In macchina hanno sempre gli stivali d’ordinanza, insieme a croccantini e cibo umido. Tutte le mattine, prima di andare al lavoro hanno già il percorso tracciato: prima passano in una colonia felina, poi nell’altra. Attraversano sentieri e prati in diverse zone di Legnano, si avvicinano alle cucce e lasciano da mangiare. Puliscono dove serve, mettendoci la massima cura. In pausa pranzo e la sera fanno un altro giro, per prendersi cura di altri mici randagi. È incredibile il lavoro che quotidianamente svolgono le “Cat ladies” (il nome gattara sarebbe riduttivo ndr) della P.A.L. di Legnano, impegnate a gestire 40 colonie feline sul territorio.

Difficile fare carezze o giocare con questi animali selvatici, ma le coccole non sono così importanti: «Quello che ci preme – ci dice Michela, una delle volontarie della Protezioni Animali di Legnano – è sapere che stanno bene, che hanno da mangiare e che possono contare su un ambiente pulito e sereno. Richiede tempo, nel mio caso almeno 16 ore alla settimana di volontariato, ma lo facciamo con piacere». Insieme a Michela abbiamo incontrato Raffaella, Silvana e la loro coordinatrice Stefania: «A Legnano e nei Comuni convenzionati, la Pal gestisce una quarantina di colonie – ci spiega Stefania Anselmi –  Un numero davvero alto, al quale si aggiungono le colonie gestite da privati, cresciuto esponenzialmente durante e dopo la pandemia. I gatti randagi non si vedono ma sono davvero tanti e necessitano di cibo e di attenzioni. Senza contare gli oltre 100 mici che abbiamo in rifugio». Nadia Olgiati si occupa anche di tutte le entrate in struttura dei cuccioli di colonia.

Le colonie di gatti sul territorio sono censite nell’anagrafe degli animali da affezione, hanno un tutor di riferimento e tutti i gatti sono sterilizzati (a cura dell’ATS), con la collaborazione dei cittadini e delle Associazioni Protezionistiche. «Non sempre, però, Ats copre tutte le sterilizzazioni e in quel caso subentriamo noi per non lasciare situazioni scoperte – spiega Anselmi -,  Il problema, alla base, è legato ai padroni che non sterilizzano i propri animali, soprattutto quando i gatti sono maschi, vuoi per mancanza di informazioni e di cultura, vuoi per mancanza di soldi: le spese veterinarie sono fortemente aumentate e non tutti se le possono permettere. Anche gli abbandoni sono in aumento: questo comporta un proliferare di mici da sfamare e accudire. Noi facciamo il possibile, e non sempre il nostro ruolo viene adeguatamente riconosciuto. Anche per questo non amo il termine “gattare”. Preferisco “Cat ledies”».

E il loro lavoro è davvero da lodare, sia per il tempo che dedicano a questi animali, sia per la dedizione e l’affetto con cui fanno gli interventi di volontariato: «Non è possibile non affezionarsi a questi mici: li conosciamo tutti per nome, alcuni hanno anche il loro nomignolo», ci dicono mostrandoci, prima di salutarci, una delle loro colonie. Fuori dalle casette in legno ci sono Soleil, Selvaggia, Gigio, Gigetto e Gigetta. Fino a qualche tempo fa c’era anche Pelosone: «Lo abbiamo cercato ovunque ma non è ancora tornato».