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Il giorno e la storia – Giuseppe Bollini: la forza del perdono

Vita e morte di un partigiano cristiano in questa pagina del giorno e la storia

Il giorno e la storia, mese di febbraio

8 febbraio 1945 – Giuseppe Bollini: la forza del perdono
Giuseppe Bollini, secondo di quattro fratelli, nacque il 12 marzo 1922 a Legnano. Trascorse la sua giovinezza all’Oratorio di Sant’Ambrogio. Frequentò le elementari De Amicis e poi la scuola professionale interna alla Franco Tosi, dove il papà Vittorio lavorava come operaio specializzato, e dove entrò pure lui a lavorare come apprendista.

Nell’estate del 1944 venne richiamato sotto le armi per essere destinato a un reparto della Marina della Repubblica di Salò. Si confidò con don Carlo Riva, coadiutore della parrocchia di San Domenico, che gli consigliò di raggiungere la brigata Paolo Stefanoni, comandata da Renato Boeri detto “Renato”, inquadrata nella Divisione cattolica Valtoce. All’appuntamento trovò una pattuglia di militi fascisti e fu costretto a rifugiarsi in montagna, dove si aggregò ad una formazione di impronta comunista e socialista, la banda Giovane Italia guidata dal comandante “Guido il Monco” che da poco aveva subito un durissimo rastrellamento a opera delle forze nazifasciste che la costrinse a riorganizzarsi dando vita alla “Valgrande Martire”. Il suo nome di battaglia era “Il Clericale”, nome con cui lo chiamavano i compagni per sottolineare la sua dedizione alle pratiche religiose. Ai primi di settembre del 1944, prese parte alla breve esperienza della Repubblica partigiana dell’Ossola.
Scrisse di lui il Prevosto Mons. Virgilio Cappelletti: «Docile, mite, educato alle virtù cristiane. Si ribellò un giorno, con una maturità superiore i suoi anni, ad ogni sorta di tirannia. Questo gli costò la vita. Così come lui vivono e muoiono per l’ideale i nostri ragazzi educati al soprannaturale».

Giuseppe venne catturato e condannato alla fucilazione per rappresaglia a Cannobio di Traffiume. Il parroco di quel paese, Mons. Elio Bellorini, gli fu accanto nelle ultime ore e lasciò una toccante testimonianza.
Dopo la confessione «Giuseppe si alzò sereno, beve un sorso d’acqua, chiese una sigaretta, che gli fu data dal tenente Mistretta con le lacrime agli occhi, mentre anche un altro sottufficiale piangeva commosso. Quindi si tolse la cinghia dei pantaloni e porgendola ai militi disse: “Prendetela, può servire a qualcuno”.

Durante tutto il percorso l’unica mia preoccupazione fu di non lasciargli tempo di riflettere troppo sul momento tremendo che l’attendeva. Fu così che Giuseppe ed io discorremmo a lungo ed intimamente della nostra Italia e dell’Azione Cattolica che lui amava tanto. Giuseppe riparlò ancora della mamma.

Giunti all’Ospedale fece la Comunione. Ripreso il viaggio, dopo un po’ di ringraziamento per la Comunione, gli chiesi: “Provi odio per chi ti ucciderà?”. “Assolutamente no”.

Il luogo indicato per l’esecuzione era la frazione di Traffiume, dove era stato ucciso tre settimane prima un milite. Questa fucilazione era quindi una rappresaglia. Giunti a Traffiume, Giuseppe strinse la mano al Capitano che lo ascoltava impossibile: “Signor Capitano, io vi saluto e vi ringrazio. Non ho rancore per nessuno, perché ho sempre lottato per vedere la nostra patria liberata da tanti odi e da tanta guerra e veramente grande e libera. Anzi, questo è il mio ultimo desiderio: che nessuno mai venga ad essere ucciso per vendicare la mia morte. Se qualcuno di voi venisse fatto prigioniero dal mio capo, il ‘Monco’ di Miazzina, dica pure che questo fu il mio desiderio”.

Fu condotto al luogo stabilito per la fucilazione emesso col volto rivolto al muro; era ormai giunta la sera dell’8 febbraio 1945. Partirono i colpi, Giuseppe fu colpito la nuca e cadde riverso sulla neve. Non era però spirato sul colpo. Il Tenente che comandava il plotone gli sparò al cuore e alle tempie.
Pregai i soldati di non lasciarlo così e lo feci trasportare da alcuni di essi all’ingresso del cimitero, dove rimase fino al mattino dopo. Fu sepolto alle 14 dello stesso giorno.
La sua tomba non fu mai senza fiori e senza lacrime; nonostante il pericolo, per la gente del luogo, di essere sorpresi dai fascisti.
Francamente, io che sentivo tutto il disagio del compito che mi era toccato, di assisterlo nelle ultime ore della sua vita, ebbi da Giuseppe la massima edificazione e mi colpirono la serenità e la calma del suo spirito».

Renata Pasquetto

PER SAPERNE DI PIU’: L. Gorletta, I. Silanos (a cura di), “…E il quotidiano divenne eroico. Episodi, personaggi e pagine inedite della Resistenza cattolica nell’Alto Milanese”, Associazione Patrioti Raggruppamento A. Di Dio, 1982 –Giorgio Vecchio, “Vita e morte di un partigiano cristiano. Giuseppe Bollini e i giovani dell’Azione Cattolica nella Resistenza”, Ed. In Dialogo, 2015

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Pubblicato il 08 Febbraio 2021
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