Una storia che merita di essere conosciuta: “Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce”
La storia delle sorelle Boccalini è arrivata anche al sindaco Sala, che ha dichiarato che verranno presto ricordate dalla città, magari dando il loro nome a un parco o a un campo sportivo
Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce
di F. Seneghini con M. Giani
ed. Solferino
€ 16.50
Giocare a calcio negli anni Trenta in Italia era per una donna un guanto di sfida a un sistema sociale retto solo da uomini, alla struttura di uno sport che al gentil sesso chiedeva di essere «moderato» per non temere che una pallonata potesse comprometterne la fertilità. Negli anni del consenso», quelli nei quali il fascismo aveva capito che le discipline sportive erano un mezzo per controllare il popolo, tre donne milanesi, Rosetta, Marta e Giovanna Boccalini, decidono, per divertimento o per noia, di fare due tiri a pallone: Rosetta ha sedici anni e nell’animo il sacro fuoco del calcio; Giovanna vede l’avventura della squadra anche come un gesto politico; Marta, invece, è la più
saggia e posata ma è determinata a combattere per la libertà di giocare. E poi con loro ci sono la coraggiosa Zanetti che dà il calcio d’inizio, la stratega Strigaro che scrive ai giornali, la caparbia Lucchi che stenta a vincere l’opposizione paterna…
Sono le amiche che all’inizio degli anni Trenta danno vita al Gruppo femminile calciatrici milanese, la prima squadra di calcio femminile in Italia. Lo fanno con la gonna lunga, le scarpe scomode, tempi di gioco ridotti e il divieto di correre e di alzare troppo la voce per non attirare l’attenzione su di loro: sfilare in mezzo a un campo era un’attività a dir poco eclatante per queste «giovinette» che l’11 giugno del 1933 scrivono la storia. 35 anni prima del primo campionato ufficioso femminile e 53 prima della nascita di una Federazione strutturata, il campo rionale Fabio Filzi ospita la prima e unica partita di calcio con giocatrici donne dell’era fascista, esperimento destinato alla chiusura perché contrario all’ideologia del regime, che vede le donne solo come madri e mogli. Non che lo sport sia loro vietato del tutto, ma sono vietati gli sport di contatto, che potrebbero “compromettere la funzione primaria delle donne”, quella riproduttiva. Vanno bene l’atletica, il tennis, il nuoto (con i costumi giusti, ovviamente), anche la pallacanestro: ma queste sono donne che vogliono giocare a calcio, e il calcio è uno sport da maschi.
La giornalista Federica Seneghini racconta come un romanzo la storia di amicizia, di gioco e di lotta di queste pioniere del calcio, tra esaltanti vittorie, umilianti battute d’arresto, alleati inattesi e
irriducibili nemici. In coda al romanzo si trova un saggio di Marco Giani, che ripercorre decenni di discriminazione femminile nel mondo del calcio e che sottolinea quanti di quei pregiudizi e di quelle ingiustizie siano ancora pericolosamente vivi nel nostro presente.
La storia delle sorelle Boccalini è arrivata anche al sindaco Sala, che ha dichiarato che verranno presto ricordate dalla città, magari dando il loro nome a un parco o a un campo sportivo. Intanto noi non dimentichiamole e teniamoci stretti la loro storia e il loro esempio.
Amanda Colombo – Galleria del Libro
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