«Se il medico di famiglia non vuole oppure è impossibilitato, chi fa il tampone a domicilio oppure una visita per verificare lo stato di salute di un anziano che non esce da casa?». A domandarselo è un legnanese che si è trovato a dover curare il proprio parente fragile. Un anziano che come tanti ha sviluppato il Covid-19 durante le feste di Natale. E, fortunatamente, anche per lui la malattia è stata gestibile, solo che ora si trova ancora in attesa di un tampone che dia la conferma della sua negatività.

I problemi affrontati, come racconta il lettore, sono stati molteplici: dalla badante finita in quarantena perchè positiva, al medico di Medicina Generale, già sovraccarichi di lavoro, che «non fa visite a domicilio per evitare situazioni di contagio». Da qui la necessità di attivare le Usca attraverso il medico di Medicina Generale, visto che «l’ammalato è anziano: fragile anche a causa delle sue patologie. Eppure sino ad oggi non si è visto nessuno».

Adesso l’anziano,  anche in attesa della terza dose, ha pressoché superato la malattia. Ma il problema resta. La quarantena è stata attivata da Ats, in quanto è stato effettuato un tampone a pagamento attraverso una cooperativa accreditata. «Per capire se il mio famigliare è negativizzato devo per forza pagare una cooperativa privata? Ciò significa che il servizio sanitario dopo due anni di pandemia non riesce ancora a dare risposte. Eppure la situazione è meno grave, anche grazie alla campagna vaccinale».

Quella descritta non è una situazione unica sul territorio. Come più volte hanno precisato gli stessi medici di Medicina Generale, i primi ad essere interpellati dagli utenti in cerca di risposte, le criticità riscontrante all’inizio di questa pandemia non sono state completamente risolte.