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L’attivista afgano Atai: “Stanno annientando le donne in Afghanistan, non possiamo tacere”

L'afgano Atai di Busto Arsizio, che lo scorso febbraio aveva tenuto un incontro all’Istituto Rita Levi Montalcino di Legnano: «Sotto gli occhi dell'occidente, alla luce del sole, i talebani stanno annientando 80mila donne»

burqa

In occidente si festeggia l’8 marzo si lotta per i diritti delle donne e contro la violenza di genere. In Afghanistan la libertà per gentil sesso è stato cancellato con un colpo di spugna. Oggi venerdì 30 agosto 2024  la polizia morale del governo talebano ha dichiarato che non collaborerà più con la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, definendola “una parte avversa” e nei giorni scorsi è arrivato l’ennesima legge contro il genere femminile, ossia, il divieto di parola. E c’è da indignarsi visto che, come ci spiega l’attivista Atai Walimohammad, le donne sono ormai viste come «corpi utili solo per la procreazione. Perché si continua a tollerare tutto ciò?». L’afgano Atai di Busto Arsizio, che lo scorso febbraio aveva tenuto un incontro all’Istituto Rita Levi Montalcino di Legnano in occasione della settimana dell’Intercultura, ha poi aggiunto con forza: «Sotto gli occhi dell’occidente, alla luce del sole, i talebani stanno annientando 80mila donne che sino a pochi anni fa vivevano libere, lottavano per costruire un Afghanistan migliore. Tutt’un tratto sono diventate solo utili per far nascere maschi o meglio i talebani del futuro. In Italia c’è un gruppo di attivisti come me che sta continuando a chiedere alla Farnesina di fare qualcosa, di aprire vie di fuga per queste donne. Ma ci sembra di esser inascoltati».

Dopo esser state estromesse dal lavoro, dalle scuole, dalle università ora le donne non possono parlare. Una negazione dei diritti che per molte è insopportabile tant’è che come ci spiega l’attivista, molte donne vedono il suicidio come unica salvezza: «Sappiamo – precisa l’attivista da tempo cittadino italiano – che ci sono almeno 400 donne che si sono già tolte la vita». Mentre ci parla lo scrittore ed educatore, rifugiato politico in Italia, da anni residente a Busto Arsizio, pensa ad alcuni suoi famigliari che sono ancora laggiù e a tutte quelle donne che non sono riuscite a scappare e ora «lottano e cercano di scappare». Tre anni dopo la fuga degli americani da Kabul i talebani hanno «violato i diritti umani e lo hanno fatto con una facilità incredibile: senza alcuna opposizione – ne è certo Atai Walimohammad -. I talebani entrano nelle case, si impongono con la forza. Le bambine non possono più vivere la loro adolescenza, non possono scegliere la loro strada, il loro amore. Sono considerate merce acquistabile: il loro futuro è quello di divenire spose dei talebani, spose bambine: macchine da riproduzione. Tutto ciò è ingiusto: questo è un orrore insopportabile».

L’attivista ci ricorda che in Afghanistan è stata introdotta la “Legge per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio”, la normativa proibisce anche agli autisti di trasportare donne adulte senza un tutore maschio legale. Il provvedimento impone alle donne di coprirsi il volto e il corpo per evitare di «indurre in tentazione». Impone di evitare di far sentire in pubblico voci di donne, compresi canti, recite o discorsi nei microfoni. Vietata, inoltre, la pubblicazione sui media di fotografie in cui sono ritratte le persone, sia donne che uomini. A far rispettare le nuove norme ci penserà il ministero per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio «La pena per chi viola queste regole è la fustigazione e la lapidazione – spiega l’attivista -. La situazione attuale è peggio di quella del 1996… tutto ciò è disumano. Non possiamo girarci dall’altra parte e non guardare. Non possiamo tacere».

Atai ha ricordato le parole dell’ambasciatore afgano in Italia che ha ribadito: «In questo momento critico, l’Italia deve continuare a sostenere l’Ambasciata e la Missione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan a Roma, accreditata con procedure legittime, per continuare a fornire servizi diplomatici e consolari vitali alla diaspora afghana, consentendole al contempo di far leva sull’impegno bilaterale e multilaterale per difendere i bisogni e i diritti di tutti gli afghani, in particolare delle donne, delle ragazze e delle minoranze, nonché per sostenere i nostri valori democratici condivisi». L’attivista ha poi ribadito: «Come ha suggerito l’ambasciatore tutti noi e parlo da italiano dobbiamo esercitate pressioni sul governo locale e centrale affinché l’apartheid di genere contro le fasce femminili della popolazione afghana diventi parte del diritto internazionale. Il sostegno ai diritti delle ragazze e delle donne in Afghanistan dovrebbe essere la pietra miliare della politica estera italiana».

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Pubblicato il 31 Agosto 2024
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