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“Sub tutela dei”: a Legnano una mostra per Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” freddato 34 anni fa dalla Stidda

La mostra, visitabile ad ingresso libero nei fine settimana, è divisa in quattro sezioni con testi, immagini, video e un audio che rievoca l’agguato e che introduce al percorso

Taglio del nastro a Legnano per “Sub tutela Dei – Il giudice Rosario Livatino”, mostra di proprietà del Meeting di Rimini allestita per la prima volta nel 2022 e dedicata alla figura del “giudice ragazzino” freddato dalla Stidda nell’Agrigentino 34 anni fa, che sarà visitabile a Palazzo Leone da Perego fino al prossimo 6 ottobre, a corollario dell’intitolazione dell’ex tribunale di via Gilardelli al magistrato.

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Legnano intitola al "giudice ragazzino" Rosario Livatino l'ex tribunale 4 di 25

«L’idea di queste iniziative è nata da un gruppo di associazioni che comprendeva Libera, ACLI, Azione Cattolica, Chiesa di Legnano e Polis a luglio 2023 – ha spiegato il referente del presidio di Legnano di Libera Gianpiero Colombo -. Come Libera l’abbiamo sostenuta con forza perché guardiamo alla vita di Livatino come un esempio di grande coraggio e coerenza civile. L’impegno instancabile quotidianamente rinnovato nel combattere ogni forma di sopruso, ogni intolleranza, ogni prevaricazione, ogni atto di illegalità, trova in Rosario Livatino un fulgido esempio a cui anche le giovani generazioni potranno guardare, consapevoli che la strada dell’impegno e della coerenza varrà sempre la pena di essere imboccata e percorsa. Per Libera il giudice Livatino ha avuto un ruolo fondamentale anche perché fu uno dei primi giudici del Tribunale di Agrigento ad applicare la legge Rognoni – La Torre del 1982 sul sequestro e la confisca dei beni, intuendo che veri mafiosi fosse uno strumento di grande importanza nella lotta alle organizzazioni mafiose, com’è ancora oggi anche nel nostro territorio. Le parole che sono state inserite nella targa dedicata a Livatino (“Quando moriremo, nessuno verrà a chiederci quanto siamo stati credenti, ma credibili”, ndr) sono tra quelle che a noi stanno più a cuore: sono parole che ci richiamano ad un impegno responsabile per la giustizia sociale, per la dignità e i diritti delle persone, a relazioni autentiche e all’etica dei nostri comportamenti nella nostra vita privata e pubblica».

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«Questa mostra è una bellissima testimonianza – ha aggiunto Salvatore Insegna, cugino del giudice assassinato dalla criminalità organizzata -, e spero che venga visitata da molti giovani perché abbiamo bisogno di testimoni e di coscienza di ciò che è accaduto e di ciò che sta accadendo. Per Rosario non esisteva il concetto di antimafia, la giustizia doveva essere propositiva: lui era pro giustizia, pro uomo, per lui anche davanti al più accanito dei mafiosi e dei delinquenti, e lui ne ha conosciuti, bisognava ricordarsi che si trattava di un essere abitato da Dio, e la dignità umana non va mai calpestata. Essere pro giustizia è favorire la giustizia in tutte le sue forme e ognuno di noi può farlo nel suo ambito lavorativo, non serve essere giudici o avvocati o appartenere alle forze dell’ordine».

La mostra, visitabile ad ingresso libero nei fine settimana dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 19, è divisa in quattro sezioni con testi, immagini, video e un audio che rievoca l’agguato e che introduce al percorso. La prima sezione è dedicata alla formazione personale di Livatino e al contesto sociale e umano in cui è cresciuto e vissuto; la seconda sezione è invece dedicata alla figura di Livatino in qualità di giudice e al particolare contesto storico-criminale entro il quale era chiamato ad operare. La terza sezione, poi, racconta del martirio e della beatificazione di Livatino e di Piero Ivano Nava, testimone chiave nei processi per l’assassinio del giudice; la quarta sezione, infine, è incentrata sull’eredità di Livatino, dal ruolo della Chiesa nella resistenza alla mafia alle testimonianze di donne e uomini che, in vari modi, lo hanno conosciuto. In esposizione anche le riproduzioni di due lettere, una scritta da uno dei mandanti dell’omicidio, Salvatore Calafato, l’altra da uno degli esecutori, Domenico Pace.

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Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 21 Settembre 2024
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