“Stendi i panni” a Rescaldina, un messaggio di speranza per dire “No” alla violenza contro le donne
Inaugurata in via Tintoretto a Rescaldina la mostra "Stendi i panni". L'allestimento era pensato per essere "incontrato" casualmente, sul percorso quotidiano delle persone, per sorprenderle e invitarle a riflettere sulla realtà della violenza domestica
“La vita è bella”, “No è un padre è solo un uomo”, “Ho visto che da sola posso farcela”, “Ho trovato la pace nell’anima”. Sono alcune delle frasi scritte dalle vittime di violenza sulle magliette appese negli spazi dell’ambulatorio di via Tintoretto a Rescaldina in occasione della mostra “Stendi i panni”. Una iniziativa organizzata dalla Fondazione Padri Somaschi che gestiscono la Casa Rifugio di Legnano (dedicata alla seconda accoglienza) rientrante nella Rete antiviolenza di cui Legnano è capofila. L’inaugurazione dell’esposizione, rientrante nella serie di appuntamenti per dire “No” alla violenza sulle donne, si è tenuta oggi, sabato 23 novembre alla presenza del sindaco di Rescaldina Gilles Ielo. A spiegare gli obbiettivi della mostra Costanza Bargellini responsabile del servizio di accoglienza Housing Fondazione Somaschi. «Abbiamo letteralmente esposto i panni, ossia magliette con messaggi potenti, appartenenti a donne che hanno sofferto violenza e trovato una nuova direzione nella vita grazie ai Centri antiviolenza e alle case rifugio. Le magliette esposte non recavano frasi sulla violenza subita, bensì messaggi di speranza e riflessione sul presente e il futuro e rispondono alle domande: cosa mi piace della mia vita qui, oggi? Quali sfide devo ancora affrontare? Cosa mi aspetto dal futuro? Ogni indumento rappresenta una storia di resistenza e rinascita, simbolo del riconoscimento dei diritti individuali e collettivi di fare, essere, sentirsi e vedere il mondo attraverso una nuova prospettiva».
Parallelamente alle magliette, l’esposizione di quadri dell’associazione “Il Sorriso dell’Agelo”. L’allestimento era pensato per essere “incontrato” casualmente, sul percorso quotidiano delle persone, per sorprenderle e invitarle a riflettere sulla realtà della violenza domestica e sulla possibilità di rinascita. «I panni sporchi non si lavano in famiglia – spiega Bargellini -. La violenza non deve restare chiusa dentro le mura domestiche. Che i panni vengano lavati e stesi fuori. Che vengano esposti, che si rivelino, che stiano al sole ad asciugare. Panni con le parole di donne che hanno vissuto in situazioni di violenza e che ora si sono lasciate alle spalle il loro passato, passando dai Centri antiviolenza e dalle case rifugio, imprimendo una svolta alla propria vita». Riferendosi alle case rifugio Bargellini ha commentato: «Ognuno e ognuna fa la sua parte per accompagnare nel percorso di fuoriuscita dalla violenza. Ognuno ha fatto la sua parte nella realizzazione della mostra. Qualcuno ha detto “Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione…”. La violenza non è una questione personale, di storie private. È il frutto di un linguaggio, di un pensiero, di una cultura. Quello che occorre è un cambiamento verso il riconoscimento della sacralità di ogni persona, fatto di empatia e di rispetto reciproco.
Un cambiamento radicale che riguarda tutti noi, di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili, come fanno pensare anche i video in mostra oggi, i testi che sentiremo leggere e in particolare l’ultimo che chiuderà questo momento. È sulla produzione di questo cambiamento che occorre lavorare».
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