Centenario Legnano Fonderia Carroccio
«Noi fonditori siamo un gradino sotto Dio: lui ha creato il mondo, noi diamo forma alla materia». Maurizio Oldrini è un uomo forte, robusto, dal carattere deciso, forgiato da una vita di lavoro in fonderia. Ci dice questa frase men- tre cammina nella sua azienda in via Galileo Ferraris a Legnano.
È cresciuto tra forni e scintille incandescenti: «Non pensate che quello del fonditore sia un lavoro “sporco”», tiene a precisare mentre spiega quanto la chimica e la matematica si- ano fondamentali per capire come produrre la ghisa, in particolare la ghisa sferoidale che segue precisi trattamenti termici e chimici.
Maurizio Oldrini e il fratello Osvaldo rappresentano la terza generazione della Fonderia Carroccio, tra le imprese più longeve di Legnano.
Fondata nel 1946, la fonderia era presen- te nella stessa sede come “Fratelli Oldrini”, ancora prima della costruzione del vicino sanatorio inaugurato nel 1924 nel parco ex ILA: parte dei terreni dove oggi è presente la Fondazione Don Gnocchi sono stati donati proprio dalla famiglia Oldrini.
Nella sua storia ultracentenaria, è sopravvissuta a guerre e crisi; ha saputo adeguarsi ai tempi riducendo gli elementi inquinanti, introducendo nuovi macchinari e nuove tecnologie. Ed è una delle pochissime fonderie ancora attive a Legnano.
I fratelli Oldrini
Ma torniamo all’origine di tutto, quando ne- gli anni ‘20 nonno Giuseppe, classe 1866, dipendente della Fonderia Mario Pensotti, fondò con i due soci Colombo la prima fonderia in via Ronchi.
«Mio nonno era un grande lavoratore e si era fatto una solida esperienza come dipendente alla Fonderia Mario Pensotti – racconta il nipote Maurizio -. Insieme ad altri tre colleghi fonditori caricava sul treno i modelli e le casse d’anime che qui non era possibile co- lare perché troppo grandi, li portava a Terni e tornava indietro con il getto fatto. Quando gli fu abbassato lo stipendio, nel giro di una settimana i tre fonditori aprirono una fonde- ria tutta loro in via Ronchi. Ad aiutarli c’erano anche le mogli: caricavano il forno a carbone. Erano donne “massicce”, dovevano lavorare per portare a casa i soldi e comprare da mangiare. Il personale fu assunto in seguito. Facevano fusioni per macchine utensili».
Giuseppe Oldrini si sposò a 50 anni e divenne padre di sette figli maschi: due morirono presto, mentre gli altri fratelli seguirono le orme del padre. «I tre “soci” che inizialmente avevano fondato la fonderia Oldrini si divisero mettendosi in proprio. Mio nonno Giuseppe – spiega il nipote – continuò a gestire l’attività con i figli che dal 1930 al 1946 portarono avanti la “fonderia Fratelli Oldrini” spo- standosi in via Ronchi. Fu proprio nel 1946 che Michele e Virgilio fondarono la Fonderia Carroccio in via Ferraris, l’unica sopravvissuta ai tempi più duri».
Michele e Virgilio Oldrini affrontarono anni difficili, quelli del dopoguerra e della ricostruzione, ma con spirito imprenditoriale ed a volte avventuroso i due fratelli posero basi solide per lo sviluppo della nuova società.
L’automazione
Fu negli anni ’70, con il cambio di dirigenza e l’inserimento dei fratelli Osvaldo e Mauri- zio insieme alla cugina Carla, che la Fonderia Carroccio compì una decisa svolta nell’automazione degli impianti e nel rispetto ambientale. Del resto l’innovazione è sempre stata nel dna della famiglia Oldrini. Fu lo zio Dante Oldrini nel 1940 ad insegnare come si facevano i prototipi in gesso per la produzione in serie alla Fonderia Zanardi, la seconda fonderia in Italia per importanza.
Negli anni ’90, momento di massima espansione, l’azienda arrivò ad avere 120 dipendenti. Poi l’automazione portò ad una diminuzione della forza lavoro, ma allo stesso tempo ad un netto miglioramento delle condizioni in fabbrica, con un ambiente senza fumi e pol- veri inquinanti: «Siamo stati la prima fonderia a Legnano ad introdurre il depuratore ad umido nel forno – racconta Maurizio Oldrini -. La prima volta che lo attivammo si elevò una colonna di vapore che preoccupò sindaco e vigili: non erano, naturalmente, fumi nocivi»
Il mercato dell’industria motoristica navale
Nel tempo vengono applicate nuove tecno- logie, installati forni elettrici di fusione e un laboratorio di analisi. Oltre alla ghisa a grafite lamellare (EN-GJL), viene prodotta la ghisa a grafite sferoidale (EN-GJS), materiale che ha permesso alla Fonderia Carroccio di diver- sificare la produzione e abbracciare nuovi mercati.
Dal 2004 la produzione si è ulteriormente ampliata con l’inserimento della Ghisa SiMo (EN-GJS-SiMo), ghisa a grafite sferoidale le- gata al Silicio-Molibdeno, acquisendo in tal modo anche il mercato dell’industria moto- ristica navale. Tra i clienti più importanti c’è il colosso Wartsila.
La quarta generazione
Nel 2016 entra in azienda la quarta generazione, rappresentata dai figli di Maurizio, Luca e Roberta Oldrini, che portano avanti la fonderia insieme al padre, con 34 dipendenti: «Il lavoro sta cambiando molto. Oggi bisogna stare molto attenti al prezzo e bisogna presentarsi ai clienti – dichiara Luca Oldrini -. Visitiamo le fiere, non come espositori ma come osservatori di macchine utensili per la lavorazione del legno o del marmo, dove la ghisa può essere utilizzata ed impiegata. È una continua ricerca. Dopo due anni positivi, nel 2024 abbiamo registrato un rappezzamento nel mercato: noi fonditori siamo i primi della filiera ad accorgerci del cambiamento. Prevediamo però una ripresa».
Per avere un impianto performante è stato di recente installato un nuovo forno fusorio e anche gli altri impianti di produzione sono stati implementati o rinnovati.
Attenzione costante alla salvaguardia dell’ambiente
Massima attenzione anche all’ambiente: «Ogni anno – sottolinea Luca Oldrini – misuriamo le emissioni in atmosfera, anche se per legge andrebbero controllate ogni due anni: le normative sono molto stringenti. Ci sono anche più controlli sugli operatori, sono stati introdotti dispositivi di protezione ad hoc per ogni reparto e tipologia di lavorazione. Anche sotto il profilo della salute gli operatori sono tutelati».
Il lavoro manuale
La gran parte del lavoro è automatizzata e quindi meno faticosa, ma la componente umana continua ad essere rilevante. In questa fonderia che sembra d’altri tempi ogni fonditore ha il proprio compito. La quantità di materiale da colare viene scritta ancora a mano sulle forme in sabbia nera e la precisione è ancora importantissima, così come l’esperienza di chi lavora ed è stato formato in fonderia. I dipendenti storici non sono molti e quelli assunti negli ultimi anni sono perlopiù stranieri: «Non è un lavoro faticoso, basta usare la testa. Non è più come una volta» dichiara Maurizio Oldrini.
Si comandano macchine vicino a forni con temperature che superano i 1400 °C, ma il ritmo per dare nuova vita alla materia non appare frenetico.
La cultura del lavoro
Maurizio Oldrini ancora oggi non manca mai un giorno dal suo ufficio, dove affianca i figli, tra miniature di Alberto da Giussano e foto storiche alle pareti: «Sono cresciuto in fonderia, è sempre stata la mia seconda casa», ci dice mentre sfoglia un libro sulla storia dei primi 50 anni di Legnano città. «Andavo a scuola al Bernocchi, pochi minuti prima delle 8 suonava la sirena della fabbrica e mi svegliavo per andare in classe. Per me è stato naturale entrare in azienda, portare avanti il lavoro e affrontare le nuove sfide del mercato».
Il legame con Legnano
Ora il testimone è nelle mani dei figli. Luca Oldrini vede il futuro della fonderia sempre a Legnano, città a cui la sua famiglia è profondamente legata.
Appassionati contradaioli di Sant’Erasmo, i componenti della famiglia Oldrini hanno ricoperto ruoli importanti: Roberta è stata castellana, mentre Maurizio Oldrini ha portato il corvo, simbolo della contrada biancazzurra, nella storica sfilata del Palio di Legnano fino allo scorso anno, quando lo ha sostituito il figlio Luca. Silenzioso ma importante an- che il sostegno alle associazioni del territorio. «Legnano fa parte della nostra storia e il nostro legame con la città del Carroccio è molto forte», commentano i titolari.
Contatti:
+39 0331 548648 1946@fonderiacarroccio.com
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