Cure Palliative Asst Ovest Milanese: «Non ci siamo mai fermati»
Tanti i cambiamenti affrontati dall'unità di Cure Palliative dell'Asst Ovest Milanese in questo anno e mezzo di emergenza sanitaria. Ecco il bilancio di questo anno di pandemia
L’impossibilità di far visita liberamente ai propri cari in fin di vita, la percezione delle famiglie di avere notizie scarse e frammentarie sul decorso della degenza. La paura del virus Sars Cov2 che per un paziente oncologico terminale diventa difficile da affrontare, visto che impone l’isolamento. Tanti i cambiamenti affrontati dall’unità di Cure Palliative dell’Asst Ovest Milanese in questo anno e mezzo di emergenza sanitaria. E di certo quello appena trascorso è stato un periodo decisamente complesso anche sul fronte emotivo per i medici, gli infermieri e gli operatori che ruotano intorno a quest’importante realtà che non si è mai fermata.
Il difficile bilancio del 2020, anno dell’entrata in scena della malattia Covid, è stato presentato in occasione della “Giornata del Sollievo” che ricorre domenica 30 maggio. Vista l’impossibilità di svolgere un open day la coesa squadra guidata dalla dottoressa Claudia Castiglioni ha deciso di raccontarsi nelle voci di tra figure: Gabriella Fedullo coordinatrice infermieristica UCP_DOM terapia del dolore, la dottoressa Sabina Oldani e Ambrogio Colombo psicologo clinico operativo nell’unità di Cure Palliative di Cuggiono.
Con l’arrivo del Coronavirus il reparto di Cure Palliative e Terapia del Dolore, abituato a tenere le sue porte sempre spalancate per pazienti famigliari e amici, ha dovuto con gran sforzo emotivo limitare, anche nell’Hospice di Magenta, le visite. Nel contempo con il passare dei giorni è poi apparso evidente il cambiamento della tipologia del paziente preso in carico. Ed è aumentato il servizio a domicilio. «La nostra attività domiciliare di cure palliative ha visto modificare il suo assetto – spiega Fedullo coordinatrice infermieristica UCP_DOM terapia del dolore -. Sono stati diversi i malati cronici che hanno presentato un importante aggravamento a seguito dell’infezione da Covid. In questo contesto possiamo dire che l’azienda non ci ha mai fato mancare i dispositivi di protezione necessari ed in base al principio di considerare tutti potenzialmente infetti ci siamo mossi seguendo scrupolosamente le disposizioni e linee guida regionali ed aziendali in merito. Così abbiamo pressoché annullato il contagio tra medici e infermieri, ciò ci ha permesso di continuare ad operare. Possiamo dire che la presa in carico al domicilio ha garantito la possibilità di alleviare le sofferenze dei malati che hanno così avuto la possibilità di vivere l’ultimo periodo con serenità nelle loro abitazioni, vicino ai loro famigliari dei quali pure abbiamo provveduto a darne supporto. Le cure palliative del resto non si occupano solo della sofferenza fisica ma globale, psichica e spirituale».
«La nostra unità – afferma la dottoressa Sabina Oldani – ha contribuito alla gestione della fase emergenziale sia in modalità consulenziale, per l’ottimizzazione del controllo dei sintomi dei malati Covid in supporto all’equipe dei reparti dedicati, sia integrandosi nella complessa riorganizzazione delle degenze accogliendo in tempi rapidi pazienti fragili in dimissione precoce dai reparti ospedalieri non Covid e dall’Area dell’emergenza Urgenza». Durante il periodo pandemico è stato notato dai medici una differente distribuzione delle patologie nella popolazione dei pazienti ricoverati negli Hospice: «C’è stato un progressivo aumento dei malati con patologie croniche evolutive non oncologiche – precisa Oldani – e con quadri clinici di maggior fragilità ed equilibri più precari, associati ad una mortalità più elevata». Ciò ha costretto l’equipe a doversi confrontare con nuovi percorsi di “fine vita” che come spiega Oldani spesso presentavano maggiori caratteristiche di instabilità e con nuove modalità relazionali con i pazienti e con i familiari. «Abbiamo sempre cercato di garantire quella “vicinanza” che deve caratterizzare la delicatezza di questa fase della vita, superando l’ostacolo della “distanza” rappresentato anche dall’uso dei dispositivi di protezione e dalle restrizioni di accesso alla struttura».
«In un momento di particolare delicatezza come quello della pandemia, l’attività di questa Unità si è ulteriormente concentrata sulla cura di tutti quegli aspetti di della sofferenza caratterizzati dal dolore psichico e dalla solitudine della persona – ha poi sottolineato il dottor Colombo psicologo clinico -. In questo senso tutti gli operatori si sono spesi accogliendo la drammaticità di tutti i vissuti emotivi emergenti ed i bisogni psicologici ancor più in prima pagina, nello scandire il tempo di una quotidianità che ha accompagnato l’altro tenendolo per mano».
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