L’ex Tribunale di Legnano sarà intitolato al “giudice ragazzino” Rosario Livatino
L'intitolazione a Livatino si inserisce nel pacchetto di azioni con cui Legnano vuole promuovere la legalità e il contrasto alle mafie
L’ex Tribunale di Legnano di via Gilardelli sarà intitolato al giudice Rosario Livatino. L’intitolazione, in programma nei prossimi mesi, si inserisce in “Passi di legalità”, il pacchetto di azioni che Palazzo Malinverni sta portando avanti per promuovere la legalità e il contrasto alle mafie.
Progettato negli anni ’80 dall’architetto Guido Canella, l’ex tribunale dal collaudo nel 1993 fino al 2013 ha ospitato la sede distaccata del Tribunale di Milano. L’edificio, peraltro, è solamente un terzo di quello complessivamente progettato in origine, che prevedeva la realizzazione di un’altra ala simmetrica a quella esistente rivolta verso via Matteotti e, fra i due rami, uno spazio destinato a piazza coperta.
L’ex tribunale di via Gilardelli, che oggi, dopo un intervento di riqualificazione che ha ridisegnato gli spazi interni, ospita alcuni uffici comunali e fa di fatto da succursale al municipio, nell’ultima, concitata, stagione dell’amministrazione a trazione leghista dell’allora sindaco Gianbattista Fratus era stato proposto anche come nuova sede per la biblioteca cittadina, cui la giunta di quegli anni avrebbe voluto dare una nuova casa nel Parco Falcone e Borsellino. Oggi l’ex palazzo di giustizia, con l’intitolazione, si prepara a diventare in qualche modo un simbolo cittadino della lotta alle mafie contribuendo a mantenere vivo il ricordo del “giudice ragazzino” – per riprendere la controversa definizione coniata dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga – Rosario Livatino.
Chi era Rosario Livatino
Nato nel 1952 a Canicattì, in provincia di Agrigento, Livatino dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università di Palermo diventa vicedirettore in prova dell’Ufficio del Registro. Diventato magistrato, nel 1978 viene assegnato al Tribunale di Caltanissetta e poi, un anno dopo, a quello di Agrigento, come sostituto procuratore, ruolo che ricoprirà fino al 1989, prima di essere nominato giudice a latere. Sono gli anni in cui Livatino alza il velo sui finanziamenti regionali sulle cooperative giovanili di Porto Empedocle e si dedica ad una serie di indagini su una serie di episodi di corruzione che passeranno alla storia con la Tangentopoli siciliana. Il fiore all’occhiello, però, resta probabilmente l’inchiesta che avrebbe poi portato al maxiprocesso contro le cosche di Stidda di Agrigento, Canicattì, Campobello di Licata, Porto Empedocle, Siculiana e Ribera.
Proprio sulla strada tra Canicattì e Agrigento la mattina del 21 settembre 1990 Rosario Livatino troverà la morte a soli 38 anni: all’altezza del viadotto Gasena, che oggi porta il suo nome, la sua auto verrà infatti affiancata e speronata da un’altra vettura da cui verranno esplosi colpi di pistola. A nulla varrà il tentativo di fuga nonostante le ferite: inseguito dai killer, Livatino verrà ucciso. Sul luogo dell’omicidio arriveranno, tra gli altri, da Palermo arrivarono il procuratore aggiunto Giovanni Falcone e da Marsala il procuratore Paolo Borsellino. Per arrivare alla verità sulla sua morte ci vorranno tre processi. Il 9 maggio 2021 nella Cattedrale di Agrigento verrà proclamato beato.
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