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«Con la mia “faccia da uomo” oggi sfilo in passerella»: la storia di bullismo e riscatto di Valentina

Valentina Giacalone, ex studentessa di una scuola superiore della zona, ha portato la sua testimonianza al convegno organizzato dal Movimento Cinque Stelle a Legnano sul disagio giovanile. La preside: “Il vero nodo è nella fragilità degli adulti”

«Mi dicevano che avevo la faccia da uomo. Me lo scrivevano anche sui social. Quando tornavo da scuola volevo solo rifugiarmi. Invece, anche lì, c’erano postate le foto postate, i commenti. Mi faceva stare male». Comincia così il racconto di Valentina Giacalone, ex studentessa di una scuola superiore della zona, intervenuta al convegno organizzato dal Movimento Cinque Stelle a Legnano sul disagio giovanile. Valentina ha saputo trasformare il dolore in riscatto, l’isolamento in impegno, la derisione in un percorso di consapevolezza. Oggi è fotomodella e presidente dell’associazione “Non Solo Moda”, e porta la sua testimonianza in incontri pubblici e nelle suole, per essere «la voce di chi non può parlare».

Da bullizzata a fotomodella

«La moda l’ho sempre amata. Ce l’ho nel sangue. Mia mamma ha un negozio di abbigliamento e da piccola ero sempre con lei. Per me era naturale scegliere l’Istituto di Moda alle superiori. Era la mia direzione, il mio sogno», racconta. Il primo anno, ricorda, era andato bene: «Mi trovavo a mio agio con i compagni, avevo legato in particolare con una ragazza. Poi, al secondo anno, è arrivata una nuova persona. Ha iniziato a prendere in giro la mia amica. Io l’ho difesa, e da quel momento siamo state escluse. Io e lei». L’emarginazione non è rimasta confinata tra i banchi di scuola. È diventata bullismo sistematico, che si è allungato fino ai social network. «Dal secondo fino quasi al quinto anno siamo state vittime di bullismo e di cyberbullismo. Tornavo a casa e trovavo post, foto, commenti. Era come non potersi mai riposare. Mi chiamavano ‘faccia da uomo’. Una frase che mi è rimasta incisa dentro». Eppure, proprio quella frase è diventata oggi un simbolo di riscatto. «Con questa faccia ci lavoro. Sono fotomodella. E soprattutto, sono presidente di un’associazione contro il bullismo: si chiama Non Solo Moda.”». Un progetto nato tre anni fa durante una sfilata organizzata dal negozio di sua madre. «Parlando con alcune ragazze è emerso un tema comune: il bullismo. Molte erano state vittime, altre cercavano solo un modo per sentirsi più sicure. Così, con l’aiuto della mia famiglia e delle persone a me più care, abbiamo deciso di dare vita all’associazione. Utilizziamo la moda come strumento per parlare di bullismo, per sensibilizzare e soprattutto per restituire autostima».

“Ci vuole più empatia”

Il ruolo di presidente la porta oggi a confrontarsi con scuole, realtà educative, eventi. Ma c’è una domanda che ancora pesa: perché nessuno, all’epoca, ha fatto qualcosa? «Ho chiesto aiuto alla scuola. Mi hanno detto che dovevo fortificarmi, che ero troppo sensibile. Ma perché un’insegnante, un adulto, davanti a due ragazze isolate, che piangono, non fa nulla? Io soffrivo, avevo disturbi alimentari, vedevo tutto nero. Ho avuto pensieri bui. Solo grazie alla mia famiglia e al supporto psicologico ne sono uscita. Ma non tutti ce la fanno». La richiesta, oggi, è semplice: “«Ci vuole più empatia. Se vediamo un ragazzo o una ragazza che piange, che è solo, fermiamoci. Facciamogli un sorriso, chiediamogli come sta. Non costa niente. La gentilezza può salvare una vita».

“Il vero nodo è nella fragilità degli adulti”

Convegno 5 Stelle

Su questo punto è intervenuta con grande chiarezza anche la dirigente scolastica delle Bonvesin de La Riva Elena Osnaghi, che ha ricordato come troppo spesso la narrazione sugli adolescenti si concentri sulla loro presunta fragilità o ribellione. «Ma non c’è nulla di nuovo nell’essere adolescenti. Quello che è cambiato è il mondo degli adulti. La vera tragedia è nei genitori che non sanno gestire la fatica emotiva dei propri figli. Noi adulti siamo iperconnessi, scriviamo cose terribili online, ma se lo fa un ragazzo, diventa subito un disastro. Siamo noi ad aver perso lo sguardo educativo»

Secondo la dirigente, vietare l’uso dei social non è sufficiente: «I ragazzi lì ci stanno già. Il punto non è tenerli fuori, ma stare dentro anche noi, come scuola. Se non entriamo in quel mondo, li lasciamo soli. E poi pretendiamo che ci ascoltino. Ma loro fuggono da chi li giudica, da chi predica, da chi li bombarda di parole e analisi. Sanno benissimo cos’è il bullismo. Quello che manca è empatia vera, l’atto semplice di chiedere: ‘Perché stai piangendo? Posso aiutarti?’».

Il convegno, proseguito con diversi interventi di professionisti e politici, ha approfondito una tematica molto importante, quella del disagio giovanile offrendo significativi spunti e riflessioni

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 12 Aprile 2025
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