“C’è relazione tutte le volte che incontro un’altra persona”
In questa terza puntata pubblichiamo la lettera inviata alla redazione da Carla Manfredi, che ringraziamo per aver voluto condividere i suoi pensieri con tutti noi, assolutamente in linea con gli obiettivi della nostra rubrica
Siamo soliti pensare che le relazioni abbiano prevalentemente un valore sentimentale, amoroso o affettivo che sia o, tutt’al più, familiare. È da tempo, invece, che mi interrogo sul fatto che c’è relazione tutte le volte che incontro un’altra persona, può cambiare l’intensità della relazione e diventare, appunto, affettiva o amorosa, ma, di fatto, una relazione si instaura anche quando chiedo gentilmente un caffè al bar e il barista me lo fa. Con questo tarlo in testa penso che curare le relazioni debba diventare il mantra se non di questo millennio, almeno, di questo decennio. Il decennio scorso e l’uso dei social hanno svuotato la parola condivisione e ci hanno resi più fragili, per questo è necessario e urgente prendersi cura delle relazioni.
Curare tutte le relazioni, anche quelle che ci sembrano occasionali o solo professionali.
Qualche mese fa, in occasione di uno stage linguistico con la scuola, uno studente con passaporto albanese si reca in questura chiedendo quali fossero i documenti necessari per andare in Inghilterra. Gli viene consegnato un documento che i docenti accompagnatori avrebbero dovuto firmare e corredare di copia della loro carta d’identità. In questo breve scambio: quante relazioni si sono già formate? Un numero sufficiente… Purtroppo, però il ragazzo non si è mai imbarcato per l’Inghilterra con i suoi compagni perché sprovvisto di un documento indispensabile: il visto per l’Inghilterra. Ritornati in questura per capire, l’ufficiale si ricordava del ragazzo e della procedura attivata, ma sosteneva che il disguido non era di sua responsabilità. Forse la responsabilità non era sua, ma il caso è stato trattato con evidente incuria. La mancanza di cura della relazione che si era venuta a creare fra la famiglia e l’ufficiale ha impedito la partenza del ragazzo. Perché non chiedere, così solo per prendersi cura di chi si ha di fronte, se la famiglia avesse provveduto a richiedere il visto? Credo sia necessario ripristinare, rivalutare, riconsiderare l’idea della “social catena” di leopardiana memoria per poter uscire dalla nostra condizione ombelicale.
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Carla Manfredi
Con piacere in questo terzo numero pubblichiamo la lettera inviata alla redazione da Carla Manfredi, che ringraziamo per aver voluto condividere i suoi pensieri con tutti noi, assolutamente in linea con gli obiettivi della nostra rubrica. Il racconto di Carla, protagonista di questo numero, ci stimola su diversi fronti e le prime due domande che mi suscita, sono: Cos’è relazione? Perché certe relazioni non funzionano? Tutto quello che viviamo è relazione, con pesi diversi certamente, ma tutto contribuisce al nostro stare al mondo. Mentre ti leggevo mi veniva alla mente un episodio di cui sono stata spettatrice, di recente: un ragazzo con difficoltà a deambulare, nel mettersi in coda alla biglietteria della stazione di Bologna, ha ceduto il passo ad un signore più anziano. Con la mano gli ha fatto segno “vai, passa pure” e il signore con un cenno del capo, ha ringraziato.
E’ bastato poco.Bastava poco. Quel piccolo gesto è stato apprezzato dall’anziano e ha arricchito tutti quelli che lo hanno colto, oltre che i protagonisti stessi. Il giovane sarà stato fiero di sè e l’anziano avrà pensato “che giovane gentile”. Queste sono azioni di cura, che hanno e danno forza, creano speranza e fiducia nell’altro.
La fatica del giovane è la stessa che richiede il curare le relazioni: fermarsi a osservare e pensare per cogliere, oltre ai miei, i bisogni di chi mi è difronte non è una questione automatica ma è un lavoro, è un impegno.
Bastava. Un sorriso di ritorno per rispondere a un sorriso. Bastava
Uno spazio condiviso ma nessun Altare d’oro
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