Covid-19, i guariti restano immuni per due anni. Il prof Mazzone: «I risultati confermano la nostra tesi»
In una lunga intervista rilasciata all'agenzia stampa Adnkronos Salute, prof Antonino Mazzone, a capo del Dipartimento di Area medica dell'Asst Ovest Milanese ha rilanciato la sua tesi oggi avvalorata da nuovi dati scientifici
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Le persone guarite dal Covid 19 mantengono l’immunità per due anni. In una lunga intervista rilasciata all’agenzia stampa Adnkronos Salute, prof Antonino Mazzone, a capo del Dipartimento di Area medica dell’Asst Ovest Milanese ha rilanciato la sua tesi oggi avvalorata da nuovi dati scientifici, pubblicati su ‘Plos One’. «I risultati confermano che bisognava aspettare a vaccinare chi aveva già avuto l’infezione». In pratica quest’immunità è permessa dagli anticorpi e consolidata dalle cellule T della memoria: «Soldati del sistema immunitario che anche a lungo termine riescono a riconoscere Sars-CoV-2, guidando e mantenendo una risposta antivirale “senza differenze significative” rispetto ai vaccinati» precisa il prof Mazzone.
Nell’articolo dell’agenzia stampa emerge che la ricerca del gruppo di Mazzone, con primi firmatari Arianna Gatti e Gaetano Zizzo, ha misurato la reattività dei linfociti T della memoria in persone non vaccinate guarite da un’infezione documentata fino a 2 anni prima (convalescenti tardivi) e in asintomatici completamente vaccinati. Per farlo sono state utilizzate “tecniche sofisticate che valutano l’immunità cellulare”, i test Quantiferon* (Qfn) e Activation-Induced Marker (Aim). Il lavoro ha coinvolto 22 convalescenti tardivi e 13 vaccinati da almeno da 4 mesi.
«Questo studio evidenzia che – precisano gli autori – i soggetti immunocompetenti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 sviluppano e mantengono nel medio-lungo termine risposte di memoria immunitaria cellulare e umorale. I tassi di reattività delle cellule T e di positività anticorpale non differiscono significativamente da quelli osservati nei vaccinati, confermando e ampliando evidenze recenti secondo cui le risposte delle cellule T” sono altrettanto elevate a seguito di infezione o vaccinazione». I ricercatori suggeriscono che la combinazione dei test Qfn e Aim può «migliorare la valutazione della memoria immunitaria acquisita naturalmente», per effetto della sola infezione, «e permettere la stratificazione” dei guariti “in base a diversi gradi di protezione contro la reinfezione o la ricaduta, che possono richiedere differenti strategie di monitoraggio e vaccinazione». A fronte di ciò Mazzone è tornato a ribadire: «Abbiamo sempre sostenuto che i pazienti guariti sviluppano un’immunità solida e che non andavano vaccinati all’inizio della campagna vaccinale. Bisognava aspettare. A distanza ormai di 3 anni, è arrivato il momento di chiarire alcuni aspetti dell’immunità indotta dal vaccino e dall’infezione. Il nostro studio vuole contribuire a questo. La lezione per il futuro è che la vaccinazione va mirata».
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