Dal letto di Ospedale ringrazia il personale sanitario: “Il vostro è il lavoro più utile al mondo”
la lettera-riflessione del nostro lettore Giuliano, paziente all'Ospedale di Legnano
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera-riflessione “Ospedale: Città nella Città” del nostro lettore Giuliano, paziente all’Ospedale di Legnano
Quando in Ospedale ci vai normalmente sei un utente, preoccupato di ricordarti dove hai parcheggiato, di prendere il numerino al CUP, di schiacciare il pulsante giusto delle prenotazioni e di impossessarti dell’indispensabile tagliandino il più velocemente possibile… salvo poi alzare lo sguardo e scontrarti con i volti attorno a te, rendendoti conto che la sala è affollata come un mercato rionale!
Va be’, sprofondi nella tua sedia e capisci che la categoria del tuo numero è quella che non accenna a essere chiamata, mentre altre sigle e codici che non pensavi esistessero vengono chiamati e sorpassano a destra e a sinistra… Ti rassegni. I tempi di attesa diventano tema di discussione con chiunque ti capiti accanto e, se sei dotato di una mente scientifica, arrivi persino a convincerti che la dilatazione dello spazio-tempo esiste e che oggi ti condannerà a una resa dolce.
Ma l’ospedale lo puoi vivere da paziente (o da ospite, se vogliamo rifarci all’etimologia latina)… e allora puoi essere in una delle due condizioni previste:
il paziente attivo, in attesa di un intervento,
il paziente passivo, già in cura perché debilitato o in fase di recupero post-operatorio.
Se sei un “camminante”, puoi moderatamente percorrere e insinuarti nei meandri e nei corridoi più o meno maestosi. Quelli in cui, immancabilmente, ti perdi. Se vuoi raggiungere un padiglione o solo ottenere una mappa dettagliata… scopri che i nomi dei reparti sono semplici e rassicuranti, ma che ovunque tu entri, sentirai inevitabilmente rispondere: “Non è qui”.
Vedi la città nella città: chi cammina frettolosamente, chi sorride guardando il telefono, chi sbuffa, chi sposta continuamente materiali, letti, carrelli o macchinari, chi stringe nervosamente fogli tra le mani, chi tiene la cartella sotto il braccio, sicuro di portare a termine il proprio lavoro senza intoppi. La gente entra ed esce dalle porte… sola o chiacchierando, con lo stesso colore negli occhi di chi cerca qualcuno da riconoscere, che non si aspettava di incontrare in quel momento.
E poi, se sei “allettato”, vedi ruotare intorno a te turni di infermieri, assistenti, volontari, paramedici e medici, cercando di associare ai volti i nomi che senti richiamare, per costruirti quella “familiarità” di cui hai bisogno in questo periodo di debolezza.
Il loro lavoro è a tratti frenetico, a tratti lento e metodico, ma comunque encomiabile… Non ci avevi mai fatto caso prima, ma il loro è il mestiere più utile del mondo!
Qui la vera missione è fatta di gentilezza, professionalità, sensibilità e dedizione…
E non potendo scegliere parole migliori per esprimere la mia più sentita riconoscenza…
GRAZIE DI TUTTO!!!
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