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Auser Filo Rosa Legnano: 114 donne maltrattate si sono rivolte ai servizi antiviolenza

Solo 56 donne hanno fatto un passo in avanti, sono state accolte e prese in carico dal Cav di Legnano: "Serve l'impegno di tutti"

Auser Filo Rosa centro Antiviolenza

«È colpa mia l’ho provocato» oppure «è fatto così… però mi ama tanto». E ancora «se lo lascio perdo i miei figli». Sono tanti i pensieri che offuscano e bloccano la mente delle donne vittime di violenze fisiche e psicologiche. Parliamo di lavoratrici, casalinghe, disoccupate in cerca di lavoro, pensionate e anche di giovani studentesse. Non contano l’età o il reddito, tutte loro hanno sviluppato un senso di colpa verso il proprio maltrattante: una “gabbia” causata da convinzioni e comportamenti sbagliati ancora radicati nella società di oggi.

Ed è proprio su questo fronte che opera Auser Filo Rosa Legnano all’interno della Rete Antiviolenza Ticino Olona. La realtà guidata da Loredana Serraglia nei primi nove mesi del 2021 ha registrato ben 114 contatti di donne maltrattate. Solo 56 hanno fatto un passo in avanti e sono state accolte e prese in carico dal Centro Anti Violenza di Legnano, mentre 17 dallo sportello di Castano Primo. Numeri che fanno riflette, presentati in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si tiene il 25 novembre.

È evidente come le campagne di sensibilizzazione svolte in questi anni abbiamo dato risultati positivi, dato che sono in costante aumento coloro che decidono di rivolgersi direttamente ai servizi di Filo Rosa per liberarsi dal loro maltrattante (in nove mesi 17 donne hanno bussato alla porta dello sportello legnanese). Resta, però, ancora alto il numero di vittime che faticano ad uscire da un incubo che spesso dura anni. Alcune di loro vengono intercettate e convinte ad interrompere il “vortice” di violenza dalle Forze dell’Ordine (nel 2021 a Legnano sono state il 29%); altre vengono individuate in Pronto soccorso: quest’anno sono state solo quattro le donne che dall’Ospedale hanno deciso di intraprendere un percorso di protezione. «C’è ancora tanto da fare per riuscire ad estirpare questo fenomeno – spiega Serraglia con Pinuccia Boggiani -. Le vittime non vanno compatite, ma aiutate a capire che non devono sentirsi in colpa. Vanno accompagnate verso una rinascita. Per nessuna ragione un uomo ha il diritto di picchiare, violentare o maltrattare psicologicamente una donna. Questi comportamenti nascono da una cultura sbagliata che va cambiata sul nascere».

Va poi eliminato il preconcetto che i casi di violenza si consumino per lo più in nuclei famigliari stranieri: la maggior parte delle vittime del territorio attualmente seguite dal Centro Antiviolenza sono italiane (69% su 56 vittime). Nemmeno il grado di istruzione non è un fattore così determinante visto che tra le vittime ci sono anche 9 laureate. Tra le donne prese i carico 19 sono diplomate e 20 hanno concluso la scuola secondaria. Di certo continua ad influenzare l’indipendenza finanziaria che comporta la paura di non poter avere un futuro o di non poter mantenere i propri figli: il 40% delle donne seguite ha un reddito inferiore o uguale a 5mila euro (26 donne), invece, sono 15 quelle con reddito basso. Ma, seppur in percentuale minore, sono vittime di violenza anche donne con con stipendio medio alto (ossia 15).

Situazioni drammatiche che troppo spesso si concludono con epiloghi tragici, basti pensare che nel 2021 in Italia sono stati registrati 103 femminicidi: una donna ogni tre giorni ha perso la vita. «È intollerabile – commenta con forza Serraglia -. I numeri ci parlano di una piaga che continua a dilagare. Ci vuole l’impegno di tutti, la partecipazione attiva dell’intera comunità a partire dalla politica, associazioni e cittadini. Dobbiamo fare rete per fermare questo fenomeno».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Novembre 2021
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