Picchiata per anni dal marito e salvata da una dottoressa di Legnano. Da sola non avrebbe denunciato
L'uomo è stato condannato oggi a 2 anni e due mesi. Non ne accettava lo stato depressivo e si approfittava della sua remissività

A salvarla dalle botte quotidiane che il marito le dava è stata una dottoressa del dipartimento di salute mentale dell’ospedale di Legnano che non ha avuto paura di andare oltre la mascherina che copriva la faccia di una donna di poco meno di 60 anni.
Era il 2021, indossarla era ancora la norma soprattutto all’interno delle strutture sanitarie, e dietro quel pezzo di stoffa c’era il volto tumefatto di una donna che anche quel giorno, nonostante si dovesse presentare davanti ad un medico, era stata picchiata dall’uomo che pensava ancora di amare. La dottoressa se ne accorse perchè il volto si mostrava asimmetrico a causa del gonfiore mentre il setto nasale era deviato.
Quel giorno la dottoressa le chiese la tessera sanitaria ma la donna non la aveva con sè e alla richiesta di poter guardare nella borsa, per cercarla insieme, vide che era completamente vuota. Quando le chiese perchè la borsa fosse vuota la vittima rispose che il marito le aveva tolto tutto.
È una storia dolorosa quella emersa dalle poche e faticose parole che raccontò alla dottoressa la quale, però, avviò le procedure che hanno permesso di proteggerla e di arrivare oggi, 14 marzo, alla sentenza di condanna del marito a due anni e due mesi, oltre al pagamento di 9 mila euro di risarcimento, emessa dal giudice monocratico del Tribunale di Busto Arsizio Cristina Ceffa. La vittima è stata seguita in tutto l’iter processuale dall’avvocato Domenico Costantino.
La storia tra depressione e violenza
La coppia, che non ha figli, viveva a Rescaldina. Lei lavorava come operaia in una ditta di calzature ma nel 2019, su richiesta del marito, dovette dimettersi dal lavoro per dedicarsi, insieme a lui, alla cura del padre di lei e della suocera, presso l’abitazione di quest’ultima a Castellanza, dove la coppia si era poi trasferita.
La donna trovava gravoso l’accudimento dei genitori anziani e avrebbe desiderato l’aiuto di una badante, ma il marito si è opposto. Le difficoltà nella gestione delle incombenze domestiche hanno provocato una ricaduta depressiva in lei e sono state motivo di discussioni, o meglio, di aggressioni verbali da parte del marito.
Lui aveva sempre avuto un atteggiamento autoritario fin dai primi anni di matrimonio, alzando la voce e imponendosi sulla moglie ma con gli anni l’aggressività è aumentata, sia nella frequenza che nell’offensività, in concomitanza con l’aggravarsi delle condizioni di salute della madre.
La denigrava quotidianamente, dicendole che “non era capace di fare niente”, che “assomigliava al padre e che non erano capaci di fare nulla”, che era “una puttana”, “scema, deficiente, cretina”. Le minacce di farle del male erano più sporadiche.
Poi arrivarono le aggressioni fisiche: dopo la morte del padre ha iniziato ad aggredirla fisicamente con maggiore frequenza, quasi quotidianamente. Le aggressioni avvenivano a mani nude e consistevano in pugni sulla testa, schiaffi, strattonamenti, calci sul sedere, spintoni che la facevano cadere a terra.
I motivi delle aggressioni, sia fisiche che verbali, erano spesso banali discussioni o pretesti legati alla gestione familiare e domestica. La incolpava per la sua lentezza nei movimenti e nei gesti quotidiani, causata dalla patologia depressiva e dai farmaci che assumeva.
Infine è arrivato l’isolamento e il controllo approfittando del fatto che la moglie tendeva a tenere tutto per sé, senza confidarsi con nessuno. Anche in precedenti accessi al pronto soccorso, a seguito di violenze fisiche, aveva sempre taciuto la reale dinamica degli eventi, perché “in quel periodo nonostante tutto gli volevo bene però….Non me la sentivo di accusarlo”.
Lui gestiva il denaro della famiglia e lei raramente effettuava acquisti in autonomia. La coppia non aveva frequentazioni amicali e il marito era sempre presente anche durante le rare visite di una cugina della donna.
Un incubo a cui ha messo fine qualcuno che, in realtà, non la conosceva ma che ha avuto il coraggio di non voltarsi dall’altra parte, facendo finta di niente.
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