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Palio di Legnano

La passione di Giorgio D’Ilario per il Palio di Legnano ricordata al maniero di Legnarello

Serata amarcord a Legnarello per celebrare la memoria di un pilastro del giornalismo locale. Le figlie di D'Ilario hanno donato alla contrada una serie di quadri appartenenti alla collezione di famiglia

D’Ilario

Serata dedicata alla figura di Giorgio D’Ilario, giornalista, scrittore, studioso e storico legnanese, al maniero di Legnarello. Un incontro promosso dalla contrada giallorossa per ringraziare le figlie Silvia, Paola e Manuela, per la donazione di alcuni quadri con riferimenti specifici al mondo contradaiolo. Durante la serata, con il gran priore Alessandro Mengoli, gli interventi di Piero Ferrario e del nostro direttore Marco Tajè, di cui proponiamo il testo integrale.

D’Ilario


L’opportunità di ricordare Giorgio D’Ilario offre anche l’occasione per ricordare l’apertura della sua famiglia verso la città. Questa donazione è la testimonianza concreta di come Silvia, Manuela e Paola abbiamo ereditato i valori della condivisione e della collaborazione. La memoria del lavoro di D’Ilario, della sua passione per le tradizioni locali, continua così grazie a questi momenti che trovano in città tanta accoglienza da parte di associazioni come la vostra.

Non nascondo che il rapporto tra D’Ilario e Legnarello sia stato gestito da Giorgio in maniera giustamente personale, dalla quale io sono stato coinvolto in maniera superficiale e alterna. La mia vicinanza in quel periodo, tra gli anni 70 e 80, era legata soprattutto all’amicizia con Piero….. Resta il fatto comunque che alcuni momenti come quelli relativi ai calendari così originali e collegati al territorio di contrada li ho partecipati in redazione dove Giorgio coinvolgeva anche noi. Il legame con la contrada era anche quello con Angelo Colombo, come mi ricorda spesso Piero, Renzo Ruffini, Armando Castiglioni, Aurelio Franciosi e altri ancora, ma un punto di riferimento anche al di fuori del maniero era dato dall’amicizia con Felice Musazzi, fruttifera di testi e libri che hanno fatto la storia della letteratura locale.

D’ilario ha vissuto un periodo in cui non esistendo strumenti multimediatici non ha potuto godere di opportunità straordinarie nel comunicare. Sono sicuro che internet con i social l’avrebbero aiutato fortemente nel suo lavoro di studioso, ricercatore, storico ed egli stesso ne avrebbe fatto un utilizzo corretto e professionale.  Ma D’Ilario è stato fortunato e soprattutto capace di diversificare la sua attività di comunicatore, giornalista da una parte e scrittore dell’altra. Proprio quest’ultima, associata a quella di studioso, ci ha lasciato una raccolta di documenti per lo studio delle nostre tradizioni, della nostra storia. Lui, abruzzese di origini, ne ha scritte e ne ha studiate di storie legnanesi più di tanti noi, che ci consideriamo legnanesi doc.

Per capire il lavoro svolto da D’Ilario in tanti anni da scrittore, tra il 1970 e almeno fino a pochi giorni dalla scomparsa avvenuta nel 2017, bisogna tornare ad anni in cui non esistevano tutte le possibilità attuali. Oggi, trovi una foto, una lettera, fai uno scatto con il cellulare e il gioco è fatto. Allora, ricercare documenti, immagini, scritture presentava difficoltà dettate anche dal fatto che spesso, ma questo è sempre attuale, il reperimento non avveniva in luoghi istituzionali bensì in archivi privati, dove persuadere i proprietari perchè concedessero l’uso non era così semplice. D’Ilario era perà un abile comunicatore e sapeva come convincere i possessori ad aprire i loro archivi e aprirsi alla città, lasciando che i documenti uscissero da casa loro per essere fotocopiati, ricopiati, ecc. Oggi fai una foto e tutto resta al suo posto. Credo che tutti i legnanesi coinvolti, alla fine, visto il lavoro che ogni volta D’Ilario faceva, gli siano stati grati per avergli aperto le loro porte.

D’Ilario aveva tante caratteristiche. Io gli riconosco senz’altro la perseveranza. Quando si metteva in testa un progetto, un’idea, non si fermava fino alla sua realizzazione. L’esempio più robusto mi arriva dal ritrovamento della Martinella, la campana che si trovava sul Carroccio il giorno della battaglia a Legnano. D’Ilario era sempre convinto che l’avrebbe ritrovata. Nemmeno lui sapeva dove, come, quando, ma… Ed è successo. Era un Palio di fine secolo scorso. L’aveva trovata in un monastero in provincia di Pavia. La martinella è arrivata in città, ha sfilato per le vie e al campo. E subito è tornata dai frati in convento. Bene, dovesse succedere oggi che accadrebbe? La notizia farebbe il giro, non dico nel mondo, ma almeno su tutti i nostri giornali… foto, video, interviste. Sui social sai che post e commenti. Insomma, una visibilità incredibile. Invece… invece, se oggi cerchiamo la notizia, cosa troviamo? C’è solo un riferimento sulla rivista La Martinella della Famiglia Legnanese, dove, guarda un po’, il direttore era proprio Giorgio D’Ilario.
Torniamo così al punto di partenza. Cosa avrebbe fatto D’Ilario studioso, scrittore, ricercatore avesse potuto usufruire degli attuali mezzi di pubblicazione? Pazienza, restano questi libri, questi documenti che rendono la sua memoria ancora viva e un esempio di attaccamento alla città per tutti noi

Giorgio D’Ilario giornalista. Negli anni Settanta, a Legnano, avevamo due redazioni, nulla di diverso da oggi… Quella del settimanale cattolico Luce e quella del quotidiano La Prealpina. Due ambienti diversi, ma uniti dalla stessa caratteristica: apertura totale al mondo giovanile. Ho avuto la fortuna di collaborare con entrambe.

Il passaggio dal Luce alla Prealpina mi preoccupava. Un ambiente tanto professionale presupponeva competenze che non avevo. Invece, subito la conoscenza di Giorgio ha aperto un mondo di disponibilità e di collaborazione che ha facilitato l’inserimento nella redazione.

D’Ilario aveva proprio la figura di un fratello maggiore, nulla del capo redattore che imponeva decisioni senza dialogo e confronto. Accompagnava noi giovani quasi per mano in tutti i luoghi di lavoro, strada per strada, ufficio per ufficio. Non esistevano cellulari e nemmeno i social. Per avere la notizia dovevi essere sul posto. Altro che scopiazzare da facebook.

Per Giorgio, fondamentale inserirsi ovunque nel tessuto cittadino. Uno stile di lavoro del quale tanti di noi hanno fatto tesoro. Ecco così emergere dalla redazione giornalisti come Renato Besana, Mauro Gavinelli, Carlo Penati. Ancora oggi di quella scuola fanno parte giornalisti che animano la nostra comunicazione, Luigi Crespi, Luca Nazari, Marco Colombo e credo che in Prealpina ci siano altri bravi quanto loro

Giorgio condivideva quel periodo con altri “mostri sacri” del giornalismo: Giuseppe Bruno e Gualtiero Conti, tutti maestri nel loro lavoro. Ma lui aveva una ulteriore capacità tanto da gestire non solo una redazione locale, ma anche corrispondenze per testate nazionali: dal Corriere della Sera alla RAI, da La Notte all’ANSA.

In tutto questo, aveva accanto la moglie Laura, anche lei giornalista. Figura discreta, ma fondamentale per un supporto sia famigliare che professionale. Oggi riposano con la piccola Annamaria nel cimitero monumentale. Il monumento della loro tomba è un libro, che identifico anche in un giornale aperto su entrambe le facciate. Direi la giusta immagine di quella che è stata la loro esistenza. Dedicata alla famiglia, al giornalismo, a Legnano.
Marco Taje’

Redazione
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Pubblicato il 09 Aprile 2025
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