Cento anni di storia sindacale al femminile: “Legnano è anche questo”
Abbiamo sentito alcune voci femminili del mondo sindacale. Tutte loro ripercorrendo i loro passi sono arrivate ad un punto comune: «Legnano ci ha dato e ci dà tutt’oggi più campo d’azione rispetto alle grandi città e al nazionale
Cento anni di lavoro, di storie di donne, di uomini, di imprenditori, lavoratori e disoccupati. Cento anni di lotte per i diritti, alcuni conquistati altri ancora oggi mancati. Legnano è anche questo. Siamo all’inizio di un nuovo secolo, un po’ come nei primi anni del ‘900 quando nell’aria si respiravano cambiamenti industriali che andavano a pari passo con le lotte operaie. Certo oggi la modernità arriva con la transizione ecologica, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. Ma a guardar bene ci sono convergenze tra queste due epoche e forse il tratto che più le accomuna, è, non a caso, il persistere della diseguaglianza sociale. Ci sono, infatti, temi, seppur con connotazione differente, che si ripetono: si parla ancora di sfruttamento, stipendio povero, sicurezza sul lavoro, diritti a 360 gradi. Sono cambiati i tempi, è cambiata la forma del lavoro in tutti i suoi aspetti, ma non sono cambiate le necessità dell’uomo che continua a chiedere spazi di vita. E lo sanno bene le “storiche” tre sigle sindacali locali Cgil, Cisl e Uil: testimoni della storia socio economica di Legnano, territorio ancora oggi vivo e da loro considerato «un laboratorio nel quale è possibile sperimentare soluzioni alternative per salvaguardare i lavoratori». Un luogo tenuto vivo da imprese che tutt’oggi colloquiano con il mondo e anche da microimprese, dal volto artigiano, che si affacciano al lusso con pezzi unici e per molte di queste realtà è proprio questa la «chiave vincente per resistere al tempo e alle crisi». Una città diciamo “creativa” nella quale anche le donne hanno trovato spazio. A confermarlo sono le legnanesi da anni in lotta per difendere e ottenere diritti, donne scese in campo tra le fila sindacali. Tutte loro ripercorrendo i loro passi sono arrivate ad un punto comune: «Legnano ci ha dato e ci dà tutt’oggi più campo d’azione rispetto alle grandi città e al nazionale. È innegabile, negli anni abbiamo ottenuto tante libertà, ma la strada è ancora lunga: dopotutto ancora oggi le donne cercano di fare carriera attingendo alla forza maschile. Giratevi intorno e osservate i posti di potere e i comportamenti assunti dai vertici. Tutto questo è anche influenzato dall’assenza della politica, quella autentica. Insomma ci vuole un cambio culturale e proprio qui a Legnano, in questo luogo di provincia, che non è provincia tutt’altro, si può pensare di dare avvio ad un cambiamento».
Legnano è anche donne e diritti
Legnano, piccola città di provincia con lo sguardo rivolto a Milano, è in realtà considerata una “grande piazza economica” per creatività e capacità di dar spazio agli individui, ai loro pensieri e anche al ruolo e al lavoro delle donne «con dei limiti, ovviamente, perché la cultura è ancora oggi sbagliata». A parlare sono alcune storiche sindacaliste che hanno militato e militano nel sindacato ancora oggi: Renata Fontana della Cgil Ticino Olona e Patrizia Ferrari della Cisl Milano Metropoli.
Da via Volturno con alle spalle la sede della Cgil Ticino Olona Renata Fontana punta il dito e indica i luoghi dall’altra parte della ferrovia dove c’erano le fabbriche: «Là c’era la Tosi, non quella di oggi, quella di un tempo: enorme. Da qui si potevano vedere in funzione le ciminiere dalla Manifattura. Poi la De Angeli Frua e Dell’Acqua. Senza dimenticare tutte le piccole botteghe che lavoravano intorno a questi colossi. Legnano era viva: sempre in fermento, laboriosa. Oggi, ci sono poche realtà sopravvissute e la città che un tempo conoscevo non c’è più». A parlare è una “legnanese doc”, cresciuta in un cortile in piazza del Popolo, che nei suoi 80 anni di vita ha vissuto sulla sua pelle, prima di tutto come donna, poi come lavoratrice e sindacalista, i cambiamenti di Legnano e del mondo del lavoro: «Sono entrata nel mondo del lavoro a 16 anni. Era dura. Nel 1964 mi sono sposata e ho faticato a trovare un lavoro, perché ero una donna sposata quindi prossima ad avere un figlio. Dopo sei mesi alla Manifattura di Castellanza, sono passata alla Borletti di San Giorgio su Legnano e da lì non mi sono più spostata e sono anche entrata nel mondo sindacale con la FIOM. Nel 1969 ho avuto un figlio».
La Borletti venne assorbita dalla Fiat e Renata finì in mobilità prima di entrare in pensione e diventare volontaria per il Sindacato Pensionati Italiani, continuando così la sua azione di sindacalista: «Legnano un tempo era divisa tra il “centro dei signori” e “l’Oltrestazione di sinistra” – prosegue Fontana -. Poi ad un certo punto c’è stato il declino, tante grandi fabbriche hanno chiuso i battenti e dagli Anni ‘80 in poi sono spuntati i supermercati. Dal punto di vista sindacale, ricordo il periodo degli scioperi, quando bastava un fischio per fermare le catene di montaggio. Il sindacato oggi è forte come servizio, ma non più come forza politica». Per Renata la politica ha «perso il contatto con due generazioni, creando un vuoto difficile da colmare. La vita con la modernità e le sue innovazioni è migliorata, non c’è dubbio. Però all’alba dei miei 80 anni posso dire che mancano le relazioni sociali, oggi si chiude la porta di casa e si è soli. C’è una disarmante, enorme solitudine. Quando ero giovane la vita era difficile, ma si poteva contare sulla comunità. Le mie colleghe erano anche mie amiche. La vita era dentro e fuori dal posto di lavoro. Ora è tutto frammentato e il ritmo di lavoro impone scelte che ricadono sulla famiglia. Anche qui manca la politica, oltre che la fiducia e la speranza. Negli Anni ’80 ci si avvicinava al sindacato per un vero e proprio credo politico. Oggi non è più così».
La logica maschile tra sindacato e lavoro
Anche Patrizia Ferrari, delegata FP CISL Legnano Magenta dal 2009, concorda che il collegamento tra sindacato e politica era molto più forte un tempo: «Sono entrata nel sindacato nel 1987. In quell’anno iniziai a lavorare nel Comune di Magenta come Rsu. Da allora sono sempre stata sul territorio e mi sono occupata di sanità privata, pubblica e del terzo settore, con un focus particolare sugli enti locali e politici, anche a seguito dell’accorpamento con Milano. A Legnano, che è centrale per le politiche industriali, siamo riusciti a portare alcuni regolamenti a favore del lavoro agile anche nei piccoli e medi enti locali. Il sindacato a Legnano è sempre stato vicino ai lavoratori, indipendentemente dall’appartenenza politica. Un tempo c’era maggiore interesse e coinvolgimento da parte dei dipendenti, mentre oggi questo interesse sembra diminuito. La politica del territorio ha perso potere e la partecipazione attiva è calata, ma credo ancora nell’importanza di sensibilizzare la comunità verso i temi sindacali e le problematiche dei lavoratori». Le donne, spiega Ferrario, hanno sempre fatto fatica: «anche in Cisl non è stato semplice. Non serve andare molto lontano, pensiamo soltanto all’introduzione delle quote rosa: non fa sorridere che sia stato imposto anche in un ambiente sindacale? Nella sezione pubblica, ad esempio, le trattative erano appannaggio esclusivo degli uomini. Dal 2010 ho iniziato a vedere l’ingresso di figure femminili e ho partecipato a numerosi coordinamenti femminili per promuovere la parità».
Fa sorridere pensare che a cavallo tra il ‘700 e l’800 pensatori come Charles Fourier credevano che la liberazione delle donne fosse cruciale per la trasformazione della società e già allora “sognavano” comunità utopiche dove uomini e donne avrebbero avuto uguali diritti e opportunità di lavoro ed educazione. Mentre ancora oggi, come precisa Patrizia Ferrari, la logica del sindacato è «maschile, così come lo è il mondo del lavoro. Un uomo soprattutto nel pubblico può arrivare alla dirigenza con più facilità. Una donna è ancora relegata alla famiglia, quindi ha minor disponibilità di tempo. Ecco che qui dovrebbero entrare in gioco le formule di semplificazione come lo smart working. Io ho avuto la fortuna di poter realizzare una carriera lavorativa e sindacale ottimale pur avendo una famiglia. Oggi, vedendo l’interscambio che mio figlio ha con la moglie, mi sento di dire che qualcosa sta cambiando. Ciò è positivo, significa che ci sono effettivamente mutamenti culturali».
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