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La democrazia ai tempi di Trump. A Legnano la maratona Mentana” fa sold out

Quasi 600 persone al Teatro Tirinnanzi di Legnano per ascoltare Enrico Mentana, che ha acceso i riflettori sulla democrazia ai tempi di Trump

Mentana

Sold out al Teatro Tirinnanzi di Legnano per la tappa “nostrana” della maratona Mentana, serata organizzata dalla Famiglia Legnanese sulla scia del ciclo di incontri nato lo scorso anno in occasione del centenario dal conferimento del titolo di città a Legnano, che domenica 23 febbraio ha portato nella Città del Carroccio nientemeno che il direttore del TG La7, omaggiato a fine serata del libro “Dovunque è Legnano – Storia di una città operosa” realizzato da LegnanoNews. Sotto i riflettori del palcoscenico di Piazza IV Novembre la democrazia ai tempi di Trump, declinata Oltreoceano ma anche molto più vicino, a Bruxelles e a Roma, con le elezioni tedesche che hanno premiato la CDU ma anche AFD, la Francia spaccata tra gli estremismi di Le Pen e Bardella e quelli di Mélenchon, l’Italia a trazione centrodestra dove il PD è diventato il partito “ZTL”, che vince alle amministrative ma non alle politiche, di più, vince in centro ma non in periferia.

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«Abbiamo una strana consuetudine, tipicamente italiana, quella di anticipare i fenomeni e poi non accorgercene – ha sottolineato il direttore del TG La7 -. Dal 2022 abbiamo un governo di destra che una volta sarebbe stato inconcepibile, ma oggi è talmente tanto concepibile che Giorgia Meloni, erede del partito storicamente più a destra, non guida la forza più di destra del Governo. Questa tendenza, forte in Paesi diversissimi tra loro come Francia e Germania, è egemone anche negli Stati Uniti, il Paese che nella prima e nella seconda guerra mondiale è intervenuto due volte per darci la libertà e nel secondo conflitto mondiale ha fatto da contrappeso vincente al sistema del comunismo dell’Est. Eppure oggi gli USA sono in mano a Trump, che ha come principale sponsor e collaboratore quell’Elon Musk che oggi ha dato indicazione di votare in Germania per AFD, il partito più a destra che ci sia in Europa, in quella che fu la patria del nazismo. Gli elettori americani hanno scelto Trump e il trumpismo rispetto a quella che era l’avventura ormai appassita dei democratici, considerati élite un po’ polverosa. Alla fine del primo quarto del nuovo secolo, è come se in tutto il mondo occidentale ci si fosse resi conto che la culturale democratico- progressista avesse esaurito la sua spinta».

Vince la pancia più della testa, quindi? «Non penso la pancia sia la destra e la testa la sinistra, né per l’Italia, né per l’Europa né per gli USA – ha spiegato Mentana -. È che tutti abbiamo la pancia e la testa, e non si mangia con la testa: la sinistra ha assecondato un lungo periodo di crescita anche economica vigilando sul fatto che fosse patrimonio di tutti, e quindi svolgendo la sua opera meritoria di democrazia, senza rendersi però conto che tutto questo era destinato a creare delle élite e un’assenza di prospettiva. La pancia, oggi, è la paura dei migranti, la richiesta di sicurezza, il “prima gli Italiani”. Tutto questo quale antidoto ha? Non c’è antidoto, il fronte progressista ha concluso il suo repertorio, lo vediamo nelle incredibili insicurezze che ha avuto la presidenza precedente a quella di Trump sulla gestione dei migranti. La società ormai la cambiano gli algoritmi secondo modalità che la politica non riesce non solo ad intercettare, ma neanche a capire. E allora se non c’è futuro, vince chi dà più garanzie per il presente. Tutte le forze politiche non hanno delle idee di riforma futura, perché la generazione tra i 60 e gli 80 anni aveva una grammatica, una sintassi che derivava dall’edificazione dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale e tutto questo è durato lo spazio di una vita: dalla Liberazione sono passati 80 anni, quelle idee ormai sono andate in naftalina perché non ci sono idee che esistono per sempre se non sono innaffiate da quel giardiniere che è la democrazia».

Ed è su questo scenario che si muove un’Europa che «paradossalmente può essere a trazione moderata ma non sa dire cosa vuole e non ha una sua connotazione di interessi comuni e conclamati. Nel momento in cui c’è un riavvicinamento tra Usa e Russia, l’Europa cosa vuole fare? Sarebbe forte se fosse unita, avesse forze armate comuni o almeno un coordinamento dei suoi eserciti, ma non ha nulla di tutto questo».

Ma si muove anche l’Italia degli scioperi, l’Italia dove ad ogni elezione chi ha vinto alla tornata precedente perde all’insegna del todos caballeros, l’Italia che non vuole che i suoi “figli” facciano lavori manuali, che guarda più al passato che al futuro, che non vuole i migranti ma forse fino in fondo cosa vuole non lo sa, proprio come l’Europa. «In politica le cose non succedono per caso, l’asfissia del sistema politico si era già avuto con quel 35% al Movimento 5 Stelle nel 2018 – ha commentato Enrico Mentana, parlando della statura dimostrata da Giorgia Meloni dal momento in cui è diventata presidente del Consiglio dei Ministri -. Cinque anni dopo gli italiani hanno votato per maggioranza relativa l’unico partito che nei cinque anni precedenti era stato all’opposizione, nonostante lo stigma antico e quello che è stato ripetuto in campagna elettorale sul fascismo alle porte. Una grande quantità di italiani non ha creduto all’equivalenza tra Meloni e il nuovo fascismo, un’altra parte avrà pensato che non fosse la cosa più importante, qualcuno avrò pensato “figo”. La questione di fondo è la stessa dell’America: quando la gran parte dei cittadini fa queste scelte, nessuno si interroga sul perché le ha fatte».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 23 Febbraio 2025
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