Pace ed Europa al centro delle celebrazioni per il 4 novembre a Legnano: “Mai più guerre”
Legnano ha messo al centro delle celebrazioni per la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate un appello alla pace contro il binomio inscindibile «guerra e morte»
«Mai più guerre». Legnano ha messo al centro delle celebrazioni per la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate un appello alla pace contro il binomio inscindibile «guerra e morte», quella guerra che «significa sempre sacrificare vite umane», quella guerra che ancora oggi è «di stretta, strettissima attualità» come lo è la «paura, pienamente giustificata, che i fronti delle guerre vicino a noi continuino a espandersi».
Quella guerra alla quale la Città del Carroccio ha opposto – in una piazza San Magno che ha fatto da cornice come da tradizione all’alzabandiera, all’esecuzione dell’inno nazionale, alla deposizione della corona, alla benedizione del sacello e alla lettura delle motivazioni delle medaglie d’oro al valor militare legnanesi – un richiamo alla politica, «quella vera e quella nobile, quella che sa prendersi e assumersi il coraggio e la responsabilità di decisioni lungimiranti, non necessariamente popolari nel breve periodo, ma certamente essenziali per vivere e convivere nel lungo periodo», e all’Europa.
«Israele e Medio Oriente; Russia e Ucraina; ma potrei citare lo scenario delle tante guerre africane – ha sottolineato il sindaco Lorenzo Radice -: manca nel mondo una voce europea, una politica estera europea, un esercito europeo che difenda la pace e che possa intervenire a difesa dei valori costitutivi dell’Unione Europea. Diritti umani, democrazia, Stato di diritto: questa è la triade su cui è nata l’Unione Europea e che ha dato al nostro continente oltre 70 anni di pace e prosperità. Oggi sentiamo il bisogno di superare l’incubo di questa guerra mondiale a pezzi, chiedendo a chi ci governa di prendere il coraggio di fare più Europa, perché manca l’Europa nel mondo».
«E lo dico oggi, nella giornata che celebra anche l’Unità nazionale, perché oggi non possiamo più fingere che non si stiano scontrando visioni del mondo, della società, dell’essere umano profondamente diverse tra loro – ha aggiunto il primo cittadino -. E questo scontro non ammette ritorni nostalgici a un passato nazionale e nazionalista che non c’è più: o Europei e sovrani, o nazionali e sudditi. Questo è il bivio a cui la storia sta chiamando l’Italia e tutte le nazioni europee! È un bivio a cui dobbiamo richiamare noi stessi e i leader mondiali con gli strumenti democratici che abbiamo. Noi e loro non possiamo arrenderci all’idea della guerra inevitabile. I padri fondatori dell’Europa unita non lo hanno fatto, persino mentre le loro città bruciavano e i loro paesi erano sotto le bombe; noi non abbiamo il diritto di arrenderci oggi».
«Spetta anche a noi, ad ognuno di noi, per il ruolo che esercita all’interno della comunità, tenere accesa la speranza della pace – ha concluso Radice -. E lo possiamo fare costruendo ponti, creando quei legami su cui si fonda una vera comunità, includendo l’altro, anche se ci costa fatica, perché – lo sappiamo bene – la diversità non è sempre vista come una ricchezza, ma molto spesso come un ostacolo. E lavorare per comunità più coese, su tutte le scale dimensionali, non può che facilitare la comprensione, accorciare le distanze, diminuire le tensioni. È un impegno che chiama in causa la nostra responsabilità di persone all’interno della polis, la nostra cura nei confronti degli altri, la nostra disponibilità a rapportare l’io singolo al noi della collettività».
Parole, quelle del primo cittadino, che hanno trovato sponda in quelle di Primo Minelli dell’ANPI, che ha definito la guerra un «male assoluto» cui va contrapposto un messaggio di «speranze e lotta per non ripetere più la storia che i nostri nonni hanno conosciuto» e un appello per un “Cessate il fuoco”. «Dobbiamo anche fare in modo che nella giornata di oggi si levi un grido forte sulla necessità di rafforzare l’unità nazionale – ha aggiunto il presidente provinciale dell’ANPI -, un’unità nazionale da preservare perché qualche pericolo lo sta correndo, ed esaltare la nostra Carta Costituzionale e da quella trarre insegnamenti per un costrutto di vita civile: dobbiamo far sì che la Costituzione sia il nostro faro e la nostra guida affinché ci sia un Paese e un mondo di pace e di giustizia sociale. Solo così la pace è duratura, solo con la pace e con la giustizia sociale si riesce a chiudere un capitolo drammatico che rischia di essere davvero incontrollabile».
Il richiamo alla storia è arrivato anche dal presidente di Associarma Antonio Cortese, che ha portato in piazza il ricordo dei caduti nelle guerre. «Onorare quei caduti e rendere omaggio alla loro memoria – ha spiegato Cortese – è un dovere perché rappresentano la massima testimonianza di attaccamento al dovere, alle istituzioni e a quei valori che generano l’orgoglio di identità nazionale e che hanno alimentato l’idea di patria». Valori che «devono essere continuamente vivificati, soprattutto nelle più giovani generazioni», dei quali l’Esercito «nel solco di una lunga tradizione fatta di senso del dovere e di eccellenza professionale», «continua ad essere portatore».
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