La Crisi Grancasa è nera, presidio a Legnano: “Le banche si mettano una mano sulla coscienza”
Grancasa è ad un passo dal fallimento, potrebbe salvarsi solo con l'arrivo di un nuovo pretendete, ma le banche battono cassa. A Legnano sono a rischio 90 lavoratori
«Siamo appesi a un filo. Le banche stanno governando i processi aziendali del Gruppo Grancasa per colpa di una gestione dirigenziale sbagliata portata avanti in questi ultimi anni». È fortemente preoccupato, Fabio Toriello, segretario della Filcams Cgil Ticino Olona, intervenuto insieme ai lavoratori alla protesta organizzata oggi, mercoledì 19 luglio, sotto la sede amministrativa di Legnano. Grancasa è ad un passo dal fallimento, potrebbe salvarsi solo con l’arrivo di un nuovo pretendete pronto a rilevare i rami d’azienda ed i suoi lavoratori. A minacciare il futuro però, ci sono anche le banche impegnate a batter cassa a fronte dei debiti accumulati dal 2016 ad oggi, da tre amministrazioni differenti: «Tutte loro – ha rimarcato Mario Principe segretario della Cgil Ticino Olona – hanno goduto di finanziamenti pubblici per rilanciare questa realtà e non affondarla. Ma la realtà dei fatti è che l’hanno portata a un passo dal fallimento: questo è grave. Gruppi come questo sono capaci solo di chiedere ai dipendenti di lavorare senza soluzione di continuità e intascarsi gli utili. Noi chiediamo che i lavoratori non vengano lasciati a casa. E che questo gruppo si prenda le proprie responsabilità».
A LEGNANO 90 LAVORATORI A RISCHIO
A Legnano in questa difficile vertenza sono coinvolti 58 lavoratori della parte amministrativa nella sede di via Maestri del Lavoro (per lo più donne) e una trentina di dipendenti nel punto vendita di via Jucker. Molti di loro hanno alle spalle più di 30 anni di lavoro in Grancasa. C’è chi ha visto nascere la sede legnanese: «Mai mi sarei aspettata tutto questo – spiega una lavoratrice -. La speranza è l’ultima a morire e continuiamo a credere che ci sia la possibilità di andare avanti nonostante lo scenario estremamente complicato». Un’altra dipendente ha raccontato: «Anni fa se dicevi di lavorare con il Gruppo Grancasa la risposta era: “Sei in una botte di ferro, hai un bel posto”, perchè c’era la famiglia Morosi a occuparsi di noi. Oggi non è più così. La profonda crisi di questo gruppo è sotto gli occhi di tutti». Pensare ad una ricollocazione appare impossibile: «Alla nostra età? È difficile – affermano con scetticismo diverse dipendenti -. Non ci sarebbe la possibilità di trovare un posto di lavoro alle stesse condizioni contrattuali. La preoccupazione cresce nel pensare che a molte di noi mancano diversi anni prima di poter arrivare alla pensione».
A sostenere i lavoratori coinvolti in questa complessa vertenza, mostrando vicinanza, anche il vice sindaco di Legnano Anna Pavan con l’assessore Lorena Fedeli e il sindaco di Rescaldina Gilles Ielo: «Chiedete aiuto ai Comuni: nessuno di voi si deve vergognare, la colpa non è vostra, ma di chi non ha saputo gestire questa realtà». Gli stessi amministratori sono preoccupati per il futuro delle aree che non devono diventare l’ennesima archeologia industriale abbandonata e ricettacolo di criminalità.
IL FATTORE TEMPO È FONDAMENTALE
Angela Lazzaro della FisasCat Cisl Milano Metropoli, insieme a Principe e Toriello ha spiegato che ieri sera, martedì 18 luglio, si è tenuto un ultimo incontro con i referenti di crisi ma è ancora tutto in sospeso. «La crisi che sta vivendo il Gruppo è nera – hanno detto senza mezzi termini – e il futuro dei lavoratori è a rischio». Le notizie comunicate sembravano rincuoranti. Poi la doccia fredda: «Il ricavato della vendita del negozio Vicenza – hanno spiegato i sindacati – che tra l’altro non era nei piani ed è stato inaspettato, è richiesto dalla banche per coprire i debiti creati in questi anni da tre amministrazioni differenti: in 8 mesi sono stati sperperati 25 milioni senza un piano di crescita. Ed ora restiamo in attesa del prossimo incontro».
Il fattore “tempo” gioca un ruolo importante per tutti: «In ballo ci sono le misure protettive: i contratti di solidarietà. C’è tempo sino a febbraio 2024 – concludono i rappresentanti dei lavoratori -, ma se la situazione non cambia, che accadrà? Le banche non intendono più dare possibilità ai lavoratori: noi gli chiediamo di mettersi una mano sulla coscienza. Dobbiamo restare tutti uniti per chiedere con forza tutele e soluzioni. Non dobbiamo perdere fiducia».
(nel video la testimonianza di una lavoratrice del punto vendita di Nerviano, chiuso in primavera).
Al termine del presidio abbiamo provato a suonare alla direzione, ma nessun rappresentante era in sede. Rimaniamo disponibili per una eventuale replica.
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