«Quando c’è una crisi bisogna accendere luci, altrimenti le città si spengono». Con questo spirito, dopo avere aperto 12 negozi di abbigliamento, di cui 10 nel cuore di Legnano, sopravvissuti ma fortemente penalizzati dalle chiusure imposte dalla pandemia, il titolare di via Verdi, Cosimo Tomaselli, ha deciso di rilanciare. E lo ha fatto aprendo in via Palestro un bar dal sapore retrò.

Come mai la decisione di ampliare l’attività con un bar?
I migliori negozi d’Italia e del mondo hanno tutti associato un bar o un ristorante alla propria attività: noi non siamo i migliori, abbiamo copiato una formula per offrire ai nostri clienti, che acquistano abiti per le occasioni, l’opportunità di sfoggiarli in un posto elegante e direttamente collegato al negozio, al quale si può accedere anche in modo più disinvolto, senza per forza fare un acquisto. Ho pensato ad un posto dal sapore retrò perché forse anch’io sono un pò retrò: il mondo va verso la digitalizzazione e io continuo a puntare sulla vendita in negozio, sulla qualità e sulla differenziazione. Questo è un locale diverso, ricercato, per una clientela che si seleziona da sola.

Nel 2000 ha aperto il primo negozio in via Verdi, poi non si è più fermato…
Abitavo tra Saronno e Como, avevo avuto esperienze lavorative a Torino, e ho trovato a Legnano la giusta piazza per aprire il mio primo negozio. Abbiamo differenziato la clientela e non ci siamo più fermati. Con un solo negozio non avremmo avuto lunga vita, anche se questa diversificazione richiede un lavoro organizzativo notevole: fortunatamente posso contare su ottimi collaboratori.

Legnano è una buona piazza commerciale?
Legnano è una buona piazza che deve fare attenzione a rimanere tale. Soprattutto negli ultimi due anni si sono viste persone non di Legnano, baby gang, che hanno creato problemi di sicurezza. Basterebbero piccoli interventi, ad esempio illuminare maggiormente il parcheggio dell’ex piazza Mercato, per migliorare la situazione. Le luci sono la linfa di una città: io ho acceso 13 vetrine contribuendo a tenere accesa e viva la città. Più facciamo locali belli, più le persone si adeguano al posto in cui vivono.

Quanto ha sofferto il  settore dell’abbigliamento durante il lockdown?
E’ stato sicuramente uno dei settori più colpiti e più trascurati durante la pandemia. Noi abbiamo perso e sofferto tantissimo ma l’avere investito in passato in questi negozi è stata un’assicurazione per il futuro: sapevo che con un potere di acquisto forte le aziende mi sarebbero venute incontro ed è per questo che abbiamo fatto quello che abbiamo fatto. Durante il lockdown abbiamo usufruito della cassa integrazione, ma a parte questo dal Governo sono arrivati aiuti irrisori. Nonostante questo continuiamo ad investire, perché durante una crisi, per superarla, bisogna accendere le luci. Di certo, però, non potremmo sopportare nuove restrizioni.