Sfiducia al presidente del consiglio: per il Prefetto non c’erano i numeri per presentarla
Sarebbero servite nove firme, una in più delle otto del centrodestra, per la mozione di sfiducia al presidente del consiglio comunale di Legnano, poi bocciata
Sarebbero servite nove firme – una in più delle otto dei consiglieri del centrodestra – per la mozione di sfiducia al presidente del consiglio comunale di Legnano Umberto Silvestri. Lo ha stabilito la Prefettura di Milano, chiamata a pronunciarsi sulla situazione dal capogruppo del Movimento dei Cittadini Franco Brumana, che in apertura della seduta durante la quale la proposta di revoca era stata discussa si era visto respingere la questione pregiudiziale appositamente sollevata.
Quella sera, a pochi giorni dal Natale, Umberto Silvestri era stato confermato presidente del consiglio comunale di Legnano dall’aula consiliare, che aveva respinto la mozione con 12 voti contrari e nove a favore, uno in più delle firme in calce al documento con cui le opposizioni l’avevano presentata presentata. Per il Movimento dei Cittadini, però, non si sarebbe nemmeno dovuti arrivare alla votazione, proprio perché il gruppo consiliare riteneva insufficienti le otto sottoscrizioni della proposta a fronte di 25 consiglieri comunali dal momento che il regolamento per l’organizzazione e il funzionamento del consiglio comunale richiede che a proporre la mozione di sfiducia sia almeno un terzo dei componenti del parlamentino.
La questione pregiudiziale era stata respinta al mittente dal consigliere anziano Luca Benetti che presiedeva la seduta, in linea con il parere del segretario comunale Sandra D’Agostino: la dirigente, in soldoni, in assenza di un’espressa previsione aveva optato per l’arrotondamento per difetto del numero delle sottoscrizioni necessarie, a fronte della garanzia di rappresentatività del consiglio data dalla maggioranza qualificata di 2/3 dei consiglieri richiesta per l’approvazione della proposta di revoca.
Alla base del “verdetto” della Prefettura c’è un parere del Consiglio di Stato dello scorso anno in virtù del quale «nel caso in cui il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, si deve optare sempre per l’arrotondamento per eccesso alla cifra intera superiore»: in parole povere, nel caso del consiglio comunale di Legnano, per raggiungere il quorum pari ad un terzo dei consiglieri richiesto per la presentazione della mozione di sfiducia dal regolamento sarebbero servite almeno nove sottoscrizioni. Per il prefetto, però, «ogni vizio della procedura eventualmente invocabile è da intendersi sanato al momento della deliberazione, con la quale il consiglio ha validamente respinto la proposta».
«In senso non distante da tale logica – ha aggiunto la Prefettura nella nota di risposta al Movimento dei Cittadini – si è espressa l’amministrazione, che, interpellata da quest’ufficio, ha posto l’accento sulla differenza tra il momento propositivo della mozione (per il quale è stato ritenuto sufficiente un quorum arrotondato per difetto) e quello deliberativo, nell’ambito del quale per l’approvazione della proposta di revoca è necessario il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati: soglia che, nel caso di specie, neanche viene in discussione per la prevalenza dei voti contrari».
La firma in meno alla mozione di sfiducia, però, per Corso Monforte non basta per parlare di danno erariale. «La questione – sottolinea infatti la Prefettura – è stata oggetto di convocazione a sé stante nell’ambito di una giornata per la quale il consiglio comunale era stato già programmato e convocato». Il prefetto, peraltro, non ha mancato di richiamare all’ordine l’intera compagine politica che siede in consiglio comunale. «Lo scrivente – si legge infatti a conclusione della nota – confida in un proficuo sviluppo dei rapporti tra gli organi elettivi del Comune, al fine di un più efficace espletamento dei compiti istituzionali al servizio dei cittadini».
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