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“C’è relazione tutte le volte che incontro un’altra persona”

In questa terza puntata pubblichiamo la lettera inviata alla redazione da Carla Manfredi, che ringraziamo per aver voluto condividere i suoi pensieri con tutti noi, assolutamente in linea con gli obiettivi della nostra rubrica

Generico 03 Jun 2024

Siamo soliti pensare che le relazioni abbiano prevalentemente un valore sentimentale, amoroso o affettivo che sia o, tutt’al più, familiare. È da tempo, invece, che mi interrogo sul fatto che c’è relazione tutte le volte che incontro un’altra persona, può cambiare l’intensità della relazione e diventare, appunto, affettiva o amorosa, ma, di fatto, una relazione si instaura anche quando chiedo gentilmente un caffè al bar e il barista me lo fa. Con questo tarlo in testa penso che curare le relazioni debba diventare il mantra se non di questo millennio, almeno, di questo decennio. Il decennio scorso e l’uso dei social hanno svuotato la parola condivisione e ci hanno resi più fragili, per questo è necessario e urgente prendersi cura delle relazioni.
Curare tutte le relazioni, anche quelle che ci sembrano occasionali o solo professionali.

Qualche mese fa, in occasione di uno stage linguistico con la scuola, uno studente con passaporto albanese si reca in questura chiedendo quali fossero i documenti necessari per andare in Inghilterra. Gli viene consegnato un documento che i docenti accompagnatori avrebbero dovuto firmare e corredare di copia della loro carta d’identità. In questo breve scambio: quante relazioni si sono già formate? Un numero sufficiente… Purtroppo, però il ragazzo non si è mai imbarcato per l’Inghilterra con i suoi compagni perché sprovvisto di un documento indispensabile: il visto per l’Inghilterra. Ritornati in questura per capire, l’ufficiale si ricordava del ragazzo e della procedura attivata, ma sosteneva che il disguido non era di sua responsabilità. Forse la responsabilità non era sua, ma il caso è stato trattato con evidente incuria. La mancanza di cura della relazione che si era venuta a creare fra la famiglia e l’ufficiale ha impedito la partenza del ragazzo. Perché non chiedere, così solo per prendersi cura di chi si ha di fronte, se la famiglia avesse provveduto a richiedere il visto? Credo sia necessario ripristinare, rivalutare, riconsiderare l’idea della “social catena” di leopardiana memoria per poter uscire dalla nostra condizione ombelicale.

Carla Manfredi 

Con piacere in questo terzo numero pubblichiamo la lettera inviata alla redazione da Carla Manfredi, che ringraziamo per aver voluto condividere i suoi pensieri con tutti noi, assolutamente in linea con gli obiettivi della nostra rubrica. Il racconto di Carla, protagonista di questo numero, ci stimola su diversi fronti e le prime due domande che mi suscita, sono: Cos’è relazione? Perché certe relazioni non funzionano? Tutto quello che viviamo è relazione, con pesi diversi certamente, ma tutto contribuisce al nostro stare al mondo. Mentre ti leggevo mi veniva alla mente un episodio di cui sono stata spettatrice, di recente: un ragazzo con difficoltà a deambulare, nel mettersi in coda alla biglietteria della stazione di Bologna, ha ceduto il passo ad un signore più anziano. Con la mano gli ha fatto segno “vai, passa pure” e il signore con un cenno del capo, ha ringraziato.
E’ bastato poco.Bastava poco. Quel piccolo gesto è stato apprezzato dall’anziano e ha arricchito tutti quelli che lo hanno colto, oltre che i protagonisti stessi. Il giovane sarà stato fiero di sè e l’anziano avrà pensato “che giovane gentile”. Queste sono azioni di cura, che hanno e danno forza, creano speranza e fiducia nell’altro.

La fatica del giovane è la stessa che richiede il curare le relazioni: fermarsi a osservare e pensare per cogliere, oltre ai miei, i bisogni di chi mi è difronte non è una questione automatica ma è un lavoro, è un impegno.

Bastava. Un sorriso di ritorno per rispondere a un sorriso. Bastava
Uno spazio condiviso ma nessun Altare d’oro

di
Pubblicato il 06 Giugno 2024
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