Riciclavano denaro con la ‘ndrangheta, chiesta la condanna per due consulenti di Legnano
Il pm Cerreti della Dda ha chiesto 6 anni per Enrico Verità e 13 per Fabrizio Scatolini. Insieme a Giuseppe Morabito (per lui 5 anni) e Paola Galliani gestivano soldi nascosti all'estero di facoltosi clienti
È giunto alle fasi finali il processo nei confronti del consulente finanziario legnanese Enrico Verità che, insieme a Giuseppe Morabito (classe 1959 di Rosarno, legato al clan di ‘ndrangheta dei Pesce-Bellocco) e all’altro legnanese Fabrizio Scatolini è imputato nel processo su due riciclaggi di danaro sporco e un caso di estorsione (reato contestato al solo Scatolini perchè gli altri avevano scelto l’abbreviato, qui le condanne), reati risalenti al periodo 2016-2017.
L’esponente del clan per picchiare il debitore
La vicenda giudiziaria prende le mosse dal procedimento nei confronti della broker finanziaria legnanese Paola Galliani, già condannata, che utilizzò l’esponente del clan Pesce-Bellocco per picchiare un uomo che doveva consegnarle dei soldi.
Il riciclaggio in Svizzera e in Moldavia
Questa mattina la pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore della Dda di Milano Alessandra Cerreti ha concluso la sua requisitoria con pesanti richieste di condanna per tutti gli imputati. Secondo la pm i fatti sono ampiamente provati dalle numerose intercettazioni che ricostruiscono due episodi di riciclaggio di denaro estero su estero effettuate appoggiandosi ad un piccolo istituto di credito di Bellinzona, considerato da Morabito come vicino all’organizzazione, e ad altre banche tra Moldavia e Slovacchia. Il fatto che altri abbiano patteggiato e ampiamente ammesso le contestazioni è stato un fattore determinante nello sviluppo della requisitoria.
La belva Giuseppe Morabito, narcotrafficante con casa in Ticino e conoscenze nelle banche
Particolarmente feroce appare la figura di Giuseppe Morabito (che la consulente legnanese chiamava “la belva”) per il quale il pm ha chiesto una pena di 5 anni per due riciclaggi che si va ad aggiungere a quella rimediata nel processo Linfa a Milano per traffico internazionale di stupefacenti. A lui e alla sua forza intimidatoria la Galliani aveva affidato la “punizione fisica” nei confronti di Giuseppe Moscato il quale era stato accusato dal gruppo di non voler restituire una parte dei soldi di un cliente della Galliani, transitati sul conto di un amico del quale possedeva le credenziali.
Il consulente finanziario
Di questo gruppo il pm Cerreti considera un componente a tutti gli effetti Enrico Verità (difeso da Gianluigi Fontana che ha chiesto l’assoluzione) per il quale ha chiesto una condanna a 6 anni per riciclaggio. È presente all’incontro in cui avviene il pestaggio di Moscato, intrattiene conversazioni telefoniche che riguardano questi casi con la Galliani, conosce “Pino” Morabito.
Scatolini, cerniera tra diversi mondi
La condanna più pesante è stata chiesta, però, da Fabrizio Scatolini. Fratello di Stefano, vecchia conoscenza del narcotraffico e da sempre vicino ai clan della ‘ndrangheta, finisce in questa vicenda nell’ambito dell’episodio estorsivo. È lui il collegamento con Giuseppe Moscato ed è sempre lui ad essere presente durante il pestaggio. Moscato dirà che Scatolini non ha mosso un dito per difenderlo dalle botte di Morabito.
Secondo il difensore Luigina Pingitore a Scatolini viene attribuita l’aggravante mafiosa per i rapporti che il fratello avrebbe avuto con uomini della ‘ndrangheta in passato. Il legale ha specificato che a sostegno delle tesi dell’accusa vi sono solo intercettazioni che, per quanto legittime, non possono essere sempre considerate prove. Per questo ha chiesto l’assoluzione.
Il ruolo di Giuseppe Moscato
Chiesti, infine, 2 anni e 9 mesi per Giuseppe Moscato per il quale la pm ha avuto una certa clemenza in forza del fatto che l’uomo ha raccontato tutto quello che poteva dire e ha restituito 19 mila euro, cioè tutto quello che aveva sul conto. Minimo della pena e attenuanti generiche per lui che aveva prestato il conto di un amico (mera testa di legno) per far transitare i soldi del riciclaggio. Secondo la pm era pienamente consapevole dell’operazione illecita.
La sentenza
Riciclaggio ed estorsione con l’aggravante mafiosa a Legnano, tutti assolti
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