A Legnano porte aperte al senior housing: «Opportunità interessante»
L'amministrazione di Legnano è intenzionata a sedersi al tavolo con gli operatori che offrono servizi di housing sociale per offrire questa strada alla cittadinanza
Convenzioni almeno per ora non ce ne sono, ma Legnano tiene le porte aperte al senior housing, una delle tante sfumatura nascoste dietro la parola housing sociale che prevede soluzioni di vita autonoma per gli over 50 in contesti che però mettono a disposizione una serie di servizi comuni, dal portierato 24 ore su 24 alla possibilità di ricevere i pasti a domicilio, passando per il servizio navetta per visite mediche o altri appuntamenti.
A definire il senior housing un’«opportunità interessante» è stata il vicesindaco Anna Pavan durante l’ultima seduta del consiglio comunale cittadino, rispondendo ad un’interrogazione presentata da Fratelli d’Italia che aveva chiesto conto del trasferimento di due cittadini precedentemente ospitato nella struttura dedicata al senior housing di via Bonvicino (la cui convenzione con il comune è scaduta lo scorso 31 dicembre e per ora non è stata rinnovata) in un centro simile ma in un altro comune e del conseguente aggravio di costi in capo a Palazzo Malinverni, oltre che delle prospettive della giunta rispetto a questa formula di housing sociale.
Al netto della questione legata alla situazione dei due legnanesi, non affrontata durante la seduta consiliare per questioni di privacy, nei piani dell’amministrazione c’è la volontà di sedersi al tavolo con gli operatori privati che offrono questo tipo di «risposta innovativa ai bisogni dei cittadini – come ha sottolineato l’assessore alla partita -, un’offerta assolutamente positiva che dobbiamo essere in grado di offrire alla popolazione».
Come e in che modo, però, è ancora tutto da definire. Anche perché si tratta di una tipologia di servizio abitativo che esula da quelle previste e disciplinate dalla Regione con la riforma del 2016, ovvero i servizi abitativi pubblici – le cosiddette case popolari – e i servizi abitativi sociali, rivolti a fasce della popolazione considerate fragili ma con una capacità economica superiore a quella necessaria per accedere a quella che una volta si chiamava edilizia residenziale pubblica, seppure non sufficiente a garantire l’accesso agli affitti di mercato.
Con una terza via, il bando emanato ad agosto dello scorso anno che ha messo sul piatto 23 milioni di euro per enti pubblici (esclusi Aler e comuni) e privati disposti ad impegnarsi in progetti per rimettere in circolo alloggi sfitti, corredati da una serie di servizi, per fasce fragili della popolazione con determinati requisiti di reddito. Ad oggi, peraltro, anche per alcuni dei percorsi tracciati dalla legge del 2016 mancano ancora gli strumenti normativi per dare corso alle convenzioni e alle procedure di accreditamento.
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