Il microbiologo Clerici: «Ricordo l’incredulità, poi l’unità nell’affrontare il covid-19»
Dopo tre anni dall'inizio della pandemia ill microbiologo Pierangelo Clerici responsabile della Microbiologia dell'Asst Ovest Milanese nonchè presidente Amcli nazionale ha ripercorso quei momenti

Prima la paura dell’ignoto, poi la convivenza con il virus tra mascherine e disinfettanti. E poi la svolta con l’arrivo dei vaccini. Dopo tre anni dall’inizio della pandemia da Covid-19 il microbiologo Pierangelo Clerici, responsabile della Microbiologia dell’Asst Ovest Milanese nonchè presidente Amcli nazionale, ha ripercorso quei momenti.
Guardandosi alle spalle il microbiologo legnanese ha subito ricordato «L’incredulità». Sì, perché a tutti sembrava una situazione irreale quella che si stava delineando all’orizzonte: «Inizialmente non pensavamo potesse realmente scoppiare una emergenza sanitaria – ha raccontato Clerici -. Ci sembrava tutto assurdo. Poi con l’aumentare dei casi ci siamo trovati davanti all’evidenza. Non ci siamo bloccati, siamo riusciti a reagire… è stato massimo il nostro impegno. In quei momenti ci siamo trovati a dover prendere decisioni importanti nell’arco di poco tempo. Il sistema ha reagito nella sua totalità: dalle istituzioni centrali a quelle periferiche e soprattutto all’operatività ospedaliera. Nell’ordine di poche settimane tutto l’assetto è cambiato, eravamo come un corpo unico pronto ad affrontare le difficoltà».
Un lungo ed intenso periodo dove il personale sanitario lavorava senza un attimo di riposo: «Non avevamo un momento di pausa. Ci siamo trovati a dover fronteggiare la carenza di strumentazioni e materiali. Oltre che le difficoltà dettate da una mancanza “cronica” del personale. Ma tutti questi ostacoli non ci hanno fermato. Per cercare di fronteggiare i bisogni del momento è stato anche attivato il servizio drive per i tamponi nell’ex ospedale di Legnano. Il laboratorio non si è mai fermato, abbiamo lavorato in concerto con tutto l’ospedale. Alcuni di noi hanno perso parenti e amici che ci porteremo sempre con noi, ma abbiamo contribuito a salvare tante vite e di questo ne siamo felici».
Che cos’è rimasto di quell’esperienza? «La consapevolezza che il sistema è capace di rispondere. Oltre che l’importanza dell’affidarsi alla scienza e non alla politica. E poi rimane la ricchezza di aver lavorato senza più distinzioni di specialità di reparti: un unicum». Quale la difficoltà maggiore? «Non aver idea di quel che stavamo affrontando: non conoscevamo il nostro nemico». Ripercorrendo quei momenti il microbiologo ha ricordato l’angoscia di «rischiare di portare a casa il virus. Tutti noi avevamo paura di portare il Covid in famiglia. Un timore che non ci lasciava respiro. Poi tutto si è ridimensionato con l’arrivo dei vaccini». Non dimenticare è la parola d’ordine per Clerici: «Dobbiamo continuare a ricordarci di quei momenti e far capire alle istituzioni l’importanza di avere alle spalle piani d’azione utili per poter affrontare ogni evenienza».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.