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Accam, M5S: Busto ripensi ad ospitare la Fabbrica dei Materiali

Lo chiede il movimento a 5 Stelle di Busto Arsizio in vista dell'assemblea del 9 ottobre...

Il Movimento 5 stelle di Busto Arsizio,  tiene a riassumere la sua posizione sull’inceneritore Accam, dopo l'incontro informale con il sindaco Gigi Farioli


Abbiamo in più occasioni spinto e sollecitato la riconversione dell’inceneritore in fabbrica dei materiali e al momento della votazione dei soci, il 2 marzo scorso, abbiamo finalmente sperato in un futuro diverso per il nostro territorio. Un futuro dove i rifiuti non sarebbero più stati visti come un problema di difficile gestione, un compromesso tra necessità e salute, ma una risorsa che, se ben gestita ( ad esempio: aumentando e migliorando la differenziata, creando un sistema di raccolta eterogeneo su tutto il territorio e informando i cittadini sull’importanza di una corretta separazione dei rifiuti ) avrebbe portato l’Altomilanese all’avanguardia in questo settore.

La realizzazione di un impianto come la fabbrica dei materiali è un’opportunità per il territorio, perché investendo una cifra decisamente inferiore rispetto al revamping di un inceneritore e al suo mantenimento, permette di recuperare materiale che può essere rivenduto e, quando la raccolta differenziata diventa spinta e c’è meno materiale da recuperare, può gestire maggiormente la parte di differenziata che necessita di una scrematura per poter rivendere materiali più puri a prezzi maggiori.

Il futuro di questo tipo di impianto non è quindi vincolato a un quantitativo in ingresso predeterminato di rifiuti, ma si parla di impianto flessibile. Impianti di questo tipo, come ad esempio quello di Sesa ad Este, che molti amministratori del consorzio hanno avuto modo di visitare lo scorso settembre 2014, sono oggetto di continue visite anche di delegazioni internazionali, perché il futuro è lì. L’economia circolare a cui tanto aspiriamo passa da lì.

Dicevamo però… sperato perché i fatti, come sappiamo, stanno ora prendendo risvolti diversi e imprevedibili.

Da un lato il decreto sblocca italia e la riclassificazione in R1 dell’inceneritore che sembrano voler adombrare le decisioni del territorio.

Dall’altro il problema finanziario imminente della società, a lungo taciuto, che non consente un ragionamento sereno sulla progressiva dismissione dell’impianto e sulla sua riconversione.

E poi una terza questione che, dobbiamo sottolineare, dipende dal solo comune di Busto Arsizio. La concessione del terreno. L’indisponibilità a concedere il terreno per la realizzazione dell’impianto di recupero dei materiali (la cosiddetta fabbrica dei materiai) non facilita questa delicata fase nella quale viene richiesto all’azienda di fare un piano industriale (ma su quale prospettiva se non si sa in quale sito sarà ubicato l’impianto?) e, allo stesso modo una disponibilità del terreno, ma solo per i tempi necessari alla bonifica (ad esempio 2025) non è per nulla un aiuto alla scelta del 2 marzo perché:

1 – l’AIA è una autorizzazione sito dipendente. Quindi passare da un inceneritore a una fabbrica dei materiali sullo stesso sito si potrebbe fare chiedendo una variante all’AIA, spostare l’azienda invece vuole anche dire richiedere tutte le autorizzazioni da nuovo e, come ha poco velatamente fatto intendere il dirigente della Regione, Dario Sciunnach, in conferenza dei servizi, non è detto che la Regione la conceda.

2 – se nel frattempo l’azienda va incontro al fallimento, proprio perché non si trova una alternativa industriale potrebbe generarsi una situazione imprevedibile sia per i costi che per i dipendenti. Oppure, peggio ancora, essere oggetto di offerte da parte di altri gestori i quali hanno come unico interesse l’ottenimento del monopolio e ai quali nulla interessa dello stato di salute dei residenti, o delle scelte del territorio.

A questo punto, in vista della prossima assemblea del 9 ottobre, esaminate tutte le incognite e i rischi ai quali si va incontro, chiediamo che il Comune di Busto ripensi alla possibilità di realizzare una fabbrica dei materiali nello stesso sito di Accam, definendo però contemporaneamente anche tempi rapidi per lo spegnimento dell’impianto; oppure voti per la chiusura immediata dello stesso, dando mandato ad Accam di appaltare i rifiuti esternamente per il tempo necessario alla realizzazione della fabbrica dei materiali in altro sito, in modo che il minor costo di smaltimento possa, già dai primi mesi dell’anno prossimo, costituire un fondo cassa per ripianare i debiti dell’azienda evitandone il fallimento. 

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 06 Ottobre 2015
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