Il dossier sui laghi lombardi di Legambiente: “Siccità aumenta le concentrazioni di batteri da mancata depurazione”
Il Lago Maggiore, il cui bacino ha ricevuto un discreto contributo di piogge estive, conserva il 25% di acqua disponibile per la regolazione della portata effluente nel Ticino
Il perdurare della crisi idrica che sta investendo tutto il nord Italia ha ripercussioni drammatiche sullo stato di salute dei laghi e dei fiumi che attraversano la nostra regione. A rilevarlo è il dossier 2022 Laghi di Lombardia redatto da Legambiente Lombardia che raccoglie i risultati dei monitoraggi effettuati della campagna Goletta dei Laghi in relazione con i dati delle portate d’acqua dei bacini.
La riduzione di acqua piovana nei primi sei mesi del 2022 è stata sensibile: si calcola un deficit idrico superiore al 40% secondo i dati ARPA, che si traduce in un’assenza di apporto d’acqua nei laghi pari a oltre 5 miliardi di metri cubi da inizio anno. La situazione è resa più grave per l’assenza di rifornimento dei fiumi da parte dei bacini alpini, che in questo periodo dovrebbero beneficiare ancora delle acque del disgelo: la neve quest’anno è scomparsa con oltre un mese e mezzo di anticipo, anche alle quote più alte, e con il caldo che spinge lo zero termico ad altitudini superiori ai 4000 metri, ciò che sta fondendo sono le nevi e i ghiacci che un tempo definivamo ‘perenni’.
Già da oltre un mese gran parte delle portate residue che ancora alimentano i laghi prealpini è formata dalle acque di fusione provenienti dalle quote dei ghiacciai, risorsa che sta pagando un pesante tributo in termini di perdita di accumulo glaciologico non rinnovabile, motivando preoccupazioni che riguardano non solo il prosieguo dell’estate ma anche la gravità crescente delle crisi idriche nei prossimi anni, nei quali il patrimonio idrico dei ghiacciai alpini risulterà, progressivamente, sempre più dilapidato.
Dei grandi laghi, il Garda è l’unico che dispone ancora di oltre il 40% del suo volume di invaso, mentre il Lago Maggiore, il cui bacino ha ricevuto un discreto contributo di piogge estive, conserva il 25% di acqua disponibile per la regolazione della portata effluente nel Ticino. Da inizio anno, secondo le misure degli Enti Regolatori dei laghi, alla contabilità idrica del Verbano sono mancati quasi 2.900 milioni di mc di afflussi, mentre ne sono mancati oltre 500 milioni al Sebino, 165 milioni all’Eridio e oltre 500 milioni al Benaco. Il lago di Como è al minimo storico del periodo per quanto riguarda il livello dell’acqua e non ha più alcuna capacità di invaso, poiché il suo livello si è ormai stabilizzato al minimo di regolazione. L’unica acqua disponibile negli invasi del bacino del Lario, ghiacciai a parte, è quella delle dighe montane, piene al 32% nei laghi della porzione italiana, e al 60% nelle valli svizzere tributarie di Adda e Mera. Nel bacino, mentre l’invaso regolato del lago di Como è a zero, gli invasi montani trattengono ancora quasi 200 essenziali milioni di mc di acqua, dal cui rilascio dipenderà la conclusione della stagione irrigua nella pianura bagnata dalle acque dell’Adda.
«A farne le spese di questa condizione anomala sono in primo luogo i laghi prealpini, che funzionano da enorme serbatoio, il cui rilascio è gestito dagli enti regolatori che manovrano le dighe degli emissari modulando la portata dei grandi fiumi: Ticino, Adda, Oglio, Chiese e Mincio, per rispondere ai fabbisogni dei grandi utilizzatori idrici e in particolare dei consorzi irrigui – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Le acque dei bacini idroelettrici montani sono ben al di sotto della loro capacità. Ma è un’acqua preziosa i cui rilasci vanno gestiti con grande attenzione, perché siccità e caldo potrebbero presto rendere critica l’alimentazione della rete elettrica. Non è dunque per nulla facile scegliere di regolare lo svuotamento delle dighe per fare arrivare a valle l’acqua necessaria all’agricoltura o per sostenere gli ecosistemi fluviali. Stiamo già assistendo a conseguenze nefaste di questa situazione: concentrazione di inquinanti, eutrofizzazione e surriscaldamento dell’acqua che, con il procedere della stagione, rischiano di determinare morie generalizzate della fauna ittica».
La carenza di acqua ha portato in alcuni punti individuati dai monitoraggi di Goletta dei laghi una concentrazione più elevata di batteri fecali, indice di una mancata depurazione dei reflui urbani, in particolare nei pressi di foci di torrenti o in prossimità di canali scolmatori, come nel caso del lago di Como, che in questa estate è il bacino in maggior sofferenza sotto questo punto di vista. Dalle analisi dei campioni prelevati dai tecnici di Legambiente, risultano “fortemente inquinati” la foce del torrente Cosia, accanto al monumento di Alessandro Volta, luogo spesso scelto dai cittadini per la balneazione. Lo stesso vale per il torrente Albano a Cosio, il torrente Esino a Perledo, il Meria a Mandello del Lario, che negli anni scorsi rientravano nei limiti di legge, mentre “inquinato” è risultato il canale Borgo Francone a Colico.
In 17 anni di campagna attraverso i laghi, Goletta ha spesso denunciato che le cause principali dell’inquinamento dei bacini lacustri riguardano i servizi di fognatura e depurazione, le cui prestazioni rimangono ben lontane dagli obiettivi previsti dalla normativa ambientale europea. La mancanza di infrastrutture o l’inadeguatezza delle tecnologie per la depurazione coinvolge anche i laghi, ricevendo questi ultimi, acque contaminate da batteri fecali spesso provenienti dai comuni dell’entroterra.
A conferma del grave deficit del sistema depurativo, l’Unione europea ha aperto per l’Italia, a partire dal 2009, tre procedure d’infrazione per il mancato rispetto della direttiva europea 1991/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane.
La stima di Regione Lombardia delle risorse necessarie per portare in conformità gli agglomerati in procedura di infrazione ad oggi è stimata a circa 435 milioni di euro.
Non solo inquinamento microbiologico da mancata depurazione. Le acque interne soffrono della presenza crescente di microplastiche, come dimostrano le analisi condotte dal 2016 al 2021 dalla campagna Goletta dei Laghi. Per sensibilizzare sulla salvaguardia dello stato ecologico dei laghi, grazie ad un percorso partecipativo che ha coinvolto stakeholders pubblici e privati (enti, operatori economici, associazioni e cittadini) nell’ambito del progetto europeo LIFE Blue Lakes è stato redatto un Manifesto del lago che ogni amministrazione locale potrà sottoscrivere. L’obiettivo del documento è adottare una serie di misure volte a ridurre la presenza e gli impatti delle microplastiche. Un’attività di scambio internazionale importante, soprattutto dopo l’entrata in vigore, il 12 gennaio 2021, della nuova direttiva UE sull’acqua potabile che impone l’estensione del monitoraggio sulla qualità delle acque anche ai bacini lacustri e contempla la ricerca dei cosiddetti inquinanti emergenti, tra cui proprio le micro particelle di materiali plastici.
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