“Oltre i Confini del Pensiero”: la nuova via aperta dall’alpinista legnanese Polidori
ha aperto la via chiamata "I Confini del Pensiero" e, successivamente, ha esteso la salita fino alla cima, completandola come "Oltre i Confini del Pensiero".
Dopo varie sfide, Walter Polidori il noto scalatore del Cai di Legnano, con il compagno di avventura Alessandro Ceriani, ha aperto una nuova via in Alto Adige, ossia, “I Confini del Pensiero” e, in seguito, l’ha completata fino alla cima, chiamandola “Oltre i Confini del Pensiero”. Impresa che ha compiuto anche con Said, Gianmaria e Alessandro Pelanda.«L’avventura è stata intensa – spiega Polidori – e ha lasciato un ricordo profondo di ogni emozione vissuta». L’alpinista, istruttore nazionale di alpinismo del Cai, ha aperto la nuova via sulla parete in Val d’Adige affrontando diverse esplorazioni e sfide tecniche. Inizialmente, ha studiato la parete, individuando una linea interessante, e ha esplorato il terreno insieme a Ceriani. Durante l’apertura, ha utilizzato fix per garantire la sicurezza, in alcune parti anche superando passaggi difficili. «Durante la pandemia, molti miei progetti sono rimasti sospesi – precisa Polidori -. Quando la vita è ripresa, ho ritrovato la passione per la montagna, ma ho deciso di bilanciare l’alpinismo con il tempo dedicato agli affetti e alla famiglia. Nonostante le difficoltà, ho ripreso a esplorare una parete in Val d’Adige con Alessandro».
La scoperta di una nuova via
A distanza di una settimana, precisamente lo scorso 21 settembre, i due alpinisti sono tornati all’attacco: partiti di nuovo dal parcheggio di Tommasi, questa volta hanno preso la direzione giusta. In 1h 40’ sono arrivati alla corda fissa, molto meglio delle 3h abbondanti della volta precedente. «Per arrivare all’ultima sosta de I Confini del Pensiero, si raggiunge una piccola cengia e da lì si sale qualche metro a sinistra, arrivando al terrazzino dove avevamo bivaccato al termine della via. Invece di andare a sinistra, se si segue la breve cengia verso destra, si arriva alla base dello spigolo che delimita a sinistra il grande diedro e alla sua destra si trova la parete grigia che ora avevamo deciso di salire. Quello sarebbe stato il punto di sosta, ben raggiungibile dalla via che avevamo aperto. Peccato che calandomi, per non mettere troppi fix, ho sottovalutato la distanza delle corde dalla parete, tanto da trovarmi nel vuoto, a circa due metri dalla cengia, senza riuscire a raggiungerla. Dopo molti tentativi, per evitare di risalire le corde per parecchi metri, ho deciso di scendere ancora e raggiungere una cengia più sporgente, presente circa venti metri più sotto, dove ho fatto sosta e avvisato i miei soci della situazione. Said è partito con la calata in doppia, gli ho fatto avere il trapano con la fissa, e con l’aggiunta di altri fix è riuscito a stare più vincolato alla parete e raggiungere l’agognata cengia, che poi anche io ho raggiunto risalendo la fissa. Ale e Gianma nel frattempo erano arrivati, con non poca fatica perché la doppia è davvero molto obliqua e tortuosa. Già arrivare qui è stata una avventura, ora bisognava finalmente disegnare il tratto finale della via e così abbiamo fatto».
I due alpinisti hanno così aperto la via “Oltre i Confini del Pensiero”. «Abbiamo superato le nostre titubanze, siamo andati oltre le considerazioni razionali che ci avevano fatto desistere l’anno precedente. Per tornare abbiamo deciso di utilizzare la traccia superiore: scendere in doppia è decisamente complicato nella parte finale. Il ritorno a piedi è comunque impegnativo, quasi sempre in salita, anche ripida. Inoltre, avevamo poche ore di luce e quindi il timore di trovarci al buio su quei pendii boscosi, dove solo esili tracce indicano il percorso (e qualche nostro ometto). Invece abbiamo raggiunto il sentiero segnato giusto al limite della visibilità. Da lì, con la lampada frontale, è stato facile tornare, in meno di due ore siamo arrivati alla macchina». Tante emozioni e riflessioni per i due alpinisti: «L’etica di apertura non è stata esemplare, ricca di passaggi in artificiale ma, secondo me, la linea è logica, la via ha una bella personalità ed è stata vissuta in pieno dagli apritori. Dal punto di vista personale, sono entusiasta dell’esperienza. È stato impegnativo salire, ma molto gratificante; dal punto di vista umano lo è stato ancora di più, perché se le persone con cui si condividono certe esperienze sono quelle giuste, il legame tra di loro non potrà che diventare sempre più grande. Ogni volta che guarderò quella “s” nera nel muro giallo della nostra parete, so che mi torneranno in mente decine di istanti pieni di divertimento, tensione, paura, soddisfazione, incertezza, condivisione. Quegli istanti si chiamano vita».
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