersi conto che si tratta di un fenomeno epocale, di dimensioni crescenti, dove i rifugiati si affiancano a coloro che fuggono da condizioni di vita insostenibili. L'altra alternativa è affrontare il fenomeno migratorio con senso di realtà e di responsabilità, governandolo in maniera solidale, intelligente e consentendo di regolarlo con ordine e in sicurezza.
Ma occorre fare la scelta fra queste alternative.
(Mattarella-giornata mondiale del rifugiato 2016).
Questo intervento del presidente Mattarella, in occasione della giornata mondiale del rifugiato, che ricorre il 20 giugno di ogni anno, riassume in breve le motivazioni che hanno portato l'amministrazione di Castellanza a scegliere di avviare il percorso per presentare la richiesta di finanziamento per l’attivazione di un Centro SPRAR sul territorio.
Di seguito l'intervento dell'assessore ai servizi sociali, Cristina Borroni, durante l'incontro al teatro di via Dante, "Una città accogliente"
Perché questo fenomeno non è temporaneo e la sua gestione non si può esaurire nell'accoglienza basata sul logiche emergenziali. Lo sforzo che abbiamo fatto in questi mesi è stato quello di riflettere su come gestire nel lungo periodo un'integrazione non facile.
Questa nostra riflessione è iniziata a luglio 2016, quando ad un mese dal nostro insediamento siamo stati per la prima volta convocati da Prefetto, che invitava i comuni del territorio ad offrire spazi di accoglienza emergenziali, tipo palestre, stabili vuoti, per poter far fronte al continuo arrivo di richiedenti asilo nella nostra Provincia.
Poiché siamo convinti che solo, con il contributo da parte di molti si ottengono risultati anche a livello politico e che una democrazia funzionante ha bisogno di una cittadinanza consapevole, attiva, impegnata, abbiamo iniziato, insieme ai nostri tecnici, un percorso di conoscenza e formazione sul fenomeno dei richiedenti asilo e sulle leggi che regolano il sistema di accoglienza in Italia.
E’ fondamentale analizzare come funziona il sistema di accoglienza in Italia, su quali strutture si regge e quali sono i suoi problemi. E in tutto questo, va tenuta sempre presente una cosa: che il diritto all’accoglienza è prescritto dal diritto internazionale, da quello europeo e dalla Costituzione Italiana
Articolo 10 della Costituzione
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
A seconda della condizione che viene riconosciuta all’arrivo, i migranti vengono trasferiti in due tipologie di centri: centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) sostituiti o affiancati dai cosiddetti regional hub e centri di identificazione ed espulsione (CIE). Nei CIE viene inviato chi non fa richiesta di protezione internazionale o chi non ne ha i requisiti e che, dopo una serie di accertamenti, riceverà un decreto di respingimento. Nei CARA o negli hub regionali (che sono dunque dei centri di transito gestiti dalle prefetture) viene invece trasferito chi ha fatto richiesta di protezione e ne ha i requisiti.
Una volta uscito dal percorso di prima accoglienza e formalizzata la domanda di richiesta di protezione, il migrante resta in attesa che questo suo status giuridico gli venga riconosciuto oppure no. A questo punto parte la cosiddetta “seconda accoglienza”.
La decisione sulla domanda di protezione internazionale spetta alle Commissioni territoriali per il Riconoscimento della Protezione Internazionale.
La Commissione potrebbe decidere di respingere la domanda (ed è previsto che il migrante possa presentare ricorso) o potrebbe invece accoglierla: se la Commissione riconoscerà il diritto d’asilo e il migrante come un “rifugiato” gli rilascerà un permesso della durata di cinque anni. Esistono poi altre due forme di protezione internazionale, la protezione sussidiaria (concessa a chi rischia di subire un danno grave nel caso di rientro nel proprio paese) e la protezione per motivi umanitari. La prima dura cinque anni, la seconda due, ed entrambe sono rinnovabili. Chi ottiene una qualsiasi di queste tre forme di protezione internazionale va considerato per legge con gli stessi diritti di un cittadino italiano.
Il decreto legislativo del 18 agosto 2015 (che attua a sua volta una direttiva europea) dice anche che durante questo tempo di attesa «al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda»
In attesa che il loro caso venga esaminato dalle Commissioni i migranti hanno diritto di entrare nel sistema di seconda accoglienza che attualmente prevede due forme: il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) e i Centri di accoglienza straordinari (CAS).
Prima precisazione: in questi Centri di Accoglienza entrano solo persone che hanno presentato richiesta d’asilo o che hanno già ottenuto lo Status di rifugiato.
La convenzione di Ginevra del 1951 definisce lo status di rifugiato, che viene riconosciuto a quelle persone che non possono tornare a casa perché sarebbe troppo pericoloso e hanno bisogno di trovare protezione altrove. Nella Convenzione si legge che il rifugiato è colui che “nel giustificato timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può, o per tale timore non vuole, domandare la protezione di detto Stato”.
Il richiedente asilo è una persona che, avendo lasciato il proprio Paese, chiede il riconoscimento dello status di rifugiato o di altre forme di protezione internazionale ed è in attesa di decisione da parte delle autorità competenti.
Il sistema SPRAR istituito dalla legge 189 del 2002, si basa sulla partecipazione volontaria degli enti locali e sulla loro collaborazione. In qualsiasi momento dell’anno può essere presentata sul portale del Ministero dell’Interno, la domanda per l’accesso alla rete SPRAR e la richiesta di finanziamento e la valutazione delle domande avviene in due momenti dell’anno. Quelle presentate entro il 31 marzo vengono valutate entro il 1 luglio, quelle presentate entro il 30 settembre vengono valutate entro il 1 gennaio dell’anno successivo. Presentare domanda, non significa matematicamente che il progetto venga approvato.
Gli interventi che devono essere fatti all’interno dei progetti SPRAR sono definiti da apposite linee guida, L’obiettivo dello SPRAR è quello di realizzare percorsi di accoglienza integrata, con un forte protagonismo dei singoli contesti territoriali. Accoglienza integrata significa offrire interventi di accoglienza materiale, servizi alla persona, orientamento legale, percorsi individuali di inserimento. Deve prevedere minimo 10 posti di accoglienza e svilupparsi in modo diffuso sul territorio in centri ridotti, appartamenti e strutture di piccole dimensioni.
Per la co-progettazione a l’attuazione dello Sprar, l’Ente Locale può avvalersi di uno o più enti, selezionati attraverso procedure che rispettano la normativa. Tali enti devono che devono avere caratteristiche ben precise e possedere una pluriennale e consecutiva esperienza nella presa in carico di richiedenti/titolari di protezione internazionale, comprovata da attività e servizi in essere.
Il Ministero dell’interno eroga il 95% delle risorse economiche necessarie per la realizzazione delle misure di accoglienza previste nello SPRAR. L’ente locale partecipa solo con il 5% di cofinanziamento che non deve essere necessariamente in denaro, ma può consistere nella valorizzazione di beni, di servizi e personale.
Per spiegare le motivazioni che ci hanno portato a fare la scelta per la progettazione di un centro SPRAR occorre spiegare in breve cosa sono e come sono strutturati i CAS.
I Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) sono nati in contesti straordinari per l’insufficienza di posti nel sistema SPRAR. Sono strutture varie, possono essere degli alberghi o ex alberghi, e sono affidate in gestione ai soggetti più diversi: attività del terzo settore e imprenditori privati o società in collaborazione tra loro che partecipano a un bando delle prefetture locali o che dalle prefetture locali ricevono un affidamento diretto. Questo significa che c’è una relazione diretta tra la prefettura e gli enti gestori o le cooperative e che non è necessario il coinvolgimento degli enti locali. I CAS sono definiti dal ministero dell’Interno “strutture temporanee” e il decreto numero 142 dell’agosto 2015 dice che devono soddisfare le «esigenze essenziali» di accoglienza. Il decreto dice anche che l’accoglienza in questi tipi di strutture «è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture di cui all’articolo 9», cioè negli SPRAR.
SPRAR e CAS hanno logiche differenti di finanziamento. Gli SPRAR sono cofinanziati in piccola parte dagli enti locali ( al 5 per cento, come abbiamo visto) e per il 95% attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA), un fondo ordinario che prevede specifiche risorse iscritte nel bilancio di previsione del ministero dell’Interno, donazioni di privati ed enti, e le assegnazioni annuali dei fondi europei. Il sistema di finanziamento si basa sulla rendicontazione e c’è un manuale che indica molto precisamente come farla. Il passaggio dei finanziamenti tra il Fondo e chi gestisce gli SPRAR avviene attraverso gli enti locali. Le risorse per gli SPRAR, vengono assegnate ai progetti nel loro insieme e dunque non sono direttamente legate al numero di persone accolte. Nei Cas i finanziamenti vengono stabiliti in base al numero delle persone accolte e vanno direttamente ai Privati che partecipano ai Bandi emanati dalle Prefetture
Moltissimi CAS e pochi SPRAR
I CAS (cioè i centri nati in contesti straordinari per insufficienza di posti negli SPRAR) sono diventati con il tempo le strutture principali dell’accoglienza in Italia. Secondo i dati aggiornati ad agosto 2016 il sistema di accoglienza è così strutturato:
Su oltre 145 mila migranti, oltre 111 mila si trovavano nelle strutture temporanee presenti in Italia che erano 4.967. E cioè: oltre il 76 per cento delle persone che rientrano nei circuiti dell’accoglienza vive in strutture che dovrebbero essere “straordinarie”.
Ministero dell’Interno e Anci da un anno a questa parte insistono soprattutto sugli SPRAR, sottolineando che è il sistema «destinato a diventare il modello di riferimento nazionale» e che l’esperienza degli ultimi anni «ha fatto emergere diversi punti di forza di questo sistema»: coinvolgimento dei territori, accoglienza integrata, integrazione linguistica, tutela sanitaria, psicologica, legale, nascita di «professionalità sull’asilo che in Italia erano quasi sconosciute». Si descrivono e si analizzano anche gli effetti indiretti positivi sul territorio e comunque non negativi («non emergono elementi a favore del fatto che la presenza di posti SPRAR si accompagni ad una maggiore frequenza di reati»).
Il ministero racconta diverse iniziative positive: a Bergamo i richiedenti dello SPRAR partecipano alla cura della città con l’orto botanico e a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, alcuni richiedenti hanno organizzato dei corsi di inglese per gli abitanti del paese. Stefano Catone (consigliere comunale di minoranza a Solbiate Olona) – ha pubblicato un libro intitolato “Nessun paese è un’isola”, dove ha riportato un lavoro molto documentato sul sistema dell’accoglienza SPRAR e dei suoi risultati positivi
Nei CAS le cose potrebbero andare come dovrebbero, oppure no
I CAS sono diventati nel tempo centri di vera e propria accoglienza per niente temporanea e il cui modello si espone al pericolo di una cattiva gestione economica e di un’accoglienza non garantita. Per chi entra in Italia nel sistema di seconda accoglienza, dunque, le cose potrebbero andare bene o potrebbero andare molto male a seconda del centro in cui sarà trasferito e soprattutto a seconda della buona volontà di chi lo gestisce. Che potrà usare “bene” la quota dei finanziamenti, guadagnare il giusto e dare lavoro, oppure no.
Molte associazioni rilevano che non esiste un elenco pubblico aggiornato di tali strutture e che non è facile avere informazioni su dove si trovino o su chi le gestisca. Alcuni enti gestori o cooperative responsabili hanno negato qualsiasi tipo di contatto rifiutandosi di dare informazioni anche solo sul numero delle persone accolte, o di consentire l’accesso alle strutture.
Per i CAS, poi, sono più complicate le verifiche e non è semplice riuscire a capire quali siano i vincoli di rendicontazione sui finanziamenti che ricevono che avvengono soprattutto su una base quantitativa. Ci sono molte testimonianze di esperienze virtuose (Gori, sindaco di Bergamo, racconta ad esempio di una costante collaborazione tra comune, prefettura, CAS e Caritas che li gestisce e dunque di centri che funzionano molto bene), ma altre strutture sono state denunciate come non adatte all’accoglienza e sono state coinvolte in vicende giudiziarie («Gli immigrati rendono più della droga»).
Non sono solamente alcune associazioni a denunciare i rischi di questa situazione e di questo modello: nel report di ottobre 2015 del ministero dell’Interno si dice che «dall’inevitabile necessario ricorso alle strutture temporanee derivano problematiche legate al monitoraggio degli standard di accoglienza, fino alla gestione dei possibili conflitti con le comunità locali». Si dice che l’obiettivo è aumentare e incentivare i comuni a partecipare alla rete SPRAR.
A tutto questo si aggiunge il fatto che i CAS possono creare dei problemi con gli enti locali in cui vengono attivati, portando a situazioni di scontro e di disagio con sindaci, non coinvolti nelle assegnazioni alcuni sindaci raccontano di essersi ritrovati in paese queste strutture dalla sera alla mattina. Ma va detto che in molti casi probabilmente quegli stessi sindaci non hanno scelto la soluzione alternativa a una questione comunque non evitabile: non hanno cioè aderito volontariamente al sistema più controllato degli SPRAR, potenzialmente meno rischioso, e che li avrebbe coinvolti in senso positivo. Spesso infatti le prefetture si trovano di fronte a una tenace indisponibilità da parte degli enti locali, a dover trovare dei posti disponibili nel più breve tempo possibile e, dunque, a dover in qualche modo “imporre” una soluzione.
Ma allora: perché gli enti locali faticano ad aderire alla rete SPRAR?
La sproporzione numerica che esiste oggi tra i due circuiti di seconda accoglienza dimostra che gli enti locali che decidono di non aderire al progetto SPRAR sono molti: uno dei motivi potrebbe essere rappresentato dalla necessità del cofinanziamento che solo dall’agosto del 2016 è stato fissato nei termini del 5 % da parte dell’ente stesso e dal fatto che i primi bandi avevano criteri molto rigidi. Ora questi problemi sono stati in parte risolti perché un progetto Sprar è finanziato per il 95 % dal Servizio Centrale. Ma questa situazione si incastra, o si è incastrata finora perfettamente, con il fatto che per un privato, invece che una voce di spesa, l’attivazione di un CAS può essere fonte di guadagno. Che può essere relativamente basso se i servizi offerti sono adeguati, alto se invece non lo sono.
Alla base della scelta di molti enti locali di sottrarsi all’accoglienza attraverso l’apertura di uno SPRAR c’è probabilmente anche il timore di dover pagare un prezzo politico troppo alto nella consapevolezza che, comunque, esiste un sistema alternativo basato sull’iniziativa privata: sistema deresponsabilizzante, che gli amministratori eletti possono sostenere di avere subìto presso i propri elettori, che invece li possono accusare di un consenso attivo nella scelta dello SPRAR.
Ecco dunque perché riteniamo che la scelta di accedere allo SPRAR sia da privilegiare, rispetto ad altre.
Protagonismo forte dei comuni rispetto ad altre forme di accoglienza
Clausola di Salvaguardia: Direttiva del Ministero dell’Interno dell’11 ottobre 2016: i comuni che aderiscono allo SPRAR sono esenti dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza
Ottimizzazione delle risorse economiche secondo una logica di rafforzamento del Welfare Locale
Afflusso di risorse per un corretto sviluppo della locale “economia dell’accoglienza”
Opportunità di prospettive e di crescita del territorio sul piano culturale, del mercato del lavoro, dello sviluppo di impresa
Pur senza misconoscere le problematiche e, spesso, i drammi e le tragedie delle migrazioni, come pure le difficoltà connesse all’accoglienza dignitosa di queste persone occorre sempre tenere presente che ognuno è prezioso, le persone sono più importanti delle cose e il valore di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la vita e la dignità dell’essere umano, soprattutto in condizioni di vulnerabilità
Resta poi fondamentale l’adozione di adeguate procedure nazionali e di piani di cooperazione concordati tra i Paesi d’origine e quelli d’accoglienza, ed è assolutamente necessario, pertanto, affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni. Questo esige, come primo passo, l’impegno dell’intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga. Inoltre, si impone una visione lungimirante, capace di prevedere programmi adeguati per le aree colpite da più gravi ingiustizie e instabilità, affinché a tutti sia garantito l’accesso allo sviluppo.
Sui temi dell'accoglienza dei migranti e dei rifugiati i Comuni e quindi anche Castellanza, si trovano ad essere in prima fila
Il fenomeno migratorio, per le sue inedite dimensioni, sta facendo emergere forti criticità nel tessuto di molte realtà locali.
Soccorrere chi fugge dalla violenza e chiede asilo, trattare con senso di umanità chi è disperato, indipendentemente dalla sua nazionalità, sono segni di civiltà irrinunciabili.
I timori e le preoccupazioni dei cittadini vanno rispettati e presi sul serio: alla nostra capacità organizzativa il compito di tenere insieme solidarietà e sicurezza, umanità e legalità.
La scelta di questa amministrazione di avviare il percorso di progettazione per aderire alla rete SPRAR, che propone il modello dell’accoglienza diffusa, va proprio in questa direzione. Vogliamo essere responsabili e protagonisti di scelte che permettano la gestione del fenomeno e che creino percorsi di integrazione. Non vogliamo correre il rischio di subire scelte fatte da altri e che rispondono a logiche emergenziali , o addirittura di profitto e guadagno sulla pelle delle persone.
Come possiamo chiedere ai nostri cittadini di partecipare attivamente e responsabilmente alla vita della nostra comunità se noi amministratori, per primi, voltiamo lo sguardo dall’altra parte? Il nostro compito è quello di contribuire alla soluzione dei problemi del nostro territorio e intendiamo assumerci tutte le responsabilità che ne derivano.
Noi siamo a questo punto del percorso, usciremo a brevissimo con un bando per la selezione dell’ Ente o degli Enti, con cui avviare la co-progettazione. Il lavoro di progettazione richiederà tempo e siamo disponibili fin da ora ad incontrare tutti quelli che volessero ulteriori informazioni sulla rete SPRAR e ad accogliere il contributo di quelli che vorranno collaborare. Dovremmo giungere alla definizione del progetto e del piano finanziario entro settembre, per cui la valutazione dovrebbe avvenire entro gennaio 2018.
Intervento assessore Cristina Borroni sul tema dell'accoglienza
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